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In calo il turismo congressuale. I dati dell’Osservatorio di Convention Bureau

di Redazione   
Tempo di lettura 2 min
Mar 7 Nov 2006 16:04 ~ ultimo agg. 11 Mag 20:50
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Sono alcuni dei numeri dell’Osservatorio Congressuale Italiano, promosso da Convention Bureau della Riviera di Rimini che domani sarà presentato alla ‘BTC International di Firenze. La flessione colpisce di più le metropoli e le città d’arte, tengono invece le località marine e turistiche.

In totale sono state 14.819.424 le giornate di presenza congressuale (-17,16%) con una riduzione del 6,1% del fatturato globale del settore. L’indagine, spiega una nota, evidenzia come tutti i segmenti della domanda congressuale contribuiscano a questa contrazione, a partire dalle imprese (-10,61%), che rappresentano il segmento più grande. Decisamente più negative le performance delle associazioni (-36,07% per le scientifiche, -50,92% per le religiose, -39,61% per le culturali e -46,68% per le sportive) e dei segmenti riferibili al sistema politico (-38,19%) e pubblico (-31,83%). Tra le sedi più penalizzate sono gli hotel e le dimore storiche (rispettivamente -30,6% e -25,12%), mentre i palazzi dei congressi e le sedi congressuali extra alberghiere riescono a chiudere il semestre ottenendo un +6,30% e un +4,40%. Si osserva poi, continua la nota, una forte riduzione dei microeventi (-26,98% nella fascia da 50 a 100 congressisti) e l’ attenuarsi della variazione negativa con l’aumentare della dimensione dell’incontro (-23,60% nella fascia 300-500, -19,41% nella fascia con oltre 2000 partecipanti). Da un punto di vista geografico, la riduzione dell’attività congressuale a carattere regionale si riduce del 23,43%, quella nazionale del 28,27% e quella internazionale “solo” del 3,02%. Secondo Attilio Gardini, coordinatore dell’Osservatorio, “le difficoltà del sistema congressuale italiano sono dovute principalmente alla flessione della domanda interna, ma sono state accentuate da limiti gestionali e manageriali sia sul fronte pubblico, sia su quello privato”. Ma il settore, conclude Gardini, “non va considerato come un ‘malato inerme’, ma piuttosto come un organismo sano trattenuto da troppi laccioli e vincoli che ne soffocano l’attività “, di cui “non si è ancora compresa la rilevanza strategica”.

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