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Rimini Vita della Chiesa

Convegno in ricordo di don Oreste. L'editoriale di Monsignor Celli

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gio 11 ott 2012 14:03 ~ ultimo agg. 00:00
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Monsignor Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, ha conosciuto don Oreste nel 1956 e in quel momento iniziò la loro amicizia.

L’editoriale di Mons. Claudio Maria Celli

Ricordare don Oreste è una cosa semplice e difficile allo stesso tempo. Parlare di un amico potrebbe sembrare un’impresa facile perché la lunga condivisione, il cammino percorso e il guardare lontano insieme, danno quasi l’ardire di affermare che non è poi così difficile tratteggiare il cuore di Don Oreste. Invece, non è facile per nulla e per di più affrontare questa impresa di fronte a voi che in un modo o in un altro avete conosciuto Don Oreste. Che cosa mi ha sempre colpito di lui, che cosa penso che potrebbe essere il punto di riferimento nella sua vita, che lui ha cercato di insegnarci, di trasmetterci e di insegnarci?
Era un uomo innamorato di Dio.
Lo si vedeva, lo si toccava con mano in quel suo approcciarsi con le persone che venivano accolte con un ampio sorriso, mai superficiale, mai banale, ma denso di contenuto; e il contenuto era dato dal suo rapporto con Dio.
Ecco perché possiamo parlare con tutta tranquillità di “un umile e povero sacerdote di Cristo”, sostenuto da una profonda spiritualità intessuta di fiducia filiale, quasi da bambino (nella sua accezione evangelica più ricca e profonda). Ecco perché condivido il pensiero di chi parla di lui come di un contemplativo, di uno che contempla il Signore a occhi aperti.

Era un uomo che amava intensamente gli uomini e le donne che incontrava nel suo cammino. Come tutti noi sappiamo – e lo abbiamo visto in tutti questi anni – si trattava di un amore molto concreto, di una presenza attiva che si faceva accanto a chi aveva bisogno non solo con una partecipazione intessuta di simpatia. Don Oreste si calava in quelle che erano le dimensioni più concrete e a volte più drammatiche delle situazioni che affrontava. Con la sua vita ha testimoniato ciò che diceva nei suoi discorsi o interventi: “è arrivata l’ora dell’azione. Ma, meglio della concretezza… dobbiamo vedere i fatti, la gente si sente tradita tutte le volte che ripetiamo le parole di speranza, ma non c’è l’azione”. Don Oreste non aveva timore di affermare che se da un lato il rapporto personale con Dio Amore è fondamentale, dall’altro ricordava con forza “la devozione senza la rivoluzione non basta”.

Credo che in tutti questi anni – il mio rapporto con lui risale all’anno 1956 – abbiamo visto come l’attenzione del suo cuore fosse sempre più pilotata verso situazioni emergenti. Io ricordo il suo lavoro con gli adolescenti – li chiamavamo i pre-ju in quell’epoca – poi i disabili in tutte le loro dimensioni e poi le prostitute e poi ogni essere umano che aveva delle difficoltà per vivere o delle difficoltà per affrontare la vita tutti i giorni. Certamente la sua azione proveniva da un cuore aperto e generoso ma ci faceva notare che “occorrono strategie comuni da attuare”. Ricordava ancora a tutti noi che il nostro tempo è privilegiato, è il tempo “dell’intervento di Dio” – ecco perché poco fa parlavo di un contemplativo in azione – però sottolineava che “bisogna dare una mossa creativa”.
Fare memoria di Don Oreste, della sua persona, del suo pensiero, della sua generosità in azione, significa ricordare a tutti noi il senso profondo della nostra vita. Significa sentirsi assalire dalla sue parole e dalla sua testimonianza e lasciarci coinvolgere dal mistero dell’ amore di Dio che ha voluto farsi uomo in mezzo agli uomini e dare la sua vita per noi, chiamati ad essere suoi amici. Significa riscoprire – e la cosa sembra a prima vista paradossale – che “i nostri ragazzi, i nostri piccoli angeli crocifissi, i nostri barboni che andiamo a prendere tutte le sere alla stazione, in realtà sono i soggetti attivi e creativi di umanità. Il bene che fanno loro a tutti noi è incalcolabile”.

Ecco, amo ricordare Don Oreste in questa maniera e mi piace sentirlo accanto a me così perché anche se non mi è possibile vivere in pienezza il suo insegnamento, la sua parola e il suo esempio inquietano il mio cuore e mi fanno guardare al futuro con speranza.