Dopo 15 anni ha un volto l’assassino di Max Iorio. Confessa 35enne bosniaco


Poi nell’appartamento dell’uomo, 38enne impiegato comunale, i due avevano bevuto, consumato probabilmente droga e avuto un rapporto sessuale.
Ahmetovic ha ammesso di aver colpito Iorio, che indossava indumenti femminili, con un pugno, averlo strangolato e poi colpito con sei coltellate. Ha anche detto di averlo fatto in stato confusionale ma anche come forma di punizione per il responsabile di una situazione che era andata al di là di quanto prevedesse.
A riconoscere Ahmetovic. oggi 37enne, è stato il compagno dell’epoca di Iorio, che sarebbe dovuto andare a teatro con lui quella sera, Quando li aveva visti entrare in casa, Iorio gli aveva fatto capire che la serata l’avrebbe passata con la nuova conoscenza, che si era presentata con l’alias di Michele (altro elemento che contribuirà a farlo riconoscere). Dopo l’omicidio il bosniaco aveva recuperato l’auto di Iorio, una Polo, ed era tornato nell’appartamento per prendere lo stereo che avrebbe rivenduto pochi giorni dopo a 400.000 lire. Poi, dopo averla ripulita, lasciò l’auto vicino al campo nomadi.
Anche se all’epoca viveva di espedienti, ha negato che si fosse trattato di un rapporto a pagamento o che fosse entrato in quella casa con lo scopo di una rapina.
Oggi l’ex compagno ha riconosciuto la foto segnaletica del 35enne che viveva, all’epoca dei fatti, nel campo nomadi di via Portogallo a Rimini. A incastrarlo anche il Dna: grazie alla collaborazione dei Ris di Parma e al confronto con il Dna di altri componenti della famiglia Ahmetovic trovato sul luogo di altri furti compiuti negli anni successivi, il cerchio si è stretto intorno a Zoran e al padre, che però quel giorno si trovava in carcere.
Ahmetovic, già in carcere a Ferrara per altri reati, è stato raggiunto dall’avviso di garanzia e ha deciso di confessare. Ha riferito particolari che solo lui poteva sapere, come le consumazioni in un bar con Iorio in quel pomeriggio.
Ahmetovic, dopo avere vissuto per un altro periodo a Rimini ed essere anche finito in carcere, negli ultimi anni si tera trasferito in Provincia di Rovigo. Aveva avuto due figli dalla sua compagna. In carcere si era convertito al cattolicesimo ricevendo i sacramenti del Battesimo e della Comunione.
Il caso era stato riaperto nel 2010, ma l’attenzione degli inquirenti si era concentrata su nove persone tra il cerchio di amicizie di Iorio, sottoposte anche all’esame del Dna. Una falsa pista legata anche a un particolare: l’ampolla dei pesci rotta, che era stato il regalo di un ex amante. Si sospettava, quindi, un movente legato alla vita sentimentale di Iorio.
E invece era stata solo una delle conseguenze del raptus di Ahmetovic.
Alla conferenza stampa hanno espresso particolare soddisfazione il Pm Gengarelli, che ha fatto riaprire le indagini, e il Questore Capocasa, all’epoca dirigente della Squadra Mobile: un caso che all’epoca creò allarme sociale, ha ricordato, e la cui mancata soluzione era un suo cruccio professionale.
Newsrimini.it
(nell’immagine: la foto segnaletica di Ahmetovic realizzata all’epoca, riconosciuta dal teste)