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Send H@ate Away

Hate speech: progetto concluso. Italia rappresentata da Caritas Rimini

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 4 minuti
mer 30 ott 2019 11:56 ~ ultimo agg. 4 nov 17:41
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Da pochi giorni si è concluso il progetto europeo SEND H@TE AWAY, avviato nel mese di Aprile 2018 e finanziato all’interno del programma Erasmus Plus Strategic Partnership. Negli anni recenti, infatti, la c.d. “ crisi dei rifugiati” ha aggravato il problema della discriminazione e dell’intolleranza verso le minoranze, diffondendo ad ampio raggio il fenomeno dell’hate speech, soprattutto online. Il corrispettivo termine italiano di hate speech è “ discorsi d’odio” e comprende al suo interno tutte quelle parole che esprimono odio e intolleranza verso un gruppo o minoranza.

Viviamo in una società dove ormai sono diffusi stereotipi e discorsi d’odio basati sulla differenza di etnia, colore della pelle, origine. E ancora più allarmante è il fatto che non si tratti solamente di mere “espressioni d’odio” ma spesso (e purtroppo) l’odio sfocia in abusi, insulti e, talvolta, violenze fisiche. E i social networks, offrendo a tutti la massima libertà di espressione, hanno dato maggiore visibilità ai discorsi d’odio rivolti ai migranti, rifugiati e minoranze.

A fronte di questi dati, l’obiettivo principale del progetto europeo è stato quello di scambiare buone pratiche sul problema dell’hate speech on line e diffondere nuovi strumenti, allo scopo di prevenire e controllare comportamenti aggressivi contro migranti e rifugiati.

L’Italia è stata rappresentata da Caritas Rimini odv, associazione attiva da ormai da svariati anni sul territorio riminese sui temi dell’immigrazione, antidiscriminazione e della gioventù.

E proprio i giovani sono stati al centro dell’analisi e ricerca condotta dall’Associazione riminese.

L’équipe di Caritas Rimini composta da Viola, Antonella, Sabrina, Alessia, Gabriele, Emanuela, Enrico ed Edlira, tutti operatori che quotidianamente operano a fianco di rifugiati e richiedenti asilo, si è occupata innanzitutto di rilevare la percentuale di tempo di utilizzo dei social networks da parte dei giovani (analisi effettuata su un campione di 50 ragazzi compresi tra i 18 e 30 anni) e di raccogliere le loro proposte al fine di contrastare il fenomeno. Da questa analisi è emersa una forte richiesta da parte dei giovani di continuare ad essere informati (e informare) sul fenomeno, di denunciare a gran voce casi di incitazione all’odio in tutte le sue forme, e infine quello di mostrare atteggiamenti di confronto e di non violenza come modalità di reazione.

Sensibilizzazione, informazione e confronto è quello che i nostri giovani ci chiedono!

Il lavoro degli operatori dell’Associazione è poi continuato nelle scuole attraverso l’utilizzo della piattaforma Kahoot per l’elaborazione di un questionario in lingua inglese (in quanto non esiste ancora la piattaforma in lingua italiana) che ha permesso il coinvolgimento attivo dei giovani nello studio del fenomeno attraverso un’educazione interculturale, sollecitando il loro ragionamento e la loro attivazione positiva. Per ogni argomento del questionario è stato poi fornita la risposta corretta, citandone la fonte.

Dalle interviste fatte agli operatori di Caritas Rimini è emerso che l’elemento più curioso e interessante, nato dal confronto tra i vari Stati Europei, è stato proprio quello della diversità del contesto culturale di ciascun Paese e dalla diversa “minoranza” vittima di discriminazione che ogni Paese si trova ad ospitare.

Da una parte c’è l’Italia che rappresenta quel paese geograficamente predisposto ad essere un “Ponte Levatoio sul Mediterraneo” (Olivieri, 2018), terra di sbarco, di primo approdo; poi ci sono la Bulgaria e la Slovenia, definiti “Paesi di transito della rotta balcanica” e, infine, la Spagna, paese di approdo come l’Italia e meta di tre rotte principali ma che, a differenza dell’Italia, solamente con Sanchez ha subìto l’ “ammorbidirsi” di quella linea politica dura e la rimozione del filo spinato dalle barriere di Ceuta e Melilla.

“Il confronto tra i vari Paesi sul fenomeno dell’hate speech verso migranti, dopo aver analizzato le varie premesse culturali, è diventato di certo molto interessante”, afferma l’operatrice di Caritas Rimini Viola Carando. E ci racconta come in Bulgaria, ad esempio, i discorsi d’odio sono più frequenti se riferiti
alla Comunità Rom, discorsi che spesso si sono evoluti in azioni negative e intolleranti.

Diverso approccio, invece, per la Comunità Rom in Spagna: in Andalusia vive la maggior parte dei 500-800 mila rom spagnoli e numerosi studi sulla loro integrazione nel Paese hanno rilevato che i valori tradizionali dei gitani quali la famiglia e il clan, il rispetto, il concetto di onore e di autorità riconosciuta agli anziani all’interno delle famiglie sono tutti conformi ai principi della cultura tradizionale spagnola.

“Differente Paese, quindi, differente minoranza e differente approccio!” afferma Antonella Mancuso, un’altra operatrice di Caritas Rimini che ha fatto del fenomeno dell’hate speech anche l’oggetto del suo elaborato del Master Universitario.

Conclude Antonella: “ Quello che resta chiaro a tutti, seppur giunti alla fine del progetto, è che di strada da fare ancora ce n’è tanta. Nonostante i diritti umani siano sanciti e tutelati a livello internazionale si può affermare senza dubbio il fallimento della loro efficacia, soprattutto nei meccanismi di controllo di tali norme. Per quel che riguarda il caso italiano, purtroppo, i dati che emergono dalla mia ricerca non sono confortanti: xenofobia, islamofobia e discorsi razzisti sono in crescita. È proprio per questi dati negativi che ritengo sia utile continuare a parlare del fenomeno dell’hate speech online, soprattutto nelle scuole, continuare a sviluppare progetti e azioni e diffondere una cultura del fenomeno.

E non importa se ci sentiamo ancora poco organizzati nelle azioni di contrasto, perché al nostro fianco sono numerose le organizzazioni schierate in prima fila tutti i giorni che lavorano per sviluppare azioni positive; e ancora, numerose sono anche le Istituzioni, sia nazionali che internazionali, che ci lavorano da diversi anni e molti educatori e professori coinvolti che cercano ogni giorno di trasmettere messaggi d’amore in contrasto a quest’odio diffuso. Non importa se ci sentiamo ancora disorganizzati: l’importante è ESSERCI, perché non appena apriamo le nostre apps dei nostri smartphones siamo invasi da quei commenti dal tono negativo, pieni di un odio che quasi riusciamo a “toccare” e gli haters in rete sono sempre più numerosi.

Si, io e l’ Associazione Caritas Rimini scegliamo di ESSERCI!

Voglia anche essere un augurio per continuare “insieme” ad informarci, interrogarci, condividere il problema e, perché no, a mostrare solidarietà verso coloro che ne sono vittime”.