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Aeroporto. L’ex presidente Fabbri: il pubblico non ha cambiato marcia

di Redazione   
Tempo di lettura 4 min
Sab 19 Apr 2014 16:15 ~ ultimo agg. 17 Mag 05:41
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sfide che però il pubblico non ha saputo fronteggiare, disimpegnandosi anche al di là della situazione economica difficile.
Fabbri respinge le accuse di Santini che ha parlato di un pubblico che ha investito a vantaggio di pochi e si dice sicuro dell’onestà di Masini e Giorgetti: è giusto che chi ha sbagliato paghi ma la loro buona fede per Fabbri non è in discussione.

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L’intervento di Fabbri (dal blog “Due soldi di cacio”)

AEROPORTO, TROPPI SILENZI

Un po’ di chiarezza è necessaria a proposito di aeroporto. Troppa confusione da una parte e troppi silenzi dall’altra. Conosco la questione abbastanza bene perché per dieci anni (1999-2008) ne sono stato il primo responsabile. Ho concluso il mio ruolo con l’assemblea ordinaria dei soci di Aeradria del 12 maggio 2009 che ha approvato il bilancio consuntivo 2008. Quel giorno erano tre le cose messe in evidenza: l’importanza di avere e di mantenere il bilancio in pareggio; la soddisfazione per l’aumento significativo di voli e di passeggeri; il richiamo al CdA, da parte dei soci, di effettuare gli investimenti programmati solo se vi fossero state le risorse necessarie, e certe, per farli. Ciò è scritto.

Quel maggio 2009 l’aeroporto di Rimini stava viaggiando verso un traffico di 500mila passeggeri anno. Si era giunti a quel dato positivo, che toccò poi il record nel 2011, con oltre 900 mila passeggeri, dopo gli anni bui del decennio Novanta.
Quando arrivai in Provincia il nostro scalo era praticamente morto: aperto solo nell’estate per pochi voli charter. La situazione era insostenibile per un territorio come quello riminese impegnato ad essere competitivo in Italia e in Europa. Gli sforzi per destagionalizzare e per essere a tutti gli effetti una capitale dell’ospitalità, che si traducevano nella scelta strategica del governo locale di puntare su Congressi, Fiere, Eventi, nuova mobilità (TRC), rischiavano di essere zoppi se i collegamenti col mondo rimanevano così limitati. Se cioè non si era inseriti a pieno titolo nelle rete aeroportuale europea a partire dall’aggancio annuale con un hub come Roma.

Bisognava dunque cambiare marcia. Per capirci: gli Enti locali nel decennio (1995-2005) hanno messo a bilancio e investito per le infrastrutture superiori circa 500 milioni di euro (220 fiera, 160 palacongressi Rimini e Riccione, 100 TRC, 20 aeroporto). Scelte stragiuste, sottolineo, che sono tutte, anche oggi, dentro alle sfide del presente e del nostro futuro, per essere un territorio che guarda al mondo da protagonista, offrendo opportunità ai propri cittadine e alle imprese locali. Un territorio che deve e dovrà impegnarsi su obiettivi alti per non subire il declino che, purtroppo, il sistema Italia da troppo tempo sta registrando.

Qui sta il punto. Altroché, come ha scritto il dott. Renato Santini nella sua relazione sull’aeroporto per conto del tribunale, il pubblico ha investito “a vantaggio di pochi”. Ma stiamo scherzando? Se ci sono state leggerezze nelle gestione e comportamenti disinvolti è giusto che chi ha sbagliato paghi. Ma anche qui bisogna saper distinguere gli errori e le sottovalutazioni di chi era chiamato a gestire e la buona fede di fondo nel cercare di raggiungere obiettivi collettivi.
Conosco abbastanza bene Massimo Masini e Allessandro Giorgetti per essere sicuro della loro onestà. Su questo saranno i giudici a dire l’ultima parola.

Ciò che invece non deve sfuggire è la posta in palio per tutta la comunità riminese: far leva sulle proprie imprese, a partire da quelle turistiche, esaltando la funzione d’eccellenza che le infrastrutture strategiche realizzate offrono. Allora, smettiamola per piacere col ritornello: si privatizzi subito! E ancora: il pubblico esca dalle aziende dove detiene la maggioranza! E’ vero che sono anni di finanza pubblica depressa. Vale per tutti anche per lo Stato. Ma non per questo lo Stato italiano vende tout-court asset strategici come Enel, ENI, Rete Ferroviaria Italiana e altri ancora. Semmai, negli ultimi tempi, c’è stato un errore opposto a livello locale.
Quello di essersi disimpegnati come soci pubblici, lasciando troppo spazio ai tecnici e all’andamento generale. Avvallato dal silenzio di una classe dirigente, a partire dai partiti, ma non solo, che sembra aver smarrito la propria funzione giuda. Ognuno faccia la sua parte. E’ ora di guardare avanti e alzare la testa, se no l’orizzonte non si vede
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