Indietro
menu
la testimonianza

Mamma in quarantena: "Penso ai miei cari giorno e notte. Prego perché non si ammalino a causa mia"

In foto: Repertorio
Repertorio
di Lamberto Abbati   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
sab 14 mar 2020 18:33 ~ ultimo agg. 15 mar 13:20
Facebook Whatsapp Telegram Twitter
Print Friendly, PDF & Email
Tempo di lettura 2 min
Facebook Twitter
Print Friendly, PDF & Email

E’ una mamma in pensiero per il suo bambino, che non vede se non attraverso lo schermo di uno smartphone da lunedì. Ma è anche una compagna preoccupata per la salute del suo uomo, oltre che una figlia che prega di non aver trasmesso il Covid-19 ai suoi genitori, entrambi anziani e con patologie pregresse. Chiariamo: lei per il momento sta bene, non ha alcun tipo di sintomo – è solo provata mentalmente da una situazione che definisce “surreale” – ma da cinque giorni è costretta a vivere sola in un appartamento preso appositamente in affitto.

Preferisce non rivelare nemmeno il suo nome per paura di essere riconosciuta, spera di lasciarsi questa brutta storia alle spalle il prima possibile. Per sapere se andrà tutto bene, però, dovrà trascorrere altri 10 giorni in isolamento. Nel frattempo, questa donna di 43 anni del Riminese ha deciso di raccontarci com’è cambiata la sua vita da quando ha saputo che un cliente incontrato per lavoro è risultato positivo al Coronavirus.

“Mi è stato consigliato di lasciare la mia casa, i mie affetti e trasferirmi, non potendo portare avanti una quarantena rigorosa nella stessa abitazione dove vivo col mio compagno e con mio figlio – dice al telefono la 43enne -. Ho preso su poche cose, qualche vestito, il telefono e poco altro. Ora vivo qui, tutta sola in questo appartamentino. Le giornate sembrano non passare mai, gli unici contatti che ho con l’esterno sono via cellulare. Ogni due giorni il mio compagno passa a portarmi la spesa e ciò di cui ho bisogno. Ci parliamo da dietro la porta. Poi, appena se ne va, esco a prendere quello che mi ha lasciato. Grazie alle videochiamate posso vedere mio figlio. E’ piccolo, ha due anni e mezzo, non capisce perché non sono più con lui, è spaesato“.

Il suo telefonino, per fortuna, squilla di continuo. Tanti i messaggi e le telefonate di solidarietà e vicinanza da parte di parenti e amici: “Mi tengono occupata, cercano di distrarmi – racconta con la voce rotta dall’emozione -. Li ringrazio perché mi fanno sentire meno sola. Ma il mio pensiero va sempre a loro: a mio figlio, a mio marito, ai miei genitori. Prego perché non si ammalino a causa mia, spero di non aver trasmesso loro nulla. Ho paura, sì… Del virus, di quelle immagini atroci che passano alla tv, delle terapie intensive strapiene, delle migliaia di morti ingiuste. La notte faccio fatica a dormire, ho poco appetito, ma diciamo che sto bene, al momento non ho alcun sintomo. Devo solo rimanere qua, imprigionata, per altri dieci giorni. Dopodiché, incrociando le dita, sarò di nuovo libera di correre dai miei affetti”.