Le contraddizioni del Brasile e la visita del Papa per le GMG


Ci sono diversi modi di vivere una GMG (Giornata Mondiale della Gioventù). Ci si può accostare a questo evento con scetticismo, oppure con fiducia, curiosità, come occasione per fare nuovi incontri o come opportunità per approfondire la propria fede.
Quel che certo è che questa XXVIII Edizione dell’evento, nato per intuizione di Giovanni Paolo II nel 1985, ha avuto un significato particolare per il Paese che ha accolto circa 3.000.000 di giovani da tutto il mondo: il Brasile.
Il gigante latinoamericano vive infatti un momento di particolare complessità: da un lato segnali di speranza quali una crescita notevole del PIL che ha portato ad uscire dalla miseria negli ultimi anni 40.000.000 di cittadini, dall’altro ancora segni troppo forti di povertà e degrado di cui soprattutto i più giovani sembrano fare le spese (dal 1996 al 2010 quasi 2.000.000 di giovani brasiliani hanno trovato morte violenta)1 e non è un caso che negli ultimi mesi migliaia di giovani siano scesi in piazza per rivendicare maggiori opportunità e diritti.
Come scrisse Jorge Amado, uno dei principali interpreti della cultura e letteratura brasiliana, il Brasile è davvero la “somma meravigliosa di ogni possibile contraddizione”, un intreccio affascinante ma spesso anche drammatico di popoli, opportunità, culture. Un divario evidente che ho potuto toccare con mano visitando sia le grandi metropoli che le favelas che circondano le principali città del paese come una vera e propria “corona di spine”.
Un viaggio particolarmente impegnativo, dunque, il primo viaggio di Papa Francesco all’estero.
Il messaggio che il Papa ha lanciato ai milioni di giovani presenti a Rio de Janeiro è molto chiaro: uscire dalla “globalizzazione dell’indifferenza” (come aveva già predicato a Lampedusa) per ritrovare il senso vero della propria fede e del proprio agire nell’apertura all’altro, soprattutto a chi è più povero o in difficoltà.
Per Papa Francesco è chiaro che l’obiettivo della GMG non è che i giovani si stringano intorno al Papa, né che possiamo accontentarci di radunare un numero incredibile di persone e pensare che il nostro compito si riduca a questo, a una vuota autocelebrazione.
“È stato bello partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù, vivere la fede insieme a giovani provenienti dai quattro angoli della terra, ma ora tu devi andare e trasmettere questa esperienza agli altri” ha detto il Papa nell’Omelia della Messa che ha concluso l’evento nello spettacolare scenario della spiaggia di Copacabana. Tre parole-chiave intorno alle quali far ruotare l’impegno futuro della Chiesa e soprattutto dei più giovani: andare, senza paura, per servire.
“Uscire e andare”, ha ricordato il Papa anche nell’Angelus, e il suo esempio in questo senso è lampante perché prima ancora che per salutare le autorità il Papa si è recato in Brasile per incontrare la gente, a partire dai malati e dai tossicodipendenti di Rio dei Janeiro, dai poveri della favela di Varginha, da quella famiglia che ha commosso il mondo intero presentando al Papa la propria bimba anencefala.
Ma il Papa non si rivolge solo ai giovani e ai più poveri, chiama in causa la Chiesa stessa, scuotendola dall’interno come ci ha già diverse volte abituato in questi mesi e richiamandola a un impegno vero: “meno clericalismo, più tenerezza” è il messaggio che infatti ha voluto consegnare ai Vescovi dell’America Latina, perché la Chiesa deve rendersi protagonista innanzitutto di una “pastorale della vicinanza”, piuttosto che pensare di accontentarsi di un semplice e sterile proselitismo.
Se ai giovani dunque è richiesto un impegno alto e controcorrente, alla Chiesa e alla società stessa è richiesto oggi con sempre maggiore urgenze di credere in loro, di investire reali risorse per permettere alle nuove generazioni di abbandonare quel sentimento diffuso di scetticismo e paura e ritrovare speranza e fiducia nel futuro, quella speranza che in molte parti del mondo – per i motivi più diversi – spesso ai giovani è negata.
Il Papa ha mostrato invece di riporre totale fiducia nei giovani e la certezza che proprio dalle nuove generazioni debba partire la riedificazione di un mondo nuovo e migliore.
Per questo e per molto altro ancora, obrigado (grazie) Papa Francesco, e appuntamento a Cracovia nel 2016.
Silvia Sanchini
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