Indietro
menu
complicanze post-operatorie

Muore dopo l'asportazione di un tumore, assolto chirurgo dell'Infermi

In foto: repertorio
repertorio
di Lamberto Abbati   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
sab 8 lug 2023 17:42 ~ ultimo agg. 9 lug 14:08
Facebook Whatsapp Telegram Twitter
Print Friendly, PDF & Email
Tempo di lettura 2 min
Facebook Twitter
Print Friendly, PDF & Email

Operò all’ospedale Ceccarini di Riccione una paziente di 71 anni per rimuovere una massa tumorale di quasi due chili e mezzo sul rene. Un intervento delicato tecnicamente riuscito alla perfezione. Nonostante ciò, il dottor Gianluca Garulli, direttore dell’unità operativa di Chirurgia generale dell’ospedale Infermi di Rimini, finì a processo per omicidio colposo per colpa medica a seguito del decesso della paziente. A distanza di quasi sei anni dal fatto, il 61enne originario di Bologna, difeso dagli avvocati Gianluca Brugioni e Matteo Zucconi del foro di Rimini, è stato assolto con formula piena dal tribunale monocratico di Rimini. Respinta la richiesta di condanna a un anno e quattro mesi avanzata dal pubblico ministero, così come la richiesta di risarcimento di 250mila euro per ciascuna delle parti civili, i due figli e il compagno della signora, rappresentati dagli avvocati Alessandro Gamberini del foro di Bologna e Marco Maestri del foro di Rimini. Una vera e propria liberazione per il chirurgo, che per anni è stato costretto a convivere con la spada di Damocle di un procedimento penale ritenuto ingiusto.

Garulli, scoppiato in un pianto liberatorio alla lettura della sentenza, ha sempre sostenuto di aver agito secondo i protocolli, con massimo scrupolo e attenzione. Era stata l’Ausl, a suo tempo, a segnalare alla Procura di Rimini la morte della 71enne. Che, poche ore dopo l’intervento, vide aggravarsi le sue condizioni tanto da rendere necessario il trasferimento nel reparto di Rianimazione. Secondo i consulenti del pubblico ministero, la paziente sarebbe stata colpita da uno shock emorragico che avrebbe suggerito un nuovo intervento, che invece non fu mai eseguito.

Una ricostruzione, quella dell’accusa, respinta con forza dai legali di Garulli, che a loro volta hanno dimostrato attraverso la relazione dei consulenti Pierpaolo Balli e Gianluigi Melotti come al termine dell’intervento e al manifestarsi dei primi sintomi fossero state attivate tutte le procedure del caso, come l’eco-FAST – screening eseguito sul paziente attraverso l’utilizzo di un ecografo per la ricerca di raccolte di sangue intorno al cuore o agli organi addominali dopo un trauma fisico. Oltre a questo furono controllati anche tutti i drenaggi, che non evidenziarono alcuna emorragia in atto.

Nel corso del processo la difesa ha prodotto le foto scattate sul campo operatorio e sentito come testimoni sia i componenti dell’equipe medica sia i colleghi del reparto di Rianimazione. “Pur nella drammaticità di questa vicenda e nel massimo rispetto per il dolore dei familiariafferma l’avvocato Brugioniriteniamo che il dottor Garulli abbia agito con massima professionalità, facendo tutto ciò che era in suo possesso per salvare la vita della paziente. Senza dimenticare che stiamo parlando di un intervento chirurgico estremamente delicato e complesso, che prevede il 10% di mortalità, portato tra l’altro a compimento in maniera ottimale. Le cause del decesso sono da ricercare in una molteplicità di fattori”.