Morto in mare risucchiato da un vortice, l’inchiesta ancora senza risposte


Com’è possibile annegare in mare con l’acqua alla vita? Se lo chiedono i famigliari di Leandro Moretti, il 69enne riminese morto il 24 giugno del 2020, nel tratto di mare antistante al Bagno 27 di Rimini, vicino al cantiere del Psbo. La Procura di Rimini all’epoca aprì un fascicolo contro ignoti che ipotizzava il reato di omicidio colposo, ma al momento non risultano persone iscritte nel registro degli indagati.
Ci sono diverse anomalie, però, sulla morte di Moretti, che l’avvocata Maria Rivieccio, che rappresenta la famiglia, ha messo nero su bianco in una corposa querela. Il 69enne, la mattina del 24 giugno, passeggiava insieme alla moglie. Lui in mare con l’acqua fino alla vita, lei sulla battigia. All’improvviso l’uomo da un metro d’acqua si è trovato a sprofondare, come se un vortice lo stesse risucchiando. Mentre annaspava ha chiesto più volte aiuto alla moglie. I bagnini di salvataggio si sono precipitati in mare, ma per l’uomo non c’è stato nulla da fare. Il decesso, ha stabilito il professor Guido Pelletti di Bologna, medico legale incaricato dalla Procura di effettuare l’autopsia, “è riconducibile ad asfissia meccanica violenta da annegamento”. Moretti, che era un nuotatore abile e in passato aveva anche salvato un ragazzo che stava annegando, non ha avuto un malore, come era stato ipotizzato da qualcuno in un primo momento. Il titolare dello stabilimento 27, Stefano Mazzotti, intervenuto in suo soccorso, aveva riscontrato in prima persona le difficoltà di riportarlo a riva a causa delle correnti molti forti che si erano create in quella zona.
Del resto, sempre in quella porzione d’acqua, i marinai di salvataggio, come risulta da un report inviato alla Capitaneria, avevano tratto in salvo il 17 giugno del 2019 ben 14 bagnanti (di età compresa tra i 9 e i 50 anni) in 7 ore. Altro dato allarmante: l’incidenza degli interventi in quella zona sarebbe stata superiore a tutte le medie degli interventi eseguiti sulla costa. Un’ordinanza comunale, che sarebbe stata emanata dopo la morte di Moretti e che l’avvocato Rivieccio ha allegato alla querela, aveva disposto il divieto di balneazione in corrispondenza dei Bagni 27, 28A e 28B, considerate “le variazioni irregolari del fondale a partire da 90 metri dalla riva verso l’esterno”. Molto prima della tragedia, invece, la Capitaneria di porto aveva emesso l’ordinanza numero 1 del 2020, che nell’area di sicurezza/cantiere vietava dal 2 gennaio al 31 agosto 2020 la balneazione, la navigazione l’ancoraggio e la pesca. Disponeva, inoltre, all’impresa esecutrice dei lavori per la posa delle condotte sottomarine a servizio delle vasche di laminazione, di “posizionare idonea segnaletica diurna e notturna per delimitare la zona di mare interessata dai lavori”. La ditta, infine, doveva “effettuare un servizio di vigilanza per segnalare a tutte le persone la presenza dell’area interdetta e dei lavori in corso”.
Stando alle indagini svolte sempre dall’avvocato Rivieccio, però, il giorno della morte del signor Leandro non c’erano né cartelli di divieto di balneazione né transenne a delimitare l’area. L’ipotesi dei familiari è che la morte di Moretti potesse essere in qualche modo evitata se fossero state adottate tutte le cautele previste. Resta poi un ulteriore interrogativo a cui la Procura non ha ancora dato una risposta: è possibile che il vortice che si sarebbe creato in quel tratto di mare fosse una conseguenza indiretta dei lavori connessi alla posa delle condotte sottomarine del Psbo? A distanza di tre anni e mezzo dalla tragedia, i figli e la moglie dell’ex istruttore dei macchinisti delle ferrovie non demordono e restano in attesa di risposte.