Sfruttamento della prostituzione, in manette madre, padre e figlia

Sono accusati di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento e allo sfruttamento della prostituzione nonché, a vario titolo, di favoreggiamento della permanenza in Italia di soggetti clandestini, di tentata estorsione, di tentata rapina e di lesioni personali. Per quattro dei cinque soggetti (solo uno italiano, tutti gli altri di nazionalità peruviana), è scattata la misura cautelare della custodia in carcere. I provvedimenti portano la firma del gip del tribunale di Rimini, Manuel Bianchi, su richiesta del pubblico ministero Luigi Sgambati.
A cadere sotto l’occhio della squadra mobile (Sezione reati contro la persona) è stato un giro di prostituzione gestito da un’organizzazione criminosa, avente la sua base a Rimini e tuttora operativa, dedita al reclutamento in Perù di persone transessuali da destinare alla prostituzione, al favoreggiamento della loro permanenza irregolare sul territorio nazionale (dopo la scadenza del visto turistico concesso nello Stato di origine), nonché al favoreggiamento e allo sfruttamento della prostituzione delle medesime persone.
In base alle indagini, svolte tra ottobre e dicembre dello scorso anno, è emerso che l’organizzazione ruotava intorno ad una 45enne peruviana, di professione badante, la quale, coadiuvata dal marito 39enne, dalla figlia 27enne di lei, dal compagno italiano di quest’ultima, un 40enne barese, oltre che da una transessuale peruviana 28enne (tutti difesi dall’avvocato Enrico Graziosi), gestiva il sodalizio criminoso, i cui membri esercitavano un controllo costante nei confronti dei transessuali, costretti a effettuare a favore degli sfruttatori continui versamenti di denaro. Secondo gli investigatori, i transessuali gestiti dall’organizzazione, 10-11 in tutto, esercitavano la loro attività in prevalenza per strada, nell’area compresa tra Miramare e la Statale 16, alcuni anche in casa o intorno a noti locali notturni cittadini. Rispetto agli altri quattro indagati, la posizione della 27enne peruviana, che lavora come barista, risulta marginale. Da qui il divieto di dimora nel comune di Rimini ( e non il carcere) in attesa dell’interrogatorio.
Stando al quadro accusatorio, i cinque indagati avrebbero facilitato l’arrivo in Italia dei travestiti connazionali, che “ospitavano” all’interno delle loro abitazioni. Prima, però, sottraevano loro i passaporti in modo da poterli ricattare. Puntualmente, parte del ricavato derivante dalla prostituzione finiva nelle tasche delle due coppie peruviane e della trans 28enne.
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