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Ma le vittime non denunciano

Camorra in Riviera. Fermati dai Carabinieri due clan in guerra

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 4 minuti
ven 11 ott 2019 08:57 ~ ultimo agg. 12 ott 19:07
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E’ stata denominata “Operazione Hammer”, perché per far capire al rivale chi comandava a Rimini i “picchiatori” non esitavano a colpirlo pure con un martello, tanto che qualcuno rischia la funzionalità delle dita. E’ scattata all’alba una vasta operazione antimafia condotta dal Comando Provinciale Carabinieri di Rimini per disarticolare due pericolosi sodalizi camorristici in guerra per il controllo del territorio. Un’indagine cominciata nell’autunno 2018 e conclusa in tempi serrati, per evitare il rischio che si arrivasse al regolamento di conti con le armi di cui i soggetti disponevano. E con le quali giravano nel timore di agguati.
E’ stata data esecuzione ad una ordinanza applicativa di misure cautelari, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna su richiesta della locale Procura distrettuale Antimafia, nei confronti di dieci soggetti indagati per associazione per delinquere di stampo camorristico.  Sette, quelli per i quali è stata disposta la custodia cautelare in carcere,  appartengono a un clan che il 31enne Ciro Contini, nipote del boss napoletano Eduardo Contini, ha messo in piedi nel riminese per spodestare un altro clan di campani già attivo, guidato da Massimiliano Romaniello, del quale fanno parte le altre tre persone ai domiciliari.
È stato appurato che i sodalizi erano dediti ad estorsioni, rapine, sequestri di persona, detenzione e porto abusivo di armi, intestazione fittizia di beni ed impiego di denaro di provenienza illecita, nonché a lesioni personali aggravate nei confronti di quei soggetti che non si attenevano alle richieste illecite imposte dai gruppi criminali.
E’ stato disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, di due società, di un autonoleggio – il Viserba Rent (con un’insegna che spiegava come non fosse necessaria la carta di credito)- attività che serviva al gruppo di Contini per nascondere capitali e riciclare denaro, nonché di conti correnti riconducibili alle attività illecite dei sodalizi per un valore complessivo in corso di quantificazione, stimabile in mezzo milione di euro circa.
Nell’operazione sono stati impiegati 150 carabinieri, unità cinofile, un velivolo del nucleo elicotteri carabinieri di Forlì, coadiuvati dai Comandi Provinciali di Prato, Latina, Caserta e Napoli.

L’indagine è partita circa un anno fa dal pestaggio di un pregiudicato campano, Rosario “zio Pio” De Sisto  da tempo attivo nel riminese e coinvolto in altre inchieste, legato e portato in un capannone per essere picchiato brutalmente: doveva consegnare 30.000 euro, una sorta di “compensazione” per gli illeciti guadagni conseguiti negli anni. Attribuì il pestaggio a dei magrebini ma gli inquirenti si sono mossi subito per capire cosa c’era dietro. Uno scontro che stava diventando scomodo anche per la stessa camorra campana. Sulle attività del gruppo emergente la “vecchia guardia” aveva interessato clan come i Nuvoletta e i Mazzarella. Inizialmente c’erano anche camorristi che si erano detti pronti a partire armati per Rimini per sistemare la situazione. Poi è stata intercettata una riunione in una masseria a Napoli tra diversi gruppi camorristici sulla situazione riminese, nata in particolare dalle relazioni diplomatiche di De Sisto, dalla quale è emersa la volontà condivisa di dare comunque una regolata allo scenario riminese. E dove lo stesso clan storico dei Contini è sembrato prendere le distanze dall’attività di Ciro a Rimini, sempre più cane sciolto.

Diverse le vicende inquietanti e a volte paradossali che emergono dalle indagini, a partire da quella del titolare di una ditta di autotrasporti che dal 2016 al 2018 era stato vittima di estorsione da parte del primo clan. Poi l’impreditore si è rivolto al nuovo clan di Contini per ottenere protezione: un “passaggio di competenze” sottolineato con un violento pestaggio nei confronti di un membro del clan di Romaniello. Come reazione, Antonino Di Dato del clan di Romaniello era andato sotto casa dell’imprenditore per sparare alcuni colpi intimidatori: ma l’imprenditore era assente e aveva sparato al suv sbagliato, quello di un inconsapevole coinquilino. Dalla riunione dei clan a Napoli era poi emerso che l’estorsione doveva tornare in capo al primo gruppo.

Ciro Contini si trovava già in carcere da alcuni mesi ma pretendeva di mantenere il controllo finanziario delle sue attività. Lo faceva tramite gli incontri coi familiari ma anche con telefonini clandestini. C’era il progetto di recapitargliene uno con un drone in un carcere dal quale però è stato nel frattempo trasferito.

L’intervista al procuratore della DDA Amato:

Ritenendo preminenti le finalità investigative rispetto al diritto di privacy degli indagati, gli inquirenti hanno diffuso nomi e foto dei soggetti colpiti da misure cautelari, per favorirne il riconoscimento da parte di eventuali vittime di attività estorsive con l’invito a sporgere denuncia e fornire ulteriori elementi utili alle indagini. L’indagine è partita da intuizioni dei Carabinieri e del Sostituto Procuratore Marino Cerioni (nel frattempo passato ad altra sede), ha sottolineato in conferenza stampa il procuratore capo della Dda di Bologna Giuseppe Amato presente insieme alla collega riminese Elisabetta Melotti, non da segnalazioni da parte delle vittime che sono invece fondamentali. L’imprenditore vittima di estorsioni non ha mai denunciato niente.
La misura cautelare della custodia cautelare in carcere è stata eseguita nei confronti di: Contini Ciro, Acampa Antonio, Savorra Armando, Nicolì Cosimo, Palumbo Pasquale, Rivieccio Fabio, Capasso Francesco.
La misura cautelare degli arresti domiciliari è stata eseguita nei confronti di: Romaniello Massimiliano, Ripoli Giuseppe e Di Dato Antonino.