Netflix non diffamò Muccioli nella serie "SanPa", chiesta l'archiviazione

Il pubblico ministero riminese, Davide Ercolani, ha presentato richiesta di archiviazione per l’accusa di diffamazione aggravata nei confronti della serie tv di Netflix ‘SanPa’, trasmessa dalla piattaforma online alla fine del 2020. La serie, per la Procura di Rimini, “ha dimostrato la volontà di dare una lettura oggettiva degli eventi”. La Comunità aveva messo sotto accusa in particolare la trattazione di temi come la presunta morte per Aids e le ipotizzate omosessualità e misoginia di Vincenzo Muccioli, fondatore di San Patrignano.
La querela era stata avanzata dall’avvocato Alessandro Catrani per conto di Giacomo e Andrea Muccioli, figli di Vincenzo Muccioli e Maria Antonietta Cappelli. Nel mirino della famiglia Muccioli erano finiti non solo Netflix, ma anche la società di distribuzione ‘Quarantadue’ e una decina di indagati che a vario titolo hanno lavorato a produzione, montaggio, regia, scrittura e sviluppo della docu-serie.
Secondo il pm, “deve escludersi la responsabilità in capo agli indagati, poiché la narrazione dei fatti è avvenuta con modalità e forme rispettose delle varie tesi, senza che vi sia una adesione ad una versione piuttosto che un’altra. Del resto – conclude il pubblico ministero Ercolani – le eventuali interviste di terze persone che integrino una lesione alla reputazione del personaggio interessato, ben possono comportare una responsabilità penale e/o civile del dichiarante, ben distinto da quello di cronaca invocato dal giornalista, dal produttore o dal regista”.
L’altro aspetto messo in evidenza dalla Procura è quello secondo cui “non esiste una verità acclarata ma diverse versioni oggetto di discussione nell’opinione pubblica. Pertanto, quanto riportato da Netflix, costituisce e ha costituito oggetto di dibattito e di interesse pubblico. In conclusione, deve ritenersi che la condotta degli indagati sia espressione del diritto di cronaca e come tale scriminata”.
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