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Analisi Confcommercio

Allarme commercio al dettaglio. In dieci anni persi quasi cento negozi

In foto: repertorio
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di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
mer 6 mar 2019 22:30 ~ ultimo agg. 7 mar 19:30
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Un quadro desolante per il commercio riminese quello che emerge da un’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio realizzata su 120 città, tra cui anche anche Rimini, presentata oggi a Roma. La ricerca monitora l’andamento degli esercizi commerciali e di altre attività, tra il 2008 e il 2018.

Guardando il totale delle attività, Rimini registra un -2,3% con una performance peggiore rispetto alla media dell’Italia (-2,1%) e alla media delle 120 città di medio-grande dimensione (-1,8%). Tra le cause il mancato effetto traino delle attività turistiche – servizi di alloggio e pubblici esercizi – che per i 120 Comuni vale mediamente un +18% e per l’Italia in generale un +15,1%. Nel Comune di Rimini, invece, il calo delle strutture ricettive, 64 tra alberghi, bed and breakfast e residence stempera il deciso incremento di pubblici esercizi (+ 52 unità) determinando una leggera contrazione del comparto turismo (-0,6% complessivo).

Tra il 2008-2018 Rimini si evince un saldo negativo di 97 attività, in larga parte generato da una crisi del commercio al dettaglio, settore in cui si osserva un decremento di 86 attività commerciali. Gli esercizi specializzati di articoli quali abbigliamento, calzature ed articoli in pelle, cosmetici, profumerie, gioiellerie, negozi di ottica e fioristi registrano da soli la scomparsa di 83 esercizi. In calo anche negozi di tessuti, ferramenta, forniture elettriche, librerie, negozi di giocattoli e giornalai (-64 attività complessive).

In controtendenza, invece, gli esercizi di vendita di apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni, le farmacie (comprendendo esercizi di vendita di medicinali senza prescrizione medica) e il dettaglio alimentare (frutta e verdura, macellerie, panifici, pescherie) che vedono un incremento complessivo di 34 unità.

Distinguendo le attività collocate nel “Centro Storico” dalle altre, emergono alcune importanti differenze. Prendendo in esame il settore più in difficoltà, ovvero negozi specializzati di articoli (abbigliamento, calzature e pelletteria, cosmetici, profumerie, gioiellerie, negozi di ottica e fioristi), nel centro storico riminese sono venute a mancare in dieci anni 26 attività mentre al di fuori del centro il dato si inasprisce con 57 unità in meno. I negozi di alimentari stanno diventando sempre più rari nel centro storico riminese (-6 unità) mentre nel resto del Comune mostrano un saldo positivo (+16 negozi). I pubblici esercizi crescono ovunque, meno nel centro storico (9 unità in più) rispetto alla periferia (43 attività in più)”.

I dati della ricerca – commenta Andrea Castiglioni, Direttore Confcommercio della Provincia di Rimini – esplicitano per Rimini tendenze che risultano ormai consolidate e nella maggior parte dei casi attese. Il centro storico mostra una capacità di tenuta maggiore rispetto al tessuto commerciale che si colloca al suo esterno, soprattutto su alcuni settori merceologici, tuttavia il quadro che emerge per la città è tutt’altro che confortante”.

Per Giammaria Zanzini, Vice Presidente regionale di Federmoda “Questi dati dimostrano che a Rimini, come nel resto d’Italia e come ormai diciamo da anni, non siano più rimandabili interventi in grado di fermare un declino che per alcuni settori merceologici sembra inarrestabile. La GDO da un lato e il commercio elettronico dall’altro stanno stritolando il piccolo commercio, servono politiche per la sopravvivenza di quelle attività che contribuiscono in modo determinante alla vitalità e alla vivacità di una città, al suo appeal, alla sua capacità di attrazione dei flussi turistici. I negozi sotto casa offrono inoltre un servizio di prossimità ad una popolazione sempre più anziana e un presidio contro il degrado e la criminalità. Servono investimenti, nuovi modelli di sviluppo e di sostegno alle imprese. La cedolare secca sulla locazione di immobili commerciali è un primo passo, tuttavia contro il fenomeno sempre più dilagante dei negozi sfitti, bisogna ridurre i canoni di locazione per gli affittuari dei negoziUn altro punto mi preme sottolineare. Questi numeri e queste percentuali, fondamentali per comprendere i fenomeni di cui stiamo parlando, non possono tuttavia trasferire concetti quali identità, qualità, gusto, bellezza, cultura, innovazione. Temi centrali nel concetto stesso di rigenerazione urbana e che devono guidare un sano processo di rinascita dei centri storici e delle città, che altrimenti finirebbero per diventare ognuna una copia – più o meno bella – dell’altra, perdendo quei tratti qualificanti che le rendono uniche e attrattive”.