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Economia Provincia

Assemblea Confindustria Romagna. Maggioli propone una Fondazione

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di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 13 minuti
mer 11 lug 2018 15:50 ~ ultimo agg. 12 lug 13:34
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Una Romagna più forte in una Regione più forte: è la l’idea emersa dall’assemblea annuale di Confindustria Romagna dal titolo “Romagna, motore di sviluppo”, che si è svolta a San Patrignano davanti a centinaia di imprenditori associati, alle autorità, al presidente nazionale di Confindustria Vincenzo Boccia e al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Stefano Buffagni.

L’intervista a Maggioli sui temi della fondazione e dell’Aeroporto di Forlì

[fvplayer src=”https://youtu.be/_w0rEw5tIwo” splash=”https://i.ytimg.com/vi/_w0rEw5tIwo/hqdefault.jpg” caption=”icaro Tv. Maggioli (Confindustria Romagna) lancia la Fondazione”]

“La Romagna deve abituarsi a pensare come unica entità. I cento campanili attuali devono restare, perché rappresentano un valore culturale e sociale, ma devono assumere una nuova mentalità, devono essere capaci di mostrarsi coesi – ha spiegato dal palco il presidente di confindustria Romagna Paolo Maggioli – La Romagna è una realtà: quello che ci serve è un corpo dove mettere la nostra convinzione, il nostro cuore, la nostra passione, il nostro fare insieme”.

E’ stata quindi proposta la costituzione di un organismo di cui facciano parte imprenditori, amministratori locali, ceti produttivi, manager di utilities, scuola, università, sanità, infrastrutture, associazioni: “Da questo organismo, che può assumere all’inizio la forma di una Fondazione, trasparente e aperta al dialogo, devono partire le idee che si danno come obiettivo la crescita e lo sviluppo – ha proseguito Maggioli – Queste idee devono entrare nel dibattito pubblico, senza proclami di autonomia e indipendenza che in passato sono risultati controproducenti, ma facendo capire i vantaggi che un territorio coeso porterebbe a tutti. Facciamolo e saremo un’unica entità, un’unica città, un modello da seguire”.

Dopo i saluti dei presidenti della Comunità di San Patrignano, Antonio Tinelli, e delle province di Rimini e Ravenna, Michele De Pascale e Andrea Gnassi, e del sindaco di Coriano Domenica Spinelli, sono intervenuti Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni internazionali all’Università Cattolica di Milano e direttore dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (ASERI) e il Sottosegretario Buffagni. Ha concluso i lavori il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia che ha ricordato l’importanza del sistema industriale della Romagna nel fare dell’Italia la seconda manifattura d’Europa. “Confindustria Romagna – ha detto Boccia – è un esempio per il Paese per la sua capacità d’interpretare i bisogni del territorio promuovendo una politica inclusiva fatta d’impegno e collaborazione per il bene delle imprese e della comunità”.

L’intervista al presidente nazionale di Confindustria Vincenzo Boccia:

[fvplayer src=”https://youtu.be/28f4tNd1H2w” splash=”https://i.ytimg.com/vi/28f4tNd1H2w/sddefault.jpg” caption=”ICaro Tv. Assemblea Confindustria Romagna, intervista al presidente nazionale Boccia”]

L’assemblea ha chiuso il quarto Festival dell’industria e dei valori di impresa, manifestazione che in quasi due mesi ha coinvolto 50 aziende del territorio in open day e iniziative, aprendo le porte a cittadini, istituzioni e autorità per far toccare con mano il valore sociale del fare impresa.

L’intervista al presidente della Comunità di San Patrignano Antonio Tinelli:

[fvplayer src=”https://youtu.be/Hm-ctkahe_E” splash=”https://i.ytimg.com/vi/Hm-ctkahe_E/hqdefault.jpg” caption=”Icaro Tv. Assemblea Confindustria Romagna a San Patrignano, intervista al presidente della Comunità”]


La relazione del presidente Paolo Maggioli:

La Romagna come motore di sviluppo

Nel suo affascinante studio “Connectography, le mappe del futuro ordine mondiale”, il brillante stratega geopolitico Parag Khanna afferma che “entro il 2030 più del 70% della popolazione mondiale vivrà in città che per la maggior parte non distano più di ottanta chilometri dal mare”. E specifica questo concetto aggiungendo che le città con maggiore potenziale di sviluppo contano un milione di
abitanti e gravitano attorno a una grande azienda o a un comparto industriale.
Cosa ci fa venire in mente? Il mare, un milione di abitanti, un’importante realtà manifatturiera… Già,
è proprio la Romagna. Siamo noi.
Guardando ai numeri siamo di fronte ad una realtà ancora “piccola”, ma, se ci alziamo in volo sopra
la Romagna, vediamo un grande comparto che compete a livello globale, quello del turismo, supportato egregiamente dal feristico-congressuale. In Romagna insiste un altro formidabile “distretto”, quello
dell’agroalimentare, anche questo competitivo a livello internazionale. Se poi imbocchiamo la via
Emilia partendo da Rimini per arrivare ad Imola, troviamo, in breve sequenza una dall’altra, una serie
di grandi aziende leader nei loro mercati, e si tratta di mercati globali. Attraversiamo il comparto delle
calzature di San Mauro, da tempo inserito nei distretti “storici” che hanno fatto la fortuna dell’Italia. Dal
mare poi, in barca, entriamo nel porto di Ravenna, dalle potenzialità enormi con alle sue spalle una
rete di canali, infrastrutture ed industrie che hanno signifcato e rappresentano ancora tantissimo per il
settore produttivo italiano. Senza paragoni poi le infrastrutture “culturali”, una concentrazione di bellezze naturali e monumenti di livello internazionale. Infne, la Romagna è diventata un modello di stile di
vita, che è anche modello di sviluppo economico, grazie alla bella intuizione della Wellness Valley.
La dotazione infrastrutturale romagnola è buona: un porto importante e altri approdi che possono essere sviluppati; due aeroporti, fn troppo litigiosi in passato, e ben tre piste di dimensioni ragguardevoli,
diverse linee ferroviarie, una discreta dotazione stradale e autostradale, il Cer, la diga di Ridracoli;
e l’elenco potrebbe essere lungo, ma non dobbiamo dimenticare altre realtà fondamentali come una
ormai radicata presenza universitaria. Una buona base di partenza, ma serve di più.
Prima di capire quali siano le potenzialità di questo sviluppo, guardiamo in quale ambiente globale
si muove la Romagna.


Il nuovo e vecchio mondo
Nei discorsi da bar si sentono spesso le frasi “non è più il mondo di una volta…”, “il mondo è cambiato…” ecc. Ha un fondamento questo luogo comune? E se ha un fondamento questa affermazione,
questo vecchio mondo quando è nato e quando è fnito?
Il vecchio mondo è nato con l’istituzione degli Stati moderni ed è morto con il Crollo del Muro di Berli
no e la nascita della rete Internet. Il nuovo mondo ha sorpreso tutti, tanto che per diversi anni non siamo stati capaci di defnirlo. Si è parlato di “Fine della Storia” e di “Scontro di Civiltà”, poi è arrivata la
parola magica: “globalizzazione”. Ma questa è già stata dichiarata morta varie volte (attacco dell’11
settembre, grande crisi della fnanza nel 2008, sovranismi e guerra dei dazi attuale).
Cos’è in realtà questo nuovo mondo? Siamo nell’epoca delle “Catene di Valore Globali” (supply chain
world). Un mondo che risponde pressoché esclusivamente alla legge della domanda e dell’offerta
che, sempre secondo Khanna “sono qualcosa di più di un principio di mercato per la determinazione
del prezzo di una merce. Domanda e offerta sono forze dinamiche in cerca di equilibrio in tutti gli
aspetti della vita umana… l’offerta di tutto può incontrare la domanda di tutto, qualcosa o qualcuno
può arrivare praticamente ovunque, sia fsicamente che virtualmente…”.
Per capire cosa sia una catena di valore globale basti pensare alle t-shirt che indossiamo o ai cellulari. Sono prodotti “Made in everywhere”. La catena di valore più “glamour” è quella degli iPhone,
pensati e progettati in California, con chip sudcoreani e assemblati in Cina da un’azienda con base
a Taiwan. Ma ci sono supply chain “sporche” come quella che vediamo all’opera nei giorni di pioggia. Appena cominciano a cadere due gocce, siamo sicuri di incontrare un venditore che ci offrirà
un ombrello. Quell’ombrello è fabbricato in Asia, trasportato in un container su mega-ship, viaggia sui
treni e furgoni, arriva ad un distributore che li fornisce ai venditori che, grazie alle app dei cellulari,
sanno esattamente quando pioverà. Una catena che non conosce confni, dazi, leggi. Tutto parte
dall’energia prodotta da una sperduta diga in Cina e dopo diversi passaggi arriva a noi, proprio nel
momento in cui ne abbiamo bisogno. Inoltre questa catena non mi offre solo un ombrello, ma due:
uno da 5 e uno da 10 euro.
In questo mondo delle catene di valore pressoché in ogni luogo del mondo puoi soddisfare ogni tuo
bisogno in pochi minuti. E questo riguarda ogni tipo di merce, il credito, le opere di bene così come le attività illegali.
Il globo delle “supply chain” ha cambiato anche i nostri punti cardinali. Un tempo se pronunciavamo la
parola Est, subito pensavamo all’Urss. Adesso quando diciamo Est indichiamo l’Asia. Se pensavamo
al Nord ci venivano in mente distese di ghiaccio, ma tra pochi anni, se aumenterà la temperatura del
globo, pensare al Nord vorrà dire riferirsi alle nuove zone coltivabili.
È un mondo che si è ampliato e che comprende ormai anche lo spazio, l’ottavo pianeta. Senza dimenticare poi che alla realtà fsica si è sommata quella virtuale. Un mondo di porte aperte, percorso
da un’infnita serie di flussi.
Queste porte aperte permettono una crescita globale, ma creano problemi locali. Forniscono “risorse”
umane, creano migrazioni epocali e diseguaglianze. Parti del mondo crescono e altre storicamente
ricche si indeboliscono.
Questo nuovo mondo obbedisce anche a nuove logiche amministrative. La “governance” non risponde più alle ideologie, ma a criteri funzionali e pragmatici. Va bene ciò che funziona, e questo viene verifcato, grazie alla rete e ai sondaggi.
Questo nuovo mondo ha creato una distinzione tra “integrati” ed “esclusi” che non rispecchia le vecchie distinzioni geografche, sociali e politiche. Al di là di ogni discussione ideologica s’impone una nuova regola: se non cresci fnirai tra gli “esclusi” e in qual caso nasceranno problemi politici e sociali.
Chi teme di restare “escluso” mette granelli di sabbia nel meccanismo delle porte aperte. Questi tentativi sono sotto i nostri occhi e spiegano tante dinamiche politiche nazionali, europee e internazionali.


Le forze in gioco
Il nuovo mondo delle catene di valore mette in luce alcune importanti tendenze:
– Tutto è connesso, i confni contano sempre meno, lo sviluppo passa attraverso città, autostrade,
ferrovie, porti, oleodotti, gasdotti, cablaggi per internet. Il mondo è un network.
– La devolution è la grande forza politica di questa epoca, gli imperi si sgretolano, potere e autorità scivolano in direzione delle città; i territori ricercano autonomia per difendere i loro interessi.
In Italia questa trasformazione è sotto i nostri occhi: Milano ha surclassato Roma, le Regioni del
Nord chiedono maggiori autonomie. Dietro il grande successo cinese ci sono le ZES, le zone
economiche speciali. Un modello esportato: nel mondo ci sono più di tremila Zes che offrono
regimi fscali competitivi, autonomia e burocrazia a basso impatto. Un altro aspetto fondamentale
e complementare alla devolution sono le privatizzazioni di servizi, infrastrutture e utilities.
– La competizione non è più come in passato, per la conquista dei territori, ma è diventata un “tiro
alla fune” con l’obiettivo di ottenere un ruolo chiave nella produzione energetica e industriale,
per trarre il massimo vantaggio dal valore aggiunto che arriva dai flussi di fnanza, tecnologia,
conoscenza e talento.
– Per essere connessi in maniera competitiva è necessario realizzare alleanze infrastrutturali, queste
alleanze superano i confni ma soprattutto sono tra pubblico e privato e tra le aziende.
Fattori di crescita
Per emergere in questo mondo delle catene di valore è necessario essere competitivi in queste categorie:
– Connessioni (reti telematiche, porti, strade aeroporti ecc.).
– Demografa.
– Mercato di capitali.
– Produttività del lavoro.
– Tecnologia.
– Tutela ambiente.
– Istruzione-università.
Se applichiamo queste voci all’Italia nel suo complesso appare evidente come il nostro Paese sia in
diffcoltà. Lo sviluppo di un territorio avviene solo attraverso la crescita e gli investimenti, mentre le
politiche di austerity hanno avuto effetti depressivi sull’economia.
Chi riesce a investire diventa parte integrante del mondo che corre. E gli investimenti non sono solo
infrastrutturali, ma anche sulla scuola, la ricerca, l’ambiente.
Esaminiamo la situazione della Romagna; il nostro territorio può contare su una buona base, che però
in questo mondo delle catene di valore non basta più. Serve l’eccellenza, una governance effciente.
L’obiettivo è quello dello sviluppo e della crescita. Solo chi si sviluppa resisterà ai cambiamenti che ci
attendono. Chi non riuscirà a mettere in moto un meccanismo virtuoso farà parte degli “esclusi”.

Romagna: lo stato dell’arte
Connessioni. Come detto, la “base infrastrutturale” romagnola è discreta rispetto ad altre zone, ma
potrebbe essere sviluppata notevolmente. Dopo anni di battaglie l’autostrada è fnalmente a tre corsie
e le nostre città hanno migliorato la viabilità urbana. Ma le positività si fermano qui.
Resta l’enorme problema dell’asse Perugia-Cesena-Ravenna. Così come diventa necessario il completamento della Cispadana per mettere in contatto la parte Nord della Romagna con le zone più
sviluppate dell’Emilia.
La situazione delle infrastrutture stradali e ferroviarie ravennati è debole e critica: Classicana, tangenziale di Ravenna e Romea DIR non sono strade all’altezza del compito che devono svolgere, né come
disegno né come tecnologia realizzativa. Occorre avviare un piano pragmatico che intervenga in
modo sostanziale su questi assi.
Per quel che riguarda le ferrovie ancora non c’è una “vera” alta velocità per la Romagna, anche se i
lavori stanno procedendo. E ancora scontiamo ritardi storici. Non esiste una linea diretta con Venezia,
sbocco necessario per il nostro turismo. Con i treni servono tre ore per arrivare dalla Romagna a Venezia, distanti 114 km in linea d’aria. Bologna e Roma distano oltre 300 km in linea d’aria, ma in treno
bastano due ore. Arrivati a Bologna si giunge ovunque in un lampo, il problema è arrivare a Bologna.
Soprattutto non abbandoniamo l’idea di un trasporto costiero romagnolo alternativo all’auto. E iniziamo a riflettere su una rete di trasporto romagnola, che ci permetta di raggiungere le nostre città
economicamente e velocemente, rappresentando una vera alternativa alla gomma.
La rete e i servizi ferroviari per le merci vanno potenziati: bene il protocollo, frmato dall’amministrazione comunale di Ravenna con RFI, per realizzare due scali-merce in destra e sinistra Candiano.
Su questi temi Confndustria Romagna è disposta ad impegnarsi nelle sedi regionali e nazionali per
collaborare all’obiettivo del nostro territorio.
Per quel che riguarda gli aeroporti, positivo il rilancio di Rimini dopo anni tormentati, così come la notizia
di un nuovo inizio per Forlì. L’esempio dell’aeroporto di Bologna mostra chiaramente come sia importante uno scalo per lo sviluppo del turismo e dell’industria. Si può dire che prima del “boom” recente
del Marconi, Bologna stentasse come meta turistica, mentre adesso cresce in maniera importante. E se
indugiate un attimo nella sala arrivi dello scalo felsineo, osservando i cartelli delle aziende che attendono i clienti, noterete che si tratta soprattutto di imprese che fanno parte della motor e packaging valley.
Riguardo al porto di Ravenna. Confndustria Romagna ha accolto con sollievo e soddisfazione la
defnitiva approvazione da parte del Cipe del progetto di escavo dei fondali del porto di Ravenna.
Dopo anni di incertezze, è una boccata d’ossigeno l’avvio del percorso per rilanciare lo scalo, patrimonio economico e principale attività industriale della città, infrastruttura di riferimento dell’intera
Regione Emilia-Romagna. Ora speriamo che tutti gli iter autorizzativi ancora da espletare proseguano
con rapidità e con un apporto costruttivo da parte di tutti gli enti chiamati ad analizzare ed autorizzare
il progetto, e che da qui si passi senza indugio all’esecuzione dei lavori in tempi celeri. Sull’operatività
siamo molto preoccupati degli impatti che questa subisce in termini di ritardo nella ripresa delle attività
di manutenzione ordinaria e straordinaria dello scalo, che non sono svolte con la regolarità e la tempestività necessarie a garantire alle imprese lo svolgimento delle operazioni quotidiane. E’ cronaca recente che, in piena stagione turistica, alcune crociere hanno saltato la tappa ravennate a causa
dell’insabbiamento del terminal: noi non amiamo affrontare i temi sulla stampa, ma sui tavoli preposti, però occorre poi che alle intenzioni seguano le azioni.

Un piano imponente andrebbe studiato per l’immobiliare residenziale e turistico in un’ottica di rigenerazione urbana da cui si sta discutendo da anni. In questo senso il progetto del Parco del Mare di Rimini può fare la differenza.
Fondamentale poi la questione delle
risorse energetiche.
Per quanto riguarda le attività di estrazione del gas naturale, l’Eni ad aprile 2017 ha avviato un Piano
di Rilancio che prevede investimenti per 2 miliardi di euro nei prossimi 4 anni in attività di sviluppo e
mantenimento degli asset nell’offshore adriatico. Un’opportunità enorme per la Romagna.
Demografa. I dati relativi alle nostre province sono leggermente migliori rispetto a quelli disperanti
del resto d’Italia. Vanno pensate politiche locali di sostegno alla famiglia e di “gestione” dell’immigrazione – chi è qualifcato e chi ha voglia di lavorare va sostenuto e aiutato -, puntando ad una reale
“integrazione”.


Mercato Capitali. In questo settore sarebbe necessaria una “diplomazia” autonoma del territorio che
riesca ad attirare capitali nazionali ed internazionali, così come bisogna attuare un network di persone
capaci di competere sull’ottenimento di fondi europei e nazionali. La Regione già fa bene su questo
aspetto, la Romagna dovrebbe essere capace di rafforzare questo sistema.
Sul credito è da evitare il provincialismo. Le banche del territorio sono state e sono importanti. Ma talvolta
sono state gestite guardando ad aspetti che esulavano dal bilancio economico. Non è più quel tempo.
Produttività del lavoro. Su questo punto la Romagna parte da un fattore umano di straordinaria
qualità e alcune nostre imprese hanno sviluppato sistemi integrati d’avanguardia tra lavoro umano e
macchine. Ma le possibilità di crescere sono enormi. Inoltre resta da parte delle nostre aziende la
diffcoltà di reperire personale, in particolare tecnici, con le necessarie competenze.
Sul tema dell’occupazione una riflessione importante la merita il turismo che, in base agli studi, è uno
dei settori a maggiore crescita perché stanno entrando nel circuito internazionale miliardi di persone
che fno a pochi anni fa erano bloccate nei luoghi di residenza. Il turismo, per le sue caratteristiche,
sarà uno dei settori meno condizionati dall’automazione con benefci per l’occupazione del settore.
Su questo punto bisogna però essere chiari: vogliamo una Romagna virtuosa e trasparente, quindi
devono essere condannate quelle pratiche fatte di rapporti di lavoro e pagamenti irregolari. Questa
economia sommersa danneggia la nostra immagine e ci condanna a posizione di rincalzo nelle classifche nazionali economiche. La Romagna vale di più di quello che dicono le statistiche ed è ora che
questa economia sommersa emerga.
E sul tema del lavoro bisogna anche sottolineare che i primi provvedimenti del Governo suscitano
perplessità nel mondo imprenditoriale. “Più che un cambiamento si tratta di un tuffo nel passato”, come
ha scritto il direttore del Sole-24 Ore Gentili. Queste scelte vanno subito corrette.
Tecnologia, istruzione, università. Pur avendo sul territorio aziende ad alto valore, c’è ancora molto
da fare. Bisogna investire sulla scuola, sulla formazione e soprattutto sull’università, gli istituti tecnici e
gli istituti tecnici superiori con cui le nostre aziende e i nostri settori produttivi devono mettere in piedi
progetti di ricerca e sviluppo, creando un circolo virtuoso.
Tutela ambientale. Una sola case history esemplare, quella del sistema fognario di Rimini, assai istruttiva. In passato abbiamo assistito a polemiche dilanianti. Poi è stata presa una decisione politica e si
è partiti con un investimento che darà a Rimini un vantaggio competitivo per i prossimi anni.


La Romagna come una città
Quindi le basi e le potenzialità per restare competitivi nel mondo delle “catene di valore” ci sono.
Ma allora cosa manca per essere protagonisti in questo nuovo mondo?
Siamo nell’era del digitale, dei social, dell’essere connessi globalmente e continuamente. Ma paradossalmente viviamo anche un aumento esponenziale dell’individualismo. Su questo dobbiamo fare
attenzione. Ritengo che l’idea di mondo abbia senso solo perché c’è l’idea di insieme. E così è per
la Romagna.
Perché fno ad ora non siamo riusciti a fare la Romagna? Troppi campanilismi, troppi steccati, troppa
chiusura, forse addirittura troppa paura. Quindi ci arrendiamo? No, perseveriamo. Dobbiamo crederci e lottare per realizzare anche i sogni che ci sembrano irraggiungibili.
Guardiamoci bene negli occhi. Sapete cosa vedo? Vedo la Romagna. Vedo una, mille, 10 mila, un
milione di storie di vita, di uomini e donne, di imprese.
Io vedo cuore, vedo passione, vedo intraprendenza e prontezza nel risolvere i problemi e trovare
soluzioni.
La Romagna deve abituarsi a pensare come unica entità.
I cento campanili attuali debbono restare, perché rappresentano un valore culturale e sociale, ma debbono assumere una nuova mentalità, devono essere capaci di mostrarsi coesi. Dobbiamo essere pragmatici e funzionali per la crescita, lo sviluppo e il benessere dei singoli, della comunità e del territorio.
Basta con le anacronistiche discussioni ideologiche, basta con la divisione “talebana” tra pubblico e privato. Un servizio pubblico o un’azienda raggiungono i loro scopi quando creano valore, che sia un buon servizio per gli utenti o il dividendo per gli azionisti.
Investiamo sul Valore Umano. Il welfare diventa a sua volta una catena di valore. Positivo il fatto che la
nostra sanità pubblica, di alto livello, sia già stata capace di darsi una dimensione romagnola come
quella qui auspicata.
Tutto sta cambiando. La scelta sarà tra farsi trovare pronti con un’adeguata governance o tenere un atteggiamento passivo che porterà inevitabilmente a rientrare nella categoria degli “esclusi”.


Realtà Romagna
Serve una nuova governance che veda l’unione delle forze produttive di un territorio, sia pubbliche che private, formata da persone competenti, capace di mobilitare investimenti e risorse. Solo così si garantisce la crescita e il benessere di un territorio.
La maggior parte dei cittadini vuole sentirsi sicura, avere casa, lavoro stabile, prospettive di una vecchiaia serena, contatti con familiari e amici e la possibilità di esprimere la propria opinione.
Per garantire queste esigenze servono infrastrutture, aria e acqua pulite, trasporti veloci e puntali,
facilità di business, buone scuole, case di qualità, assistenza sanitaria e all’infanzia, possibilità di
movimento e libertà d’espressione.
La crescita continua a correre in quelle zone dove c’è una burocrazia ridotta, delle normative agili e
una fscalità semplice. Sono i territori ideali per attirare investimenti e sempre si crea un circolo virtuoso
tra pubblico e privato.
Negli ultimi anni lo sviluppo della Romagna è stato frenato anche da scelte politiche-amministrative
regionali non sempre benevole. L’impressione è che talvolta le nostre zone siano state trattate come

parenti lontani e non come fgli prediletti. La Regione ha operato egregiamente per sviluppare Bologna,
lo sguardo arrivava al massimo alle vicine Modena e Reggio. Pensiamo allo sviluppo del capoluogo
regionale nel turismo, nei trasporti, nell’industria, nella fnanza. E pensiamo alle recenti vicende delle
Fiere, alla decennale guerra dei cieli, al nostro turismo non sempre promosso al meglio, ai problemi
ambientali talvolta trascurati. Insomma si poteva e si doveva fare di più per la Romagna. C’è stato
un centro favorito e delle periferie trascurate. Questa logica, per il bene di tutti, non è più sostenibile.
Serve una Romagna più forte per una Regione più forte.

Così non sono auspicabili fughe in avanti su scelte strategiche. Siamo stati, siamo e continueremo ad
essere contrari alla Camera di Commercio di Ravenna e Ferrara perché contraria alla nostra idea di
Romagna. La Camera di Commercio deve essere unica e romagnola.
La Romagna è una realtà. Se vogliamo essere protagonisti, siamo noi i primi a doverci credere. Quello che ci serve è un corpo dove mettere la nostra convinzione, il nostro cuore, la nostra passione, il nostro “fare insieme”. Un organismo di cui facciano parte gli imprenditori, gli amministratori locali, i ceti
produttivi, i manager di utilities, scuola, università, sanità, infrastrutture, associazioni.
Da questo organismo – che può assumere all’inizio la forma di una Fondazione, trasparente e aperta
al dialogo – devono partire le idee che si danno come obiettivo la crescita e lo sviluppo. Queste idee
devono entrare nel dibattito pubblico, senza proclami di autonomia e indipendenza che in passato
sono risultati controproducenti, ma facendo capire i vantaggi che un territorio coeso porterebbe a tutti.
Facciamolo e saremo un’unica entità, un’unica città, un modello da seguire.


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