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Attualità Riccione

Fabrizio Corona e Yellow Factory, un evento che fa discutere

In foto: dalla locandina
dalla locandina
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
sab 16 giu 2018 19:34
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Una iniziativa che non rispetta il senso del percorso del luogo che la ospita. Libera Rimini Arci Rimini, Passi di legalita, Cgil Rimini, Vedo Sento Parlo intervengono sull’evento di questa sera tra promosso da Yellow Factory al Giardino Lime che ha come testimonial nella veste di dj un personaggio controverso come Fabrizio Corona. I sottoscrittori dell’intervento che pubblichiamo hanno chiesto, senza esito, di annullare l’evento perché non consono a dei locali riutilizzati dopo essere stati confiscati alla malavita.


L’intervento congiunto:

Dopo aver chiesto ai gestori del locale riccionese Yellow Factory di annullare l’ evento di sabato 16 giugno al Giardino Lime che vede protagonista Fabrizio Corona, il Coordinamento di Libera Rimini e le associazioni aderenti Arci Rimini, Passi di legalita, Cgil Rimini, Vedo Sento Parlo palesano pubblicamente il proprio disappunto rispetto all’operazione dalla quale prende nettamente le distanze.

Yellow Factory non è infatti un locale “qualsiasi” ma un centro culturale che nasce su un bene confiscato Tra le prime e più importanti iniziative di Libera- Associazioni Nomi e Numeri Contro Le Mafie fondata da Don Luigi Ciotti c’è proprio la battaglia pr l’lapprovazione della legge 109/96 che dispone il riutilizzo sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata, legge grazie alle quale una realtà come lo Yellow Factory puó vivere e operare.

La legge 109 è stata fortemente voluta affinchè le mafie restituissero il maltolto, affinché quelle proprietà una volta appartenute ai boss, costruite grazie alla corruzione e al sangue, diventassero avamposti di legalità e giustizia sociale sui territori.

E’ per noi intollerabile che Fabrizio Corona possa rappresentante in questo momento la cultura della responsabilità all’interno di un bene che ha un significato importante sul piano culturale, sociale ed educativo.

C’è bisogno di ragionare insieme, come comunità, su quali soiano i messaggi che vogliamo lanciare, perché i locali pieni e il tam tam pubblicitario non sono mai stati gli strumenti di chi ha scelto, con coraggio e consapevolezza, di fare dell’antimafia un valore, tramutarlo in abito e vestirlo ogni giorno.


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