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indagate due ostetriche

Tragedia dopo il parto in casa, i familiari: "Venga fatta luce"

In foto: l'ingresso del tribunale di Rimini
l'ingresso del tribunale di Rimini
di Lamberto Abbati   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
sab 4 feb 2023 16:43 ~ ultimo agg. 5 feb 16:31
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Il corpicino di Alessandro è stato seppellito pochi giorni fa dopo il nullaosta della Procura di Rimini. A distanza di tre mesi dalla tragedia i genitori, una coppia del Riminese, 34 anni lei, 40 lui, pretendono venga fatta luce sulla morte del loro neonato, arrivato all’ospedale Infermi di Rimini, la mattina del 5 novembre 2022, praticamente senza vita dopo un travagliato parto in casa che era stato preventivamente autorizzato dall’Ausl perché considerato a “basso rischio”.

Le due ostetriche, una 45enne di Faenza e una 27enne di Rimini, professioniste private, specializzate nel far nascere i bambini in casa, sono finite nel registro degli indagati, come atto dovuto, con l’ipotesi di omicidio colposo. Il pm titolare del fascicolo, Annadomenica Gallucci, resta in attesa dell’esito dell’autopsia effettuata dall’anatomopatologa Arianna Giorgetti dell’istituto di medicina legale di Bologna. Nel frattempo, però, i genitori di Alessandro hanno incaricato l’avvocato Piero Venturi di presentare una querela nei confronti delle due ostetriche. Querela che è stata depositata questa mattina ai carabinieri e nella quale si ipotizzano i reati di lesioni colpose e falso ideologico in atto pubblico, oltre a quello di omicidio colposo.

L’avvocato Piero Venturi

Dopo circa 30 ore di travaglio e svariati tentativi non andati a buon fine di far venire alla luce Alessandro, nonostante le docce e i bagni in acqua calda, gli esercizi di squat e i saliscendi di scale consigliati dalle due ostetriche, alle 6.30 del 5 novembre sarebbero state proprio loro a decidere che era giunto il momento di recarsi in ospedale. Non in ambulanza, come – secondo il legale della coppia – prevedrebbero i protocolli, ma con l’auto del marito della partoriente.

La donna, che avvertiva dolori lancinanti, fu accolta dai sanitari del pronto soccorso ostetrico di Rimini. Le fu eseguito un tampone per l’accertamento del Covid (esito negativo), poi furono effettuati alcuni prelievi e fu misurato in maniera molto rapida il battito del piccolo Alessandro, che c’era ancora. Invece, dopo poco, una volta arrivata la ginecologa per effettuare la visita, non appena poggiata la sonda dell’ecografo sulla pancia della mamma, ecco la terribile notizia: “Mi spiace, ma non c’è battito”. Intorno alle 6.30 fu decretato il decesso di Alessandro, che verrà alla luce, senza vita, con il cordone ombelicale attorcigliato al collo.

Secondo il consulente tecnico della coppia, l’anatomopatologo Pier Paolo Balli, la morte del neonato andrebbe invece ricondotta all’eccessivo dilungarsi del periodo espulsivo del feto, che avrebbe causato un “soffocamento da atelettasia polmonare”. Scartata dal perito di parte l’ipotesi che i due giri di cordone ombelicale – descritti come non costringenti – possano aver avuto rilevanza sul soffocamento. “Ci si deve domandare se un arrivo in ospedale più tempestivo avrebbe portato a un esito diverso”, precisa l’avvocato Venturi, che nella denuncia sporta ha evidenziato anche “importanti discrasie tra la cartella ostetrica in cui erano state iscritte tutte le operazioni compiute nel corso del travaglio (cartella dimenticata a casa della coppia, ndr) e quella compilata sul momento in ospedale”.

Diversa la versione fornita dalle due ostetriche, che attraverso i loro legali Martina Montanari e Chiara Baiocchi, continuano a ribadire non solo di aver agito rispettando le procedure, ma che non c’era nulla che potesse far ipotizzare una situazione di emergenza tale da richiedere un trasporto immediato in pronto soccorso.

Per l’avvocato dei coniugi, però, “va fatta luce su quanto accaduto, sia perché se dovessero essere confermate le accuse le ostetriche vengano sospese dalla loro attività, sia perché la famiglia ha il diritto di conoscere con certezza quali siano state le cause del decesso del piccolo Alessandro. Ho il timore – conclude Venturi – che attorno a questa vicenda si scontrino due filosofie: da un lato il mondo della medicina tradizionale, dall’altro quello sfuggente e impalpabile della medicina cosiddetta alternativa. Scontro che certamente si è acuito dopo la pandemia”.

Quando il caso delle due ostetriche private è balzato alle cronache anche Charlotte Lazzari, moglie del ballerino Kledi Kadiu, influencer e mamma di due bimbi, si è messa in contatto con l’avvocato Venturi per raccontare l’esperienza non felice avuta a suo tempo con le due professioniste.