In famiglia fino ai trenta e passa. I dati riminesi


Dopo un lieve calo nel 2016 tornano a crescere i giovani tra i 18 e i 34 anni che vivono a casa con i genitori: nel 2017 erano il 66,4% del totale, 65,8% nel 2016. La media Ue è del 50%.
Se in Italia tra i 25 e i 34 anni vive con i genitori quasi un giovane su due, la percentuale è del 14,9% nel Regno Unito, del 13,5% in Francia e del 17,3% in Germania mentre nei paesi del Nord Europa si resta al di sotto o poco sopra il 10% . A lasciare con difficoltà la casa dei genitori sono soprattutto i giovani maschi: tra i 18 e i 34 anni i giovani italiani che dichiarano di vivere a casa con mamma sono il 72,7% del totale (56,2% in Europa a 28) contro il 59,8% delle femmine nella stessa fascia di età (43,5% in Europa).
Anche il Comune di Rimini diffonde i dati relativi al proprio territorio. Sono 12.977 i giovani riminesi, compresi tra i 18 e i 35 anni, che vivono ancora insieme ai propri genitori. Anche rimanere più a lungo nella famiglia di origine sono i maschi -7.070 – mentre le femmine si fermano a 5.907.
Questo è quanto emerge dall’ultimo report annuale demografico del Comune di Rimini, in cui sono indicati, suddivisi per classi di età, i cittadini che ancora vivono in famiglia.
FONTE: Report demografico Comune di Rimini
NOTA: L’ultima riga della tabella si riferisce al totale di tutte le classi di età. I totali parziali delle sole classi analizzate (da 18 a 39 anni) si trovano invece nei totali parziali nell’ultima colonna a sinistra
Se esteso anche ai quarantenni, una fascia di età che, anche se non considerabile più giovane da punto di vista anagrafico, condivide con questi più di una caratteristica socio-economica, il numero supera i 14 mila cittadini.
Pur tendendo naturalmente ad assottigliarsi al crescere delle fasce di età, le persone non autonome dal punto di vista abitativo rimangono ancora 1.871 allo scoccare dei trenta anni.
“Il dato riminese – commenta Gloria Lisi, assessore alla protezione sociale del Comune di Rimini – conferma un trend nazionale che pone alcuni interrogativi su cui è doveroso confrontarsi. Si, perchè sempre più, dietro queste permanenze in famiglia, si cela un disagio economico, una precarietà lavorativa che rende difficile, quando non impossibile, qualsiasi progetto di autonomia per i nostri giovani. Son i figli di una generazione ignorata, e non solo dalla politica. Esclusi o precari nel lavoro ma anche ‘invisibili’ per il sistema della protezione sociale del Paese. Ecco allora che l’unico sistema reale di protezione sociale rimane quello dei genitori o, in certi casi, addirittura dei nonni. Rimanere in famiglia allora, più che una scelta, rimane l’unica possibilità. Una risposta, anche questa volta, non può essere buttata solo sulle spalle degli enti locali ma, vista la portata nazionale di questi dati, deve essere finalmente affrontata a livello centrale, con una riforma dei servizi per l’impiego e del welfare in grado di sostenere con convinzione e mezzi le giovani coppie e l’autonomia di vita dei nostri ragazzi”