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"Finora risposte insufficienti"

Impennata bollette e covid. Indino: aziende rischiano di uscire dal mercato

In foto: Gianni Indino
Gianni Indino
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
mer 26 gen 2022 17:21
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Da una parte l’impennata delle bollette e del costo delle materie prime, dall’altro l’impatto economico della pandemia. Un binomio che costringe le imprese ad aumentare i prezzi col rischio di uscire dal mercato. A lanciare l’allarme è Gianni Indino, presidente Confcommercio della provincia di Rimini. “I consumi non decollano, l’inflazione sale e dal governo sono arrivate risposte parziali e dunque insufficienti – dice –. Turismo, abbigliamento e automobili i settori che arrancano. Rimaniamo in attesa, ma per salvare il sistema delle piccole imprese di tempo non ne resta molto“.

Le riflessioni di Gianni Indino, Confcommercio

“È veramente dura per le imprese contrastare gli impatti economici derivanti da pandemia e rincari. Andando avanti di questo passo – dice il presidente di Confcommercio della provincia di Rimini, Gianni Indino – saranno costrette a fare pagare i maggiori costi al consumatore finale. Ma di qualsiasi aumento si tratti, non compenserà mai i rincari che subiscono: il lavoro rimarrà in perdita e, soprattutto le piccole attività, potrebbero rischiare di uscire dal mercato. Dal governo ci saremmo aspettati una risposta più forte a sostegno del sistema economico riguardo soprattutto al caro-energia, che si sta riverberando in aumenti spropositati non solo delle bollette, ma anche delle materie prime. Invece, dal nuovo decreto per il sostegno alle imprese sono arrivate solamente risposte parziali e dunque insufficienti. Misure che chiediamo vengano velocemente rafforzate, anche sul versante delle moratorie fiscali e creditizie.
Le preoccupazioni e l’incertezza per le prospettive del 2022 stanno bloccando la ripresa e a farne le spese sono le micro e piccole imprese già fortemente provate dalla pandemia. Sul versante dei consumi infatti, l’indicatore dei consumi di Confcommercio (ICC) segnala un +8,4% di media nel 2021, cifra che non consente il recupero di quanto perso l’anno precedente ed è inferiore del 7,7% rispetto al 2019. Il deficit rispetto al pre-pandemia per la filiera del turismo e del tempo libero, poi, rimane a doppia cifra ed è a dir poco allarmante. Al contrario l’inflazione si impenna: è salita dell’1,5% su base mensile e del 4,7% su base annua.
Questi sono i numeri che danno voce ad una percezione che viviamo ogni giorno nelle nostre città. Basta fare un giro: c’è poca gente nelle strade, meno ancora nei pubblici esercizi, pochissima dentro ai negozi nonostante il periodo dei saldi. Di contro, i magazzini sono pieni, i costi dell’energia aumentano a dismisura insieme a quelli delle materie prime, a cui si unisce in certi casi anche la limitatezza della disponibilità di alcuni prodotti sul mercato. Paradossalmente poi non basta nemmeno tirare giù la serranda temporaneamente per mitigare i riflessi di questa impennata dei costi aziendali, perché le bollette arrivano ugualmente con cifre altissime, i dipendenti sono da pagare e di contro non si fanno incassi. Dopo i segnali incoraggianti dei mesi scorsi, sono tanti i settori che arrancano: oltre a tutta la filiera del turismo, ci sono anche il settore dell’abbigliamento al dettaglio e delle automobili.
Purtroppo nemmeno nel contrasto al caro-energia si registra una risposta completa. Certo, si procede alla riduzione degli oneri di sistema per il primo trimestre 2022 in favore delle Pmi, ma resta confermata la necessità di un piano d’azione strutturale in cui si inseriscano la riforma dell’impianto della bolletta elettrica, delle scelte per la riduzione della dipendenza dalle forniture estere e misure per compensare gli impatti negativi degli aumenti sulla filiera di trasporto e logistica che si ripercuotono su tutta l’economia. Rimaniamo in attesa, ma per salvare il sistema delle piccole imprese italiane di tempo non ne resta molto”.