Ragazzi armati e violenti: risolviamo con l'inerzia?


L’ Editoriale della domenica
La sicurezza è un bisogno primario, secondo solo a quelli fisiologici. Indipendentemente dalle analisi sulla numerosità dei reati, che spesso vengono interpretati in modo discordante, la percezione dei cittadini non appare generalmente positiva. Dalle truffe agli anziani al riciclaggio; dall’unico mercato in progressiva espansione, quello degli stupefacenti, alle consuete risse della movida; dai furti in appartamenti, alla violenza di genere. Ultimamente, un posto sul podio spetta alla violenza giovanile, innumerevoli i fatti gravissimi accaduti nelle ultime settimane. I motivi sempre futili, dalla follia messa in atto da “tifosi poveri” che si battono per difendere gli “idoli milionari”, financo le liti per motivi adolescenziali: lo sguardo di troppo alla ragazzina di turno, la battuta ingiuriosa, o inezie simili, peraltro, non sempre perpetrate da minori, ma anche da ultra ventenni non ancora adeguatamente sviluppati. In tutto questo, i coltelli hanno un ruolo determinante. Di certo, spetta alle istituzioni deputate trovare le soluzioni per tamponare il dramma, normare quando necessario, prevenire in ogni situazione di rischio, come i luoghi deputati allo spaccio nelle varie città, a volte abbandonati all’ignavia. Anche noi cittadini possiamo aiutare, l’educazione al rispetto era una pratica utile, civile, dignitosa, necessaria per canalizzare istinti innati dell’essere umano. L’educazione che i genitori impartivano o imponevano ai figli, era un fulcro di fondamentale importanza sociale e civile, incanalava i comportamenti, rendeva importanti le regole da rispettare, assegnava valori, insegnava la mitezza, financo l’umiltà, o quanto meno la tolleranza. Oggi è una merce rara. Inoltre, viviamo enormi contradizioni, la rabbia sociale esonda e le disuguaglianze hanno un peso assolutamente determinante nell’evoluzione di questo disagio, ma per assurdo, le fomentiamo. Un solo esempio, quando dedichiamo troppi soldi, tempo, energie, persino lotte, ad una palla oltre o dentro una rete, o a qualche effimero centimetro o centesimo in più o in meno, assegnando agli attori, quantitativi di ricchezza sproporzionati a qualsiasi lavoro. Non spetta ai giornalisti indicare le soluzioni, come criminologo penso che il cambio di paradigma potrebbe iniziare dagli esempi genitoriali, imponendo delle regole ed enfatizzando i valori. Qualche banale esempio. E’ corretto che un minorenne si trovi fuori casa in piena notte senza che il genitore abbia alcuna consapevolezza? E’ corretto ed educativo, incolpare i docenti sulla scarsa redditività a scuola? E’ corretto un approccio poco rispettoso con qualsiasi sconosciuto, come se fosse un amico di pari età? E’ corretto il “tutto è dovuto”, evidenziato spesso con arroganza nei presidi della sanità pubblica. Potrei continuare a lungo. Educare assegnando regole e proponendo valori, non eliminerebbe la recrudescente violenza giovanile, ma forse, aiuterebbe a correggerla e contenerla. Come sopra evidenziato, spetta comunque alle Istituzioni deputate intervenire con urgenza e determinazione, prima di tutto moltiplicando esponenzialmente la prevenzione, penso ad esempio che gli uomini delle forze dell’ordine dovrebbero essere assegnati in toto ai servizi in strada, evitando incarichi d’ufficio di pertinenza impiegatizia. Inoltre, servono presidi aperti anche di notte, al contrario, spesso chiudono nelle ore di maggiori rischi, ed a controllare territori vastissimi, rimangono poche pattuglie. Prevenzione e deterrenza sono le basi per la sicurezza. A livello normativo, è necessario moltiplicare le responsabilità civili e penali dei genitori e dei tutori sui minorenni. E’ necessario vietare la vendita di oggetti da taglio ai minori e penalizzare fortemente chi li consegna loro. Infine, non serve aumentare le pene, ma è indispensabile equiparare (salvaguardando i casi di necessità) tutti i coltelli alle armi bianche, anche se privi di doppia lama e punta, con i conseguenti effetti indicati dalle norme di legge in materia. Se alla malattia non si associa nessuna cura, appare improbabile la guarigione.
Carlo Alberto Pari