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soddisfazione di Anci

Via libera ad aumento indennità sindaci piccoli comuni

In foto: palazzo Chigi
palazzo Chigi
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
gio 28 nov 2019 14:12 ~ ultimo agg. 14:57
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Cresce dai 1.290- 1.450 euro lordi al mese ai 1.400-1.500 euro netti l’indennità per i sindaci dei Comuni fino a 3mila abitanti (oltre 6mila). La novità è stata inserita nell’emendamento al decreto fiscale il cui via libera è stato annunciato da Palazzo Chigi. Una novità che trova la soddisfazione di Andrea Gnassi, presidente dell’Anci regionale che aveva sostenuto la richiesta che Anci nazionale, insieme ad Ali (ex Lega Autonomie) aveva portato al tavolo con il Governo. “Da Roma – afferma Gnassi – arriva un riconoscimento del ruolo sempre più di primo piano dei sindaci, a prescindere dalle dimensioni del Comune di cui hanno la responsabilità. Voglio leggerlo non solo come un atto doveroso nei confronti dei primi cittadini delle realtà più piccole a cui spetta un’indennità dignitosa, ma soprattutto come un passo avanti verso una presa d’atto da parte del governo centrale della necessità di conferire una sempre maggiore autonomia e capacità di azione agli enti locali”.

Le cifre rendono bene l’idea di ciò che ci ha spinto a portare avanti questa richiesta – prosegue il sindaco Gnassi – Non si tratta certo di andare ad arricchire i sindaci, ma di riconoscere una ‘indennità di dignità’ che permetta agli amministratori almeno la possibilità di sottoscrivere un’assicurazione, necessaria se si considera quanto i primi cittadini siano quotidianamente esposti. In un paese di campanili come il nostro, quella dei sindaci è la porta a cui bussare per qualsiasi esigenza: i cittadini vedono nel Comune il primo e più vicino interlocutore a cui fare riferimento anche per rispondere a necessità e problemi sui quali gli stessi Comuni hanno scarsi margini di manovra. Aumentano le responsabilità e i fronti aperti, che si tratti di un paese di mille anime o di una città da 150mila abitanti: uno scenario nel quale i sindaci non si tirano indietro, ma vanno messi in condizione di lavorare e operare per rispondere al meglio alla comunità che rappresentano”.