Incidente mortale alla rotonda della Marecchiese, assolto automobilista

“Assolto perché il fatto non costituisce reato”. Ha potuto tirare un sospiro di sollievo, questa mattina, il 60enne di Savignano sul Rubicone che il 30 agosto del 2019 investì a Rimini un 80enne riminese in bicicletta, Terzo Manuzzi, deceduto cinque giorni più tardi all’ospedale Bufalini di Cesena, dove era arrivato in gravissime condizioni. L’automobilista, di professione rappresentante, era accusato di omicidio stradale. Questa mattina, però, il giudice del tribunale di Rimini, un po’ a sorpresa, non lo ha ritenuto responsabile per la morte dell’80enne.
L’incidente era avvenuto verso mezzogiorno e mezza, all’interno della rotonda tra la Marecchiese e il cavalcavia dell’Adriatica. Secondo la ricostruzione fatta dagli agenti della polizia Stradale di Rimini, Manuzzi, che viveva poco lontano da lì, era in sella alla sua bicicletta e si trovava proprio all’interno della rotaroria quando sopraggiunse la Opel Astra condotta dall’indagato, che si era immessa all’interno. L’auto urtò con la fiancata la bicicletta, e anche se il colpo non fu particolarmente violento, il ciclista cadde a terra sbattendo la testa sull’asfalto. L’ambulanza del 118 e la Polstrada furono costrette a farsi largo tra una marea di macchine per via del traffico andato in tilt. Le condizioni di Manuzzi apparvero fin da subito molto serie, anche se in un primo momento non fu giudicato in pericolo di vita. I soccorritori decisero comunque di trasferirlo in elisoccorso al Bufalini di Cesena, dove fu ricoverato nel reparto di Neurochirurgia. Quella notte però le sue condizioni si aggravarono improvvisamente e qualche giorno dopo i medici ne constatarono la morte.
Il conducente della Opel, che risultò negativo sia all’alcol test sia al droga test, finì a processo per omicidio stradale. Il suo difensore, l’avvocato Paola Mengozzi del Foro di Forlì, è riuscita a dimostrare che il rappresentante, in quel punto, aveva la visuale ostruita dall’alta siepe che arredava la rotatoria. Per questo motivo fu costretto ad avanzare lentamente per poi immettersi nella rotonda e fu allora che avvenne l’impatto con Manuzzi. La bici dell’uomo entrò in collisione con la fiancata della Opel Astra senza che il conducente avesse un minimo margine di manovra per evitare l’impatto. A sostegno della tesi difensiva anche il prezioso racconto di un testimone. L’uomo, infatti, confermò che la siepe ostruiva la visuale dell’indagato, che a suo dire non avrebbe potuto in nessun modo vedere l’arrivo del ciclista. Siepe che dopo quell’incidente sarebbe stata potata e abbassata.
Per conoscere però le motivazioni esatte della sentenza, che inevitabilmente farà discutere, bisognerà attendere 90 giorni.