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a processo per corruzione

Necrofori accusati di favorire il titolare di pompe funebri, tutti assolti

In foto: l'aula del Collegio del tribunale di Rimini (repertorio)
l'aula del Collegio del tribunale di Rimini (repertorio)
di Lamberto Abbati   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
mer 10 apr 2024 19:57 ~ ultimo agg. 11 apr 10:40
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Secondo l’accusa, suggerivano ai familiari dei morti il nome delle pompe funebri alle quali rivolgersi per l’ultimo viaggio del proprio caro. Due necrofori dell’Ausl Romagna, in servizio all’epoca dei fatti all’obitorio di Riccione, e il titolare di un’agenzia funebre, sono stati assolti nel tardo pomeriggio di oggi (mercoledì) dal tribunale collegiale di Rimini dai reati contestati “perché il fatto non sussiste” e “perché il fatto non costituisce reato”. L’imprenditore, un 52enne riccionese (difeso dagli avvocati Piero Venturi e Riccardo Belli) doveva rispondere di corruzione in concorso con uno dei necrofori, un 54enne originario del Torinese, difeso dall’avvocatessa Catia Gerboni. L’altro necroforo, un 72enne originario del Foggiano, difeso dall’avvocato Stefano Caroli, era imputato per abuso d’ufficio in concorso con l’imprenditore. La Procura aveva chiesto per il solo reato di corruzione una condanna a 4 anni e 6 mesi di reclusione.

Il dipendente ospedaliero sospettato di corruzione – stando all’impianto accusatorio – avrebbe intascato denaro e beni in natura (come ad esempio dei cappelletti fatti in casa) e avrebbe approfittato delle conoscenze dell’imprenditore per ottenere piccoli favori (il cambio di un telefono cellulare da parte di un negoziante). L’altro necroforo, invece, si sarebbe limitato in alcune occasioni a indicare ai familiari del defunto il nome della società di servizi funerari. Una pratica, quest’ultima, severamente vietata agli addetti alle camere mortuarie, che non sono tenuti a fornire indicazioni simili.

L’inchiesta partì dalla denuncia di un altro imprenditore del settore mortuario della zona (costituitosi parte civile nel processo tramite l’avvocato Giampaolo Colosimo), che aveva sospettato una possibile “alleanza” fra i due necrofori e il titolare di pompe funebri. I carabinieri di Riccione, durante le indagini svolte tra il 2015 e il 2017, raccolsero alcune testimonianze di familiari di persone decedute. Dalle intercettazioni telefoniche, poi, sarebbero emersi i “regali” che il titolare delle onoranze funebri riservava a uno solo dei dipendenti della camera mortuaria: dai cappelletti alle melanzane fresche dell’orto della madre. Gli investigatori in un primo momento avevano creduto fosse un linguaggio in codice, salvo poi appurare che si trattava veramente di pasta fatta in casa e ortaggi. In un caso l’imprenditore e il necroforo 54enne furono ripresi da una telecamera nascosta mentre sembrava si stessero scambiando qualcosa. Secondo i carabinieri era denaro, secondo la tesi difensiva neppure un euro fu mai passato di mano.

Gli imputati hanno sempre negato tutto e sostenuto fin dall’inizio si trattasse di un grosso equivoco, nato dall’amicizia che c’era tra loro anche fuori del lavoro. Ora, a certificare la loro innocenza, c’è anche la sentenza di primo grado del tribunale di Rimini.