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sabato 11 maggio 2024
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Calcio Serie D

"Non è un caso". Il commento di Francesco Pancari a Forlì-Rimini 0-1

In foto: L'urlo di Carboni dopo il gol che decide il derby del "Morgagni"
L'urlo di Carboni dopo il gol che decide il derby del
di Icaro Sport   
Tempo di lettura lettura: 4 minuti
gio 7 ott 2021 15:29 ~ ultimo agg. 8 ott 13:50
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Raccontare il derby vinto mercoledì pomeriggio dal Rimini in casa del Forlì è cosa piuttosto breve: partita equilibrata con i ragazzi di mister Gaburro che hanno ben sfruttato una delle rare occasioni gol della partita. Novantesimo. Fine (vedi notizia).

Nelle dichiarazioni post partita, come sempre capita, abbiamo poi ritrovato la gioia dei vincitori e l’amarezza dei vinti, abbiamo trovato le letture della gara con le emozioni che precedono sempre le giuste riflessioni. E poi c’è il resto, soprattutto il resto. Perché di storie così, di partite così, se ne trovano tante altre, però vedete il problema è prendere o fare il gol che decide la gara. Si torna sempre, lì alla ciccia.

Qualcuno racconterà dell’episodio che sposta l’equilibrio come un caso, come fosse frutto di qualche gioco tra l’astrale, il magico e il religioso ma non è così. Il ruolo del caso è marginale vedrete.

Il Rimini è partito soffrendo perché il Forlì nei primi 15′ l’ha messo alla frusta, non ha permesso ai ragazzi di Gaburro di sviluppare la partita che avrebbero voluto, ma se a Bagnolo questo smarrimento rispetto al canovaccio è durato circa un’ora, a Forlì i biancorossi hanno capito in fretta, dopo un quarto si sono adattati, modellati alla gara, comprendendo che il menù sarebbe stato da osteria piuttosto che da ristorante gourmet. E allora è stata battaglia, specie su quelle seconde palle che avevano pesato nell’avvio di gara. In campo si è vista la faccia solida del Rimini, quella che ha imparato dagli errori di Bagnolo e ne ha fatto tesoro.

Qualcuno dice che bisogna saper perdere, ma la verità è che bisogna saper vincere. Non è un semplice salto, un cambio del punto di vista, è un cambio di direzione, di testa e di cuore. E qui bisogna fermarsi. Prendere tempo, ragionare, prima di arrivare alla ciccia.

Il Rimini di queste prime quattro partite è cambiato pochissimo nell’undici di partenza, poche cose, dettagli. Mister Gaburro ha un’idea di calcio chiara e la sta traslando da sé agli altri con la giusta lentezza, con i giusti tempi del calcio, sfruttando le doti e le caratteristiche dei suoi alla ricerca di un’identità calcistica che si sta poggiando su basi pensate già prima, in fase di costruzione della squadra.

In porta c’è l’under e questo facilita di molto la gestione dei più giovani che non sono mai forzati in campo, soprattutto nei cambi, giovani che hanno maggiore possibilità di continuità di crescita nel proprio ruolo, nel perimetro meglio conosciuto. Difesa e centrocampo hanno perni fissi, poi durante la gara i cambi puntellano, migliorano lo status del momento, della gara in corso: lo rendono più solido, più fresco, più o meno offensivo, consentono cambi di assetto. In attacco Gabbianelli delizia la D con le sue giocate fuori dagli schemi, fuori dallo schema, inconsapevole forse di quanto potrebbe essere migliore se solo riuscisse a unire di più e per più tempo la classe al servizio del concreto. Ci sono le qualità di Piscitella e Ferrara che si alternano in modo efficace cambiando, indirizzando le partite, così come le caratteristiche dei 9 chiamati a compiti diversi sia tattici, sia tecnici, sia emotivi.

E qui c’è il tassello, il pezzo del puzzle che non può mai mancare, il riferimento, la certezza, il perno, l’esempio. La leadership in campo e nello spogliatoio del Rimini si avverte, si respira è diffusa, la sensazione netta è che non sia singola e questo è sicuramente un bene tuttavia Domenico Germinale è come se la raccogliesse, come se dopo aver assorbito anche quella dei compagni la gestisse. Guardatemi perché sono quello giusto, seguitemi perché vi porterò dove è giusto che vi porti. Come in una nave che dovrà attraversare mari difficili, come nel tunnel che porta dagli spogliatoi al campo di calcio. E questo serve, collega all’orgoglio della responsabilità maturato nella sensazione piacevole di chi ha prima il senso della collettività, pur essendo una personalità decisa e quindi un’individualità.

Nel Rimini al momento ci sono ruoli, compiti, posizioni, maglie definite, lo stesso vale per i cambi sia tecnici, sia di temperamento, e questa generosità calcistica, che pone il gruppo davanti a tutto come fosse una metacultura pallonara, arriva da lì dentro, dallo spogliatoio. In questi giorni si parla di sistemi complessi e il neo Nobel per la fisica Giorgio Parisi per spiegare cosa siano, ha semplicemente detto: “Avete presente un cane? Lo si può descrivere da fuori, poi però c’è tutta la parte interna, le cellule, gli ormoni, ci sono le relazioni affettive con il padrone, con gli altri animali e tutto questo è un sistema complesso”. Ecco, lo spogliatoio è un sistema complesso e le interazioni che vi si sviluppano arrivano in campo e sono determinanti.

Adesso è ora di tornare alla ciccia. Il gol. Il difensore biancorosso Lo Duca, un 2003 da ultimo uomo, sbaglia un controllo perdendo una palla che potrebbe essere sanguinosissima e viene braccato da due avversari, poi la riprende, ma è quello che fa poi che va compreso, perché dopo uno spavento del genere invece di calciare la palla il più lontano possibile, alza la testa, supera un paio di avversari, la sposta lucidamente a destra a Greselin che di prima, come sapesse di trovare il compagno sul versante opposto, cambia gioco su Ferrara che di prima al volo, con un gesto tecnico da categoria superiore, serve sul secondo palo Carboni, un difensore centrale, che di testa segna. È un gol bellissimo.

Non è un semplice gol ma uno che spiega. Dice che il giovane under (che alla fine dell’azione ritroviamo in area) è sereno, sente la fiducia del mister e dei compagni e quindi esprime il meglio, dice che Greselin conosce prima cosa troverà nel cambio di gioco, dice che Ferrara ha qualità, coraggio e consapevolezza di poter fare la differenza anche entrando dalla panchina, dice che Carboni è rimasto alto perché aveva fiducia nell’azione dei compagni. No, questo gol non è frutto del caso. Il caso va bene quando comperi un Gratta e Vinci, non per il calcio, un episodio decisivo nel pallone ha spesso una spiegazione, mescola cose che apparentemente non c’entrano col pallone ma che invece insegnano a saper vincere.

Ma certo, siamo semplicemente alla quarta giornata, la strada è lunga, sono sensazioni, risparmiamoci però tutte legittime cautele del caso, prendiamoci il momento e quello che un caso non è.

Francesco Pancari