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Cronaca Nazionale Newsrimini

Privacy batte ‘Le Iene’ al terzo round: in Cassazione

di Redazione   
Tempo di lettura 2 min
Mar 10 Giu 2008 16:35 ~ ultimo agg. 12 Mag 12:26
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Condanna confermata in Cassazione per le due Iene, Davide Parenti e Matteo Viviani, colpevoli di aver violato la privacy di deputati e senatori attraverso un test sulla droga, “occultato” da tampone per detergere il sudore. La storia è nota e fece non poco scalpore. Con il consueto piglio anticonformista – o spettacolare, o populista – i due avevano intervistato fuori dal Parlamento 50 deputati e 16 senatori ma, con la scusa di detergere il sudore per esigenze di ripresa, fecero loro un test di positività alla droga. Dei parlamentari “testati” 16 sono stati riscontrati positivi alle droghe, 12 per consumo di cannabis, 4 di cocaina. Risultati diffusi durante la famosa trasmissione televisiva di Italia Uno, le Iene.

Un “comportamento ingannevole e fraudolento” per la Cassazione della III Sezione Penale, mentre due giornalisti, Parenti e Viviani, hanno rigettato le accuse, sostenendo di non aver leso la privacy degli onorevoli, perché “i loro accertamenti non permettevano di associare l’esito del test a persone note”. Di tutt’altro avviso la Cassazione: diffondendo la notizia che alcuni onorevoli e senatori erano positivi al test della droga, ha fatto sì che “tutti i parlamentari potessero essere indiscriminatamente sospettati di assumere stupefacenti con la conseguenza che ogni membro del Senato o della Camera dei deputati, nonché la istituzione parlamentare, ha subito un nocumento alla sua immagine pubblica ed alla sua onorabilità”.

Per la Cassazione i due giornalisti hanno superato i “limiti del diritto di cronaca”, e possono trattare le informazioni personali solo se riguardano fatti o abitudini resi noti dagli interessati o attraverso un loro comportamento pubblico. Già il tribunale si era espresso con una sentenza di condanna nei confronti dei due giornalisti. La Cassazione ha confermato la condanna, solo pecuniaria, in quanto le due Iene avevano ottenuto dal Gip di Roma la commutazione, in multa, della pena detentiva di cinque mesi e dieci giorni.

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