Gianna e Antonio: Siamo una famiglia anche se un poco particolare


Gianna e Antonio sono sposati dal 1989: quest’anno festeggiano 24 anni insieme. Lei è mamma di Casa Famiglia a tempo pieno, Antonio invece è responsabile dell’Operazione Colomba, corpo di pace nonviolento della Papa Giovanni in servizio nelle zone calde del mondo. Gianna stava in Casa Famiglia anche prima di incontrare Antonio, già dal 1980. La Casa Famiglia si chiama Sant’Antonio, per via di un aneddoto che vale la pena riportare. Gianna viene da Mestre e ha avuto la poliomelite da piccola: infatti è disabile e vive su una carrozzina. La malattia l’aveva colpita in modo molto violento ed era stata ricoverata d’urgenza nell’ospedale di Padova: rischiava la morte o, addirittura, di finire in un polmone d’acciaio per il resto della vita. Sua madre, mentre Gianna veniva esaminata dai medici, era andata in chiesa a pregare Sant’Antonio, il santo protettore della città. Quando tornò in ospedale i medici le chiesero chi avesse pregato, perché sua figlia, seppur menomata nel corpo, si era ristabilita. Quando don Oreste, anni dopo, le chiese quale fosse il nome che voleva mettere alla Casa Famiglia, Gianna non sapeva decidersi e un obiettore di coscienza, che conosceva la storia della sua malattia, suggerì di dedicarla proprio a Sant’Antonio. Gianna non era convinta. Prese il calendario per guardare il santo del giorno che, manco a dirlo, era proprio Sant’Antonio.
Sarà casuale che anche suo marito si chiami Antonio? Oggi in casa Gianna accoglie, con il marito Antonio 14 persone. Alcune sono in Casa da anni, uno di 75 anni, addirittura dal 1982. Ci sono persone invece che stanno poco tempo, finché hanno bisogno. Le accoglienze vengono, naturalmente, ponderate. Gianna e i responsabili della Comunità Papa Giovanni valutano se l’inserimento possa essere fatto senza problemi o meno.
“L’ultima arrivata in ordine di tempo – racconta Gianna – è una ragazza madre, che un pomeriggio poco prima di Natale ha suonato il campanello. Le età variano: una nonna di 95 anni, morta recentemente, fino a questa bambina di due anni e mezzo”.
Nessuno, al momento, sta entrando o uscendo dalla casa: “Con le accoglienze siamo arrivati al massimo della capienza della casa – spiega Gianna – e quando accogli qualcuno lo devi accompagnare, aiutare, seguire nel suo percorso”.
Una volta c’erano più aiuti: obiettori, persone comuni, che donavano il loro tempo per dare una mano.
“Oggi invece sono molti meno perché i giovani preferiscono andare in missione all’estero, fanno altre scelte”.
La casa è a Rimini, nel centro storico. Un centro città faticoso, dove è facile salutarsi, incontrare persone, ma difficile stringere amicizie vere. Nel frattempo la Casa Famiglia “Sant’Antonio” e i suoi abitanti sono diventati un punto di riferimento per la gente: qualcuno porta vestiti usati, cerca di rendersi disponibile.
L’unione di Gianna con Antonio è stata benedetta da due figlie naturali: la prima ha 22 anni, studia a Roma; la secondogenita ha 16 anni e fa il liceo. “Siamo stati fortunati – sorride Gianna – perché entrambe hanno sempre vissuto bene la vita in Casa Famiglia, anche ora che sono più grandi ci chiedono di fare testimonianza. Si danno molto da fare, e considerano una grande fortuna aver vissuto questa esperienza. Quando erano piccole, per loro la Casa Famiglia era l’unico modo di essere famiglia. Crescendo hanno capito che i loro amici non avevano la stessa famiglia e magari nemmeno la loro sensibilità. È proprio la normalità che voglio sottolineare. – continua la mamma della casa famiglia – Mi crea sofferenza quando vedo che alcune persone ci guardano come se fossimo un piccolo istituto, perché basta mettere insieme persone con disagio che subito si viene etichettati così. Lancio un messaggio: venite a trovarci e vedrete che non è così. Siamo una famiglia, forse un po’ particolare perché siamo in tanti, ma siamo una famiglia.
Sono felice che le mie figlie abbiano avuto la possibilità di crescere a fianco di persone in difficoltà, alla ricerca di riscatto. È stata una grande ricchezza, una scuola di libertà che ho cercato di insegnare loro“.
Le Case famiglia nel mondo
Oggi nel mondo le Case Famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII sono circa 300, mentre in Italia sono 251 (Case Famiglia e Famiglie Aperte). In Regione Emilia-Romagna le Case Famiglia sono 71 più 24 Famiglie Aperte, per complessive 95 realtà di accoglienza familiare. In provincia di Rimini le Case Famiglia sono complessivamente 37. Gli accolti sul nostro territorio sono 118 di cui 71 maggiorenni e 47 minorenni. Dei minorenni, 40 sono italiani e zingari, mentre 7 sono stranieri.
Per quanto concerne i disagi, sono state accolte per dipendenza 3 persone, per emarginazione generica 69, per handicap 40, per immigrazione 6. In Italia il riconoscimento istituzionale della Casa Famiglia varia da regione a regione: nel 1991 la Casa Famiglia è stata riconosciuta in Emilia-Romagna; nel 1993 in Piemonte; nel 1999 in Veneto; nel 2002 nelle Marche. Nel 2009, invece, in Toscana è iniziata la sperimentazione. La Casa Famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII, tecnicamente, è un presidio socio assistenziale, che va sotto il nome completo di “Casa famiglia multiutenza complementare”.