Addio al Reddito di Cittadinanza, arriva l’Assegno di Inclusione


Con l’inizio del nuovo anno, è entrato in vigore l’Assegno di Inclusione (ADI) che ha mandato così definitivamente in pensione il Reddito di Cittadinanza. ADI fa seguito all’introduzione lo scorso settembre del Supporto per la Formazione e per il Lavoro (SFL) per le persone “occupabili” dai 18 ai 59 anni (indirizzati ai Centri per l’Impiego o ai soggetti accreditati ai servizi per il lavoro). Il comune di Rimini, che stima un lieve calo dei percettori rispetto ai 693 nuclei che beneficiavano del Reddito di Cittadinanza, prova a mettere in fila alcuni aspetti del nuovo strumento.
Adi è riconosciuto ai nuclei familiari con un Isee non superiore a 9.360 euro, che abbiano almeno un componente in una delle seguenti condizioni: con disabilità; minorenne; con almeno 60 anni di età; in condizione di svantaggio e inserito in un programma di cura e assistenza dei servizi sociosanitari territoriali certificato dalla pubblica amministrazione.
L’assegno viene erogato ogni mese attraverso la Carta di inclusione emessa da Poste Italiane, a differenza del SFL che prevede un trasferimento diretto via bonifico. L’importo massimo annuo è di 6.000 euro, che può aumentare in base alla composizione del nucleo familiare e alle necessità abitative. L’erogazione dipende dalla valutazione dei bisogni del nucleo familiare; decorre, a seguito della verifica dei requisiti, dal mese successivo alla sottoscrizione del Patto di attivazione digitale ed è condizionata dalla partecipazione a un percorso personalizzato di inclusione sociale e lavorativa. In fase di prima applicazione, per le sole domande complete della sottoscrizione del Patto e presentate entro gennaio 2024, la decorrenza del beneficio sarà riconosciuta dallo stesso mese di gennaio, ferma restando la necessità dell’esito positivo del controllo dei requisiti.
Dopo la presentazione della domanda, i componenti del nucleo familiare vengono convocati dai servizi sociali del proprio Comune, per un’analisi multidimensionale dei bisogni. A seguito della valutazione di ciascun singolo caso, i componenti del nucleo familiare possono essere avviati a percorsi di lavoro o formazione, oppure seguiti dai servizi sociali se considerati non attivabili.
Critico sulla nuova misura l’assessore alla protezione sociale del comune di Rimini, Kristian Gianfreda secondo cui il Governo sembra più motivato a risparmiare sulla spesa che a fornire un aiuto efficace. L’assessore evidenzia come siano “escluse dal sostegno alcune delle categorie più bisognose, come le madri con un’occupazione precaria, le famiglie a bassissimo reddito con figli maggiorenni studenti o 50enni disoccupati da tempo“. Per non parlare delle difficoltà legate all’attuale congiuntura economica. “Penso che sul piano concettuale – prosegue Gianfreda – sia opportuno riservare le politiche assistenziali alle categorie particolarmente fragili o impossibilitate a lavorare, orientandosi, contestualmente, sulla promozione delle politiche attive fornendo opportunità di formazione e l’incoraggiamento alla partecipazione al mercato del lavoro, combattendo di riflesso anche l’isolamento. Queste ultime rappresentano un asset strategico ed efficace per favorire l’inclusione sociale e professionale delle persone, offrendo una soluzione incentrata su un ‘protagonismo’ all’interno della vita di comunità e più sostenibile a lungo termine – aggiunge l’assessore –. Tuttavia, perseguire politiche attive è una direzione positiva, ma è bene che queste siano realmente funzionanti. Il fatto che, dallo scorso agosto ad oggi, non siano ancora partiti dappertutto i corsi propedeutici all’ottenimento al Sostegno Formazione e Lavoro rende vuote le promesse fatte. Insomma, la teoria poi, deve coincidere con la realtà, altrimenti l’esito finale è quello di lasciare sole e prive di sostegno tante famiglie, facendo cadere nel baratro della povertà sempre più persone e lasciando gli enti locali, di fatto, impotenti e con le mani legate”. “Solo attraverso un equilibrio tra politiche attive di inclusione e condizioni di lavoro adeguate possiamo costruire una società che promuova il benessere individuale e collettivo”, conclude Gianfreda.