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L'editoriale della domenica

Contro corrente: feste e ancora feste, rischi calcolati?

In foto: @pexels
@pexels
di Carlo Alberto Pari   
Tempo di lettura 3 min
Dom 28 Set 2025 07:41 ~ ultimo agg. 27 Set 10:55
Tempo di lettura 3 min

L’EDITORIALE DELLA DOMENICA

Comprendo, per cercare e consolidare consensi, è necessario organizzare eventi popolari. Comprendo, per implementare i dati statistici sulle presenze, forzando i
consumi, sono necessarie le grandi feste. Comprendo, canalizzare “masse” è un’immagine di successo. Di certo, le “altre masse”, quelle dei residenti nelle zone
delle mega feste, altrettanto corpose, con tanti bambini, anziani, ammalati, non di rado subiscono enormi disagi, non possono scegliere se partecipare o meno e sono persino senza voce, perché non fanno notizia.
Comunque, rivolgo questo articolo soprattutto ai partecipanti alle grandi feste “di massa”, semplicemente per indurre delle riflessioni, conscio che per loro, le
emozioni del partecipare superano i disagi (dai chilometri per il parcheggio, financo la ridotta possibilità di movimento in mezzo alla folla, che inevitabilmente dilata i
tempi, persino per i normali bisogni fisiologici, o peggio, in alcuni casi, per le necessità d’intervento dovuti a malori). Voglio però evidenziare i rischi potenziali,
derivanti da raggruppamenti enormi di persone in spazi limitati, non solo nel malaugurato caso di attentati, ma anche per eventi assai più banali ed usuali.
Rinfresco le memorie, che spesso tendono a dimenticare in fretta. Un solo esempio, abbastanza recente: Torino, piazza San Carlo, 3 giugno 2017, festa per la finale della Champions League, circa 30.000 persone in piazza. Presumibilmente, è stato sufficiente un uso improprio di uno spray antiaggressione per scatenare l’inferno. Il risultato: 2 morti ed oltre 1600 feriti. In questi casi, folle enormi sono assalite dal panico collettivo, in un attimo avviene la trasformazione dovuta all’istinto di sopravvivenza, dai “tutti amici” la trasformazione in “tutti nemici”, alcuni studi in materia li chiamano “fight-or-flight response”, reazioni emotive, nelle quali la
razionalità perde di valore e diventa complesso persino il controllo muscolare, ognuno cerca di salvarsi come può, correndo, calpestando, cercando di uscire
dall’incubo. Allora mi domando: è proprio necessario raggruppare folle con migliaia e migliaia di persone ammucchiate per una festa o un concerto?
Qualcuno potrebbe obiettare che chi partecipa si accolla i rischi, non credo sia corretto e non credo siano tutti sempre consapevoli, pertanto, a mio modesto
avviso, sarebbe auspicabile evitare o limitare al massimo queste situazioni. Inoltre, quando gli eventi sono organizzati dagli stessi che gestiscono i permessi e le autorizzazioni, appaiono di discutibile utilità persino le spese pubbliche necessarie, perché viviamo in un Paese ove il debito dello Stato limita la possibilità di finanziare ciò che sarebbe indispensabile, ed esistono numerose priorità, che richiederebbero cospicui ed immediati interventi. Due soli esempi, tra i tantissimi: la sanità pubblica e la messa in sicurezza dei territori da frane ed alluvioni. Comprendo, spetta ai Cittadini elargire consensi tenendo conto dei problemi risolti,
non certo in base alla numerosità delle grandi feste, ma purtroppo, a volte, appare un’auspicabile utopia.


Carlo Alberto Pari

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