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lettera all'inzio del nuovo anno

Il Vescovo agli studenti: a scuola per imparare a conoscere e amare

In foto: il vescovo Lambiasi
il vescovo Lambiasi
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
mer 14 set 2022 23:22 ~ ultimo agg. 16 set 07:20
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A poche ore dal suono della prima campanella per migliaia di studenti riminesi il Vescovo di Rimini Monsignor Francesco Lambiasi rivolge un pensiero particolare a tutti loro, in un appuntamento tradizionale che il pastore ha particolarmente a cuore. Tra l’altro proprio come domani, 15 settembre, anche per lui nel 2007 fu “un nuovo inizio”: fece infatti il suo ingresso nella Diocesi di Rimini, di cui era stato chiamato ad essere pastore.

Il vescovo più che soffermarsi sui problemi e i ritardi che affliggono il sistema scolastico (che sono evidenti e vanno risolti), così come le situazioni sfidanti che la situazione mondiale propone, ritiene che la prima campanella sia un’occasione propizia. Quasi un rito, l’ingresso in un tempo nuovo, “un passaggio di vita che non riguarda solo le singole persone, ma l’intera società. E sappiamo di quanto ci sia bisogno di un’attenzione e un’assunzione di responsabilità collettiva nei confronti dell’educazione e della scuola”.
Nella Lettera agli studenti 2022, diffusa anche attraverso i social, il Vescovo Francesco si rivolge direttamente agli studenti ma anche agli adulti.
La scuola si misura solo e soltanto in termini di risultati “impressi” sulle pagelle? I risultati apprezzabili sono importanti, testimoniano un percorso, ma non bastano: occorre anche crescere interiormente e più capaci di fare scelte responsabili e mettere in gioco i talenti che ciascuno possiede per un bene più grande.
Imparare a conoscere e imparare ad amare: a questo serve la scuola. – conclude il Vescovo – Una bella coppia di verbi, tutt’altro che estranei l’uno all’altro, per chi si appresta a tornare sui banchi”.

Il Vescovo chiude la lettera con un auspicio. “Serve anche lo slancio a non restare fermi, bensì uscire da sé stessi e rischiare un incontro nuovo, che ci cambia. Se lo volete, potete vivere lo studio come un simile viaggio, dentro e fuori di voi.”

La lettera in integrale

“Carissimi tutti,

anche quest’anno la campanella che annuncia la ripresa delle lezioni squilla in un tempo carico di interrogativi e inquietudini. Le vostre aule non sono certo luoghi impermeabili agli eventi che interessano l’Italia, l’Europa e il resto del mondo, così come la vera cultura non si limita allo studio del passato, ma è dialogo fra il passato e il presente, e fra il presente e il futuro.
L’esperienza della pandemia ha mostrato che si chiede molto alla scuola, ma ha anche rivelato le immense risorse presenti al suo interno e il suo essere un laboratorio di futuro, di relazioni buone, di comunità. Lo stesso può e deve avvenire davanti agli scenari di distruzione e di morte che continuano ad arrivare dall’Ucraina e da tanti angoli del pianeta, immagini a cui non possiamo fare l’abitudine o lasciare che svaniscano nel flusso scomposto degli algoritmi che governano i social. Le scuole riaprono soprattutto per questo, per coltivare l’unica intelligenza degna di questo nome, quella umana.

Mi è capitato spesso di sentir definire l’avvio dell’anno scolastico come un “rito”. In qualche modo lo è davvero, specie nella misura in cui segna uno spartiacque, l’ingresso in un tempo nuovo, un passaggio di vita che non riguarda solo le singole persone, ma l’intera società. E sappiamo di quanto ci sia bisogno di un’attenzione e un’assunzione di responsabilità collettiva nei confronti dell’educazione e della scuola. Ce lo ricorda a più riprese anche Papa Francesco, con la sua proposta di un “patto educativo globale” che porti a “formare persone mature, capaci di superare frammentazioni e contrapposizioni e ricostruire il tessuto di relazioni per un’umanità più fraterna”.

Se, fra nove mesi, avrete magari ottime pagelle e risultati apprezzabili, ma non sarete anche cresciuti interiormente e un po’ più capaci di fare scelte responsabili e mettere in gioco i vostri talenti per un bene più grande, potrete dire di aver concluso con successo il nuovo anno scolastico? O ancora – dico agli adulti attingendo ancora alle parole del Papa – “se gli spazi educativi si conformano oggi alla logica della sostituzione e della ripetizione e sono incapaci di generare e mostrare nuovi orizzonti, in cui l’ospitalità, la solidarietà intergenerazionale e il valore della trascendenza fondino una nuova cultura, non staremo mancando all’appuntamento con questo momento storico?”.

Imparare a conoscere e imparare ad amare: a questo serve la scuola. Conoscere ed amare: mi sembra una bella coppia di verbi, tutt’altro che estranei l’uno all’altro, per chi si appresta a tornare sui banchi. A scuola ricevete numerosi stimoli a “far entrare” nella vostra mente concetti, formule, insegnamenti. Ma non basta per crescere. Serve anche lo slancio a non restare fermi, bensì uscire da sé stessi e rischiare un incontro nuovo, che ci cambia. Se lo volete, potete vivere lo studio come un simile viaggio, dentro e fuori di voi.

Mentre riprendete in mano libri e quaderni, con il pensiero ai vecchi e nuovi compagni, ai prof e alle materie che incontrerete, vi affido anch’io un compito, che è soprattutto un credito di fiducia e un augurio: grazie anche all’esperienza scolastica, possiate crescere nella conoscenza e nell’amore. E, forti di entrambi, possiate anche cambiare un po’ questa nostra città e questo nostro mondo, così sfidanti ma anche così tanto belli!

         Vi auguro di farci vedere tutta la vostra grinta e vi saluto con stima e simpatia”