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La politica e il futuro

Gnassi sul Meeting: "riflessioni profonde non scontate"

In foto: Gnassi al Meeting
Gnassi al Meeting
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 4 minuti
lun 24 ago 2020 15:13 ~ ultimo agg. 15:14
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Andata agli archivi anche l’edizione numero 41, una “special edition” a causa del covid, il sindaco di Rimini Andrea Gnassi stila un bilancio del Meeting. “Se l’obbligatorietà nella straordinaria gestione dei flussi di visitatori in presenza non ha potuto garantire i consueti numeri ricettivi – scrive –, non v’è alcun dubbio che l’evento riminese è stato ed è il grande protagonista del dibattito pubblico del Paese, per ricchezza di spunti e di contenuti“. “C’è stato  – prosegue il sindaco – il protagonismo vero, concreto, visionario delle città, dentro a un sistema Italia meno dinamico”. Gnassi parla poi di Rimini e del suo sviluppo nei prossimi 10 anni. “Nel raggio di pochi chilometri una concentrazione straordinaria di opportunità, servizi, innovazione, creatività, occupazione, entertainment” spiega. “Questo, a mio avviso, potrebbe e dovrebbe essere il compito della politica: il coraggio di guardare avanti, la fermezza di fare le scelte non (solo) per l’oggi ma per il domani, per quelle generazioni che pagheranno letteralmente di tasca propria quanto sapremo o non sapremo fare oggi” conclude

Le riflessioni del sindaco di Rimini Andrea Gnassi

Seppure in ‘special edition’ causa pandemia, la 41esima edizione del Meeting di Rimini va in archivio con l’ennesima prova della propria centralità e necessità nel dibattito culturale e politico internazionale. Se l’obbligatorietà nella straordinaria gestione dei flussi di visitatori in presenza non ha potuto garantire i consueti numeri ricettivi, non v’è alcun dubbio che l’evento riminese è stato ed è il grande protagonista del dibattito pubblico del Paese, per ricchezza di spunti e di contenuti. Le incursioni che hanno avuto maggior eco mediatica, a partire da quella di Mario Draghi, sono solo la punta dell’iceberg di un confronto propositivo sui temi e sul futuro di un Paese oggi incerto e al bivio su tanti fronti.

Io credo che anche dagli appuntamenti del Meeting, buon ultimo quello di ieri su come cambierà la vita delle nostre città dopo il Covid 19, emergano riflessioni profonde non scontate, non imbrigliate da schemi e paradigmi predefiniti da un lato, o politicisti dall’altro. Confronti, idee e progetti che possano dare sostanza alle scelte e alle traiettoria di un paese, aspetti utili per la politica nazionale e locale.

Le città motore di sviluppo

Innanzitutto c’è stato il protagonismo vero, concreto, visionario delle città, dentro a un sistema Italia meno dinamico. Il ruolo delle città come argine alle crisi e motore di sviluppo e comunità. Questo però non visto per frantumare il Paese in mille rivoli spesso in contraddizione l’uno con l’altro ma al contrario le città che vogliono essere ascoltate per offrire la propria esperienza sul campo, la propria visione nel quadro dello sviluppo del territorio nazionale. L’unico futuro che vedo, l’unico futuro possibile, pena la marginalizzazione, è quella di un Paese moderno e connesso, in cui le città sono i punti da unire e le ‘stazioni radio’ dinamiche e permanenti. Qui si innesta il discorso dei 170 miliardi del Recovery Fund. Si badi bene: il futuro lo costruiremo bello o brutto utilizzando questi soldi che, secondo gli analisti, dovranno avere lo stesso impatto del Piano Marshall del dopoguerra, grazie al quale il Paese ricostruì e ripartì. Insieme alle città, il Paese che immagino è quello che investe quel fiume di risorse per infrastrutturarsi. Infrastrutture materiali e digitali. Le due dorsali ferroviarie, adriatica e tirrenica, ad esempio, collegate agli hub aeroportuali. I collegamenti saranno lo scheletro; la carne e gli organi li dovranno mettere le città. Condivido l’appello del presidente Anci, Antonio Decaro: occorrono investimenti strutturali, i soli cioè capaci di cambiare in meglio il futuro delle città intelligenti e ridurre gli squilibri tra centro e periferie. Polverizzare il Recovery Fund in un milione di interventi per accontentare ogni desiderio, ogni micro interesse territoriale corporativo alla ricerca di consenso a breve e futuro zero è una prassi italiana che si deve avere coraggio di cambiare. Non solo sarebbe sbagliato ma lo considererei personalmente una sorta di tradimento nei confronti delle generazioni future.

Sono certo che Rimini orienterà il suo sviluppo nei prossimi 10 anni su un ulteriore salto di qualità. Sviluppo sostenibile praticato, dall’urbanistica alla transizione energetica, ai comportamenti individuali. Un’idea di città che investe e porta a casa servizi, pratiche e diritti con la tecnologia, che al massimo a 15 minuti da dove abiti il Comune ti fa trovare servizi, botteghe di vicinato, luoghi di relazione in sicurezza. Una città che in ogni quartiere ha dei centri di comunità, delle aree e piazze open space. Una città dove il concetto di cittadinanza è più forte, fa sentire cittadino protagonista attivo il residente ed anche il cosiddetto ospite, che sarà un cittadino riminese temporaneo, in vacanza magari.

Agli investimenti fatti sul mare (fogne), cioè per l’ambiente col parco del mare (waterfront), cioè con nuove “piazze e migliore comunità”, cultura per non lasciare solo all’algoritmo i pensieri (contenitori), le risorse del Recovery Fund dovranno essere utilizzate su infrastrutture di viabilità e mobilità. Rimini già è e sarà attrattore di vite e esperienze lavorative creative, di altissima professionalità, con quartieri in armonia l’uno con l’altro, in ambienti verdi, umani e recuperati, in cui nuove aziende creative, lavoratori, giovani e famiglie abbiano la possibilità con l’alta velocità di muoversi in meno di due ore lungo le direttrici che da Rimini arrivano a Milano. Poi tornare a pomeriggio, magari fare jogging nel Parco del mare e alla sera andare a un grande concerto al teatro Galli o al nuovo contenitore di spettacoli in costruzione nella nuova Fiera di Rimini o una mostra organizzata al Museo Fellini nel castello malatestiano. Nel raggio di pochi chilometri una concentrazione straordinaria di opportunità, servizi, innovazione, creatività, occupazione, entertainment.

Questo, a mio avviso, potrebbe e dovrebbe essere il compito della politica: il coraggio di guardare avanti, la fermezza di fare le scelte non (solo) per l’oggi ma per il domani, per quelle generazioni che pagheranno letteralmente di tasca propria quanto sapremo o non sapremo fare oggi. La decisione deve essere anche quella dei partiti e comunque di tutte le forze organizzate, civiche, di categoria che avranno un ruolo e una responsabilità alle prossime regionali o comunali. Il coraggio di aprirsi con speranza e curiosità anche a quello che è apparentemente escluso da processi interni di cooptazione. Il coraggio di riconoscere nel riformismo radicale- si tratti di rigenerazione urbana o di welfare di comunità o di un’istituzione sempre più vicina alle proprie esigenze- l’unica via di un nuovo sviluppo che garantisca ricchezza e occupazione. Il coraggio di guardare all’Europa e alle città dalle esperienze migliori, e al mondo, piuttosto che fermare lo sguardo ai confini comunali, al vicino di casa, pensando che il governo della città sia esclusivamente un compromesso al ribasso tra mille, seppur legittimi, interessi. O peggio, beghe di cortile o campanile.

Il dibattito alle giornate del Meeting ha questo chiaro denominatore: il coraggio e la necessità di fare scelte, al di là del temporaneo consenso. Un bel messaggio del quale Rimini ringrazia il Meeting, salutando allo stesso tempo titolo e significato dell’edizione 2021”.