L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro


di Carlo Alberto Pari
L’ Editoriale della domenica
Il 28 aprile è stata la giornata mondiale per la Sicurezza e la Salute ed il 1 maggio, la festa del Lavoro e dei lavoratori, le cui radici risalgono alla rivoluzione industriale. Purtroppo, nel nostro Paese, da decenni, il lavoro viene sostanzialmente bistrattato. Intollerabile il numero dei morti (e dei feriti) per incidenti sul lavoro. Intollerabili buona parte delle retribuzioni, quelle che non consentono una vita dignitosa. Intollerabili i blocchi seppure parziali della perequazione sulle pensioni, che non permettono il recupero dell’inflazione, dopo svariati decenni di contribuzione. Intollerabili i numeri ed i livelli del precariato o la nuova formula attualmente tanto di moda: il part time “forzato”. Intollerabili le disuguaglianze tra le retribuzioni dei vertici e della base. Adriano Olivetti sosteneva sostanzialmente che nessun dirigente dovrebbe guadagnare più di dieci volte lo stipendio del più basso in grado. Oggi, cento volte non fanno neppure notizia, ed in alcuni casi, si può arrivare vicino alle mille. Basta parole, basta retorica banale e patetica, servono azioni e leggi, non contratti firmati anche sotto la soglia dell’inflazione, o accettazione del blocco della perequazione per fare cassa sui pensionati, per poi accertare tra qualche tempo che saranno in troppi sotto la soglia di povertà. Servono leggi che ripristino minimi ed anche massimi salariali, servono controlli continuativi ed a larga scala sulla sicurezza, da deputare auspicabilmente anche ai sindacati, perché non sono sufficienti gli uffici preposti. Cita l’art 35 della nostra amata Costituzione : “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni ”. Oltre 1.400 lavoratori morti all’anno, più di quattro al giorno, da circa quindici anni, ergo, da quando è stato istituito un Osservatorio sul fenomeno, che conteggia anche gli “irregolari”, quelli neppure assicurati. Cita l’art 36 “Il Lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionale alla quantità e qualità del suo lavoro ed in ogni caso sufficiente ad assicurare a se ed alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa“. I salari nel nostro Paese sono trai più bassi d’Europa. I salari reali sono mediamente inferiori al 2008. Circa il 10% dei lavoratori sono definiti poveri, anche se lavorano. Nel nostro Paese, circa 2 milioni di famiglie e oltre 5 milioni di persone sono in stato di povertà assoluta (2023). Inoltre, si stimano circa 3 milioni di precari. Al lettore l’analisi di ciò che accade, rispetto a ciò che la Costituzione indica. Concludo con due osservazioni, che sarebbero da valutare e considerare. La prima. Usualmente il lavoro, più e faticoso e rischioso, meno è pagato. La razionalità, se ancora esiste, porta a pensare che ciò non sia congruo ed accettabile. La seconda. Tutti i lavoratori sono “servitori dello Stato”, perché dedicano al lavoro il loro impegno e ciò che hanno di più prezioso nella vita : il tempo, con il fine di assolvere ai propri bisogni, ma anche per contribuire alle necessità della macchina statale. Morire cadendo da un’impalcatura o in un servizio allo Stato, non cambia la sostanza, tutti hanno la stessa dignità ed a tutti è dovuto lo stesso rispetto e gli stessi onori.