Indietro
menu
Il vescovo "Oggi è festa"

In Basilica il funerale di Marilena Pesaresi

In foto: il funerale (Newsrimini.it)
il funerale (Newsrimini.it)
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 7 minuti
lun 31 dic 2019 15:14 ~ ultimo agg. 2 gen 08:53
Facebook Whatsapp Telegram Twitter
Print Friendly, PDF & Email
Tempo di lettura 7 min Visualizzazioni 1.921
Facebook Twitter
Print Friendly, PDF & Email

“Oggi è festa perché il Signore non ci ha tolto questa sorella, ce l’ha donata”. “Una festa anche per la città di Rimini, che l’ha insignita del Sigismondo d’Oro. E per Mutoko”. “Le nostre possono essere solo lacrime di consolazione e gioia”. Lo ha detto il vescovo Francesco Lambiasi aprendo la celebrazione del funerale di Marilena Pesaresi, concelebrata insieme a tanti altri sacerdoti e all’arcivescovo Claudio Maria Celli, riminese.

Il saluto iniziale del vescovo:

La Basilica era gremita di fedeli, presenti le autorità locali a partire da sindaco e Prefetto. La celebrazione è stata trasmessa in diretta da Icaro Tv, grazie allo streaming online, anche nella sua Mutoko, per permettere a chi l’ha conosciuta di poter condividere l’ultimo saluto.

Da Mutoko

“Tutto quello che si dice e si fa a un povero è detto e fatto a Cristo”, ha detto il vescovo nella sua omelia commentando il Vangelo. Poi il vescovo si è fatto “portavoce del Vangelo su Marilena”, citando anche i tanti messaggi ricevuti dopo la notizia della scomparsa della Pesaresi da tanti canali, tanti online.

Citando in particolare il messaggio di Massimo Migani, il successore di Marilena nella missione in Zimbabwe. “Ringrazio immensamente il Signore per avermi fatto dono di poter conoscere, affiancare e condividere parte della mia vita con una maestra, medico, missionaria e mamma come te. E come disse il fratello Tonino alla partenza di Marilena dalla Missione “Marilena ha cambiato la vita di tanti di noi”. “Sei sempre stata una donna di poche parole, precise, puntuali e sempre molto mirate – ancora le parole di Migani – Ma ancor più una donna che ha testimoniato a tutti noi in Italia, in Zambia e in Zimbabwe, il significato dell’opera missionaria attraverso la vita vissuta in totale dedizione e carità”.

Infine il vescovo si è fatto portavoce del Vangelo “di Marilena” attraverso alcuni versetti della sacra scrittura. Il primo dalla seconda lettura, la Prima Lettera di Giovanni: “Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli” che il vescovo traduce: “E’ l’egoismo che fa morire, è l’amore che risuscita e fa rifiorire la vita. In altre parole: è moglio morire da vivi che morire da morti”.

Il secondo dal vangelo di oggi: “L’avete fatto a me”. Anche chi non sa che nel povero si incontra Cristo in persona, è già dentro alla verità di Dio. Ma chi conosce anche il “perché deve amare, sa esplicitamente che abbandonare l’uomo nel bisogno signifca sconfessare che sia degno d’amore e dunque sconfessare che Dio gli voglia bene. Per questo non amare il povero è mentire su Dio”.

Il terzo dagli Atti degli Apostoli: “Si è più felici nel dare che nel ricevere” che il vescovo traduce come “Semina la gioia nel giardino di tuo fratello e tua sorella. E la vedrai fiorire anche nel tuo”. “Ma questo è solo l’inizio del vangelo secondo Marilena. Mi assumo la responsabilità di primo esecutore del testamento spirituale di Marilena e passo il testimoe a voi per continuare intrecciare con la parola di Dio e con la vita di questa nostra sorella la pagina di questo vangelo che lei ha scritto con la sua vita”. Per poi concludere l’omelia  con la preghiera: “Signore, noi non ti chiediamo perché ce l’hai tolta, ti ringraziamo perché ce l’hai donata”

A leggere le preghiere dei fedeli, dedicate alla sorella e alla sua opera, è stato il fratello Tonino Pesaresi. Alla fine delle celebrazioni ha preso la parola Paola, una delle sorelle, che ha ricordato come sin da bambina Marilena si impegnasse nel raccogliere i suggerimenti che il Signore le dava, da quando nascondeva la merenda per darla ai bisognosi, e nel raccogliere la chiamata del Signore alla missione. Anche interpretando episodi come la bocciatura in un compito di matematica, che pure era una sua passione. “Grazie Signore perché tu sei stato sempre presente nella nostra famiglie. E Grazie Marilena perchè ora sei libera di volare sopra di noi ed esaudire le nostre richieste”. Poi ha preso di nuovo la parola il fratello Tonino: “Un ringraziamento al Signore e a Marilena per esserci stata. Io ho avuto un onore in più, quello di esserle stato vicino nel momento della malattia”.

 

 

 

Il ringraziamento dei fratelli paola e Tonino:


Il testo integrale dell’omelia:
In memoria di Marilena Pesaresi

Omelia del Vescovo per la Messa esequiale

–         Rimini, Basilica Cattedrale, 31 dicembre 2018 –

“Purifica, Signore, il mio cuore e le mie labbra, perché io possa degnamente annunciare il tuo Vangelo”. È la preghiera recitata sottovoce dal diacono o, in sua assenza, dal presbitero, prima di proclamare il Vangelo. La faccio mia e la vorrei condividere con voi, in questo momento in cui mi devo assumere il lieve onere di farmi portavoce del Vangelo di Gesù, e il lieto onore di farmi interprete di questa limpida pagina del ‘quinto Vangelo’, qual è stata la vita della nostra amatissima Sorella Marilena.

  1. Abbiamo sentito bene. Nel brano tratto dal Vangelo secondo Matteo appena proclamato, abbiamo ascoltato il divin Maestro usare, per la penultima volta prima della sua passione, la formula solenne: “In verità io vi dico”. Una formula che anticipa sempre una verità a lettere di scatola: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). Con questa affermazione Gesù proclama pari pari i piccoli e i poveri come suoi veri vicari. Sì, vicario di Cristo non è solo il Papa. E neppure lo sono solo i vescovi, i quali vengono fregiati dal Concilio con questo titolo esorbitante. I vescovi non sono vicari del papa, ma sono anch’essi, collegialmente presi, vicari di Cristo. Ma qui Gesù ci dice una cosa ancora più colossale: vicari di Cristo sono tutti e ciascun povero, singolarmente preso. Questo non significa che tutto quello che dice e fa un povero è detto e fatto da Cristo, ma che tutto quello che si dice e si fa ad un povero è detto e fatto a Cristo.

Ma chi è Cristo? Dove si può vedere, dove si può incontrare, dove si può udire? dove si può toccare? Ce lo spiega lui stesso. Gesù di Nazaret è un Dio che ha volto e lineamenti che incontriamo ogni giorno, perché sono il volto e i lineamenti del povero. Gesù Cristo è un Dio che ha fame e sete, che è senza casa, senza patria. Senza vestito, senza tetto, senza letto. È un Dio carcerato e sofferente. È un bambino abusato. Una donna violentata o prostituita. Un vecchio abbandonato. Un straniero respinto. È un poveraccio scartato, che desidera un sorriso, una parola amica, una carezza sul viso. È un Dio che ha bisogno di un boccone di pane, di un bicchiere di acqua, di un sorso di vita. È il povero di ogni colore e di ogni dolore: quello è il “fratello del gran Re”, e tutta la legge è nel volergli bene. Chi percorre la strada dell’amore al povero, si ritrova automaticamente dentro l’amore di Dio, persino senza saperlo: “Quando mai ti abbiamo incontrato?”. La grande rivelazione risponde: “L’avete fatto a me”. Ci è proclamata di colpo e senza equivoci la dignità dell’uomo per il suo essere immagine di Dio, per il suo essere amato da Dio. E non è la stessa cosa che decreta la pur benemerita proclamazione dei diritti umani, della giustizia sociale, delle organizzazioni filantropiche.

Ora, dopo essermi fatto portavoce del Vangelo di Gesù, devo farmi portavoce del Vangelo di e su Marilena. È quello che si potrebbe chiamare una sorta di ‘quinto vangelo’ che non è un vangelo che si aggiunge ai quattro detti ‘canonici’, ma è quello che ogni generazione scrive con il sangue dei martiri, con la testimonianza dei cristiani, con la dottrina dei maestri o dottori, con la guida dei pastori, con la professione delle consacrate e dei consacrati, con l’amore degli sposi, con il sorriso delle suore anziane, con la tenerezza degli innamorati, con il servizio dei laici nel lavoro e nelle varie professioni.

Per il vangelo su Marilena, abbiamo ricevuto tante testimonianze, eal termine ne consegnerò un plico ai familiari. Ora mi servo del messaggio che un po’ li riassume tutti, e mi pare ci aiuti qual è stato il segreto di Marilena. L’ho ricevuto ieri da Massimo Migani, il giovane medico odontoiatra, suo successore nella direzione sanitaria dell’Ospedale di Mutoko.

Ringrazio immensamente il Signore per avermi fatto dono di poter conoscere, affiancare e condividere parte della mia vita con una maestra, medico, missionaria e mamma come Marilena. Come disse Tonino suo fratello al quale, qui a Mutoko siamo tutti altrettanto profondamente legati, nel giorno della partenza di Marilena dalla missione: “Marilena ha cambiato la vita di tanti di noi”. Certamente nella sua famiglia, ma anche per tante persone che hanno avuto il dono di incontrarla e per me lei ha avuto un ruolo fondamentale anche nella maturazione della mia chiamata alla vita di missione. Grazie Marilena, grazie per tutto quello che hai fatto, sì ‘fatto’, perché sei sempre stata una donna di poche parole, precise, puntuali e sempre molto mirate, ma ancor più una donna che ha testimoniato a tutti noi in Italia, in Zambia e in Zimbabwe, il significato dell’opera missionaria attraverso la vita vissuta in totale dedizione e carità. Grazie Marilena per tutti i tuoi insegnamenti, il tuo affetto, la tua presenza, i bei momenti trascorsi insieme, ce ne saranno altri da condividere ancora. Grazie per essere stata per tutti noi una mamma, premurosa e attenta. Ora ti chiedo di starci vicino e ancora una volta di accompagnarci, sostenerci e sostenermi, perché abbiamo tanto bisogno di te”.

Infine mi faccio portavoce del vangelo di Marilena. Provo a tesserlo con i fili di alcuni versetti della Sacra Scrittura.

Il primo lo ricavo dalla seconda lettura (1Gv 3, 13). “Noi sappiamo che sappiamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli. Chi non ama, rimane nella morte”. Provo a tradurlo così: è l’egoismo che fa morire; è l’amore che risuscita e fa rifiorire la vita. In altre parole: è meglio morire da vivi che vivere da morti.

Il secondo lo prendo dal vangelo di oggi: “L’avete fatto a me”. Anche chi non sa che nel povero si incontra Cristo in persona, è già dentro alla verità di Dio. Ma chi conosce anche il ‘perché’ deve amare, sa esplicitamente che abbandonare l’uomo nel bisogno significa sconfessare che sia degno d’amore, e dunque sconfessare che Dio glo voglia bene. Per questo non amare il povero è mentire su Dio.

Il terzo lo prendo dagli Atti degli apostoli (20, 35): “Si è più felici nel dare che nel ricevere”. E lo traduco così: Semina la gioia nel giardino del tuo fratello o della tua sorella, e lo vedrai fiorire anche nel tuo.

Ma questo è solo l’inizio del vangelo secondo Marilena. Mi assumo la responsabilità di primo esecutore del testamento spirituale di Marilena e passo il testimone a voi per continuare a intrecciare con la parola di Dio e con la vita di questa nostra sorella la pagina di “quinto vangelo” che lei ha scritto con la sua vita.

Adesso preghiamo: “Signore, noi non ti chiediamo perché ce l’hai tolta. Ti ringraziamo perché ce l’hai donata”.