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il caso

L'Inps pretendeva la restituzione di 70mila euro, invalido al 100% vince la causa

In foto: repertorio
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di Lamberto Abbati   
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mar 30 apr 2024 17:53 ~ ultimo agg. 1 mag 12:00
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L’Inps gli ha pagato la pensione di invalidità, salvo poi chiedergli indietro i soldi perché non ne avrebbe avuto diritto. Per il Tribunale di Rimini, però, era stato l’istituto di previdenza ad aver sbagliato ad erogare il contributo. Errore commesso senza dolo del percettore, aveva sentenziato il giudice del lavoro, Lucio Ardigò, che nell’aprile scorso aveva stabilito che la somma percepita (circa 70mila euro) da un giovane riminese, invalido al cento per cento fin da bambino, non doveva essere restituita. Nei giorni scorsi, anche la Corte d’Appello di Bologna, sezione lavoro, ha accolto le motivazioni espresse dal tribunale di Rimini, respingendo in toto l’appello presentato dall’Inps, che pretendeva la restituzione della somma attraverso dei ratei mensili. Un debito che la famiglia dell’invalido, ora diventato maggiorenne e rappresentato dall’avvocatessa Maria Luisa Trippitelli del Foro di Rimini, avrebbe dovuto estinguere in 60 anni.

L’avvocatessa Trippitelli

L’istituto nazionale della previdenza sociale contestava al ragazzo, affetto da una malattia genetica che lo ha reso incapace di compiere autonomamente anche la più banale azione di vita quotidiana, di aver continuato a percepire negli anni in cui ha vissuto all’estero con i genitori (la madre oggi è il suo amministratore di sostegno) la pensione di invalidità, cosa però non permessa dalla legge italiana per chi risiede in pianta stabile fuori dai confini nazionali.

Nell’analizzare le motivazioni del ricorso contro l’Inps, il giudice Ardigò aveva rilevato evidenti mancanze da parte dell’Istituto di previdenza. La pensione di invalidità, per esempio, non era mai stata revocata nonostante l’amministratore di sostegno avesse inoltrato i documenti che comunicavano il trasferimento, così come accaduto anche con l’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero) e con tutte le autorità amministrative e di polizia italiane competenti. E a tal proposito la legge italiana è molto chiara: afferma che l’Inps avrebbe potuto richiedere la restituzione dell’intera somma percepita “solo qualora risulti accertata la sussistenza del dolo del soggetto che abbia indebitamente ricevuto i trattamenti pensionistici”. Per il giudice Ardigò, però, “da parte del percettore della pensione e del suo amministratore di sostegno non vi sono stati dolo o colpa grave nella formazione del debito”, così come “agli stessi non può essere imputata una qualche omissione nella presentazione della documentazione necessaria ad ottenere e conservare il diritto alla pensione”. Motivazioni condivise anche dai giudici bolognesi, che hanno condannato l’Inps al pagamento delle spese processuali.