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La situazione a Rimini

Venerdì Massimo Eusebio presenta il suo volume sul "Cyberbullismo"

In foto: La copertina del volume
La copertina del volume
di Roberto Bonfantini   
Tempo di lettura lettura: 5 minuti
mar 12 mar 2019 09:43 ~ ultimo agg. 10:06
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Massimo Eusebio, professore a contratto di sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università di Urbino “Carlo Bo” e presidente dell’Associazione Itaca, cocuratore di “Cyberbullismo e traiettorie contemporanee della violenza” (FrancoAngeli, 2018), presenterà il volume venerdì 15 marzo alle ore 18:00 presso il Mondadori Bookstore di piazza Tre Martiri, 6 – Rimini, nell’ambito del ciclo di incontri tra autori e lettori “A spasso con i libri”, ideato dall’Associazione Itaca con il patrocinio del Lions Club Rimini Riccione Host e condotto da Carla Amadori.

Intervista a Massimo Eusebio.

Il bullismo online è purtroppo uno dei fenomeni che caratterizzano la nostra società. Quali sono le cause principali?
“Il bullismo non è un fenomeno nuovo: si tratta di una disfunzione relazionale alimentata dal desiderio di dominare gli altri e di acquisire una posizione di superiorità nel gruppo. I tratti distintivi che nella fattispecie differenziano il bullismo online dal bullismo “tradizionale” si palesano nelle trasformazioni del contesto sociale e nel rapporto che i giovani intrattengono con le nuove tecnologie comunicative; il fenomeno del cyberbullismo costituisce infatti una sorta di evoluzione, in costante crescita, del bullismo tradizionale.
Le cause della violenza, quale atteggiamento intenzionalmente nocivo verso le altre persone, vanno rintracciate nell’incapacità di un individuo di affermarsi attraverso modalità dialoganti con l’altro e di tollerare frustrazioni del desiderio di soddisfazione totale e immediata dei propri bisogni. In particolare, il comportamento violento e prepotente (bullying) da un lato appare come il risultato di rigidità identitarie dovute a esperienze traumatiche nell’arco dello sviluppo e all’apprendimento di modelli famigliari trascuranti e/o maltrattanti; dall’altro sembra trarre le proprie origini da un terreno psicologico di matrice narcisistica incentrato su di una visione egocentrica della realtà che si profila a partire dalla carenza di esperienza di scambio e confronto con l’altro. Un narcisismo di natura esibizionistica che, attraverso piattaforme sociali, viene amplificato grazie alla possibilità di accesso a un pubblico vastissimo quanto indefinito, rimanendo protetti dall’anonimato. Va poi aggiunto che ai tratti narcisistici della personalità del bullo e delle sue declinazioni in rete è strettamente collegata la scarsa responsività empatica che lo caratterizza: nel favorire un tipo di relazione spersonalizzata, priva di un interlocutore diretto, la comunicazione digitale tende a isolare l’individuo impedendogli un’elaborazione emotivamente profonda delle relazioni sociali”.

Spesso le conseguenze sono drammatiche, frutto di leggerezza o mancata consapevolezza da parte dei “cyberbulli”?
“È proprio la mancanza di empatia che caratterizza bulli e cyberbulli a renderli “disimpegnati” moralmente, spietati e incuranti delle possibili conseguenze dei loro atti, a portarli a “disumanizzare” o “de-umanizzare” il prossimo trasformando le proprie vittime in oggetti inermi. Talvolta le minacce e le molestie informatiche che viaggiano attraverso sms, e-mail e piattaforme sociali, app anonime e chat “segrete”, danno luogo a reazioni drammatiche, se non addirittura tragiche. La mortificazione dell’immagine ideale di sé e del senso di autostima, spesso già fragile, l’umiliazione e un profondo sentimento di vergogna che ne derivano possono risultare intollerabili, tanto da condurre la vittima a sperimentare rabbia repressa e dare vita a progetti vendicativi e autolesionistici”.

Com’è articolato il volume?
“Il volume colletaneo, curato insieme a Carmen Belacchi, professoressa ordinaria di psicologia dello sviluppo e dell’educazione all’Università di Urbino, comprende due sezioni. La prima raccoglie contributi di inquadramento teorico del fenomeno, che a causa della sua complessità ha richiesto un taglio di lettura di tipo interdisciplinare integrando approcci della psicologia, della sociologia, della giurisprudenza, della psicoanalisi, della filosofia e delle teorie dei media. La seconda sezione presenta alcune riflessioni che prendono spunto da esperienze concrete provenienti soprattutto dal mondo della scuola e dal campo delle comunicazioni di massa, come nel caso delle fiction televisive: si pensi, per esempio, alle serie tv CSI Cyber e Thirteen Reasons Why, il cui intento pedagogico cerca di sollecitare l’interesse di giovani e adulti, informandoli sulle emergenze e sui rischi che si celano dietro alle nuove tecnologie legate a Internet”.

I temi della violenza e del cyberbullismo vengono affrontati nel libro anche secondo una prospettiva di genere?
“Declinare i fenomeni della violenza sociale e del bullismo entro la problematica della disparità di genere rimane a tutt’oggi un compito di fondamentale importanza. All’interno del rapporto tra maschi e femmine, infatti, perdurano comportamenti sessisti e di disparità di potere che trovano espressione nella nuova realtà mediatica online riproducendosi tra le nuove generazioni. Ciò dimostra come, di fatto, l’interiorizzazione di modelli legittimanti comportamenti sessisti mantengano la loro persistenza nel tempo, Nondimeno occorre tenere presente che assistiamo sempre più a una manifesta convergenza di ragazzi e ragazze ad assumere comportamenti di sopraffazione, fisica e psicologica”.

Come intervenire?
“Nell’ambito delle ricerche di stampo psicosociale, consapevoli della complessità del fenomeno, si opta per lo più verso un approccio ecologico-sistemico che sostiene la necessità di azioni mirate al cambiamento del contesto ambientale all’interno del quale il bullismo si manifesta, quali la formazione del personale docente e il coinvolgimento dei compagni di scuola e dei genitori, quest’ultimi assai spesso portatori di atteggiamenti antagonisti e denigratori nei confronti degli insegnanti. Un coinvolgimento mirante ad attivare gli stessi genitori in un monitoraggio parentale delle condotte dei propri figli mediante un approccio di tipo non coercitivo (rispetto alla famiglia va ricordato che uno stile educativo autoritario, o modelli di comportamento violento adottati dai genitori, rinforzano gli atteggiamenti prepotenti nei figli). Da questo punto di vista vengono considerati più efficaci gli interventi di prevenzione capaci di adattarsi di volta in volta alle singole cornici relazionali della classe, della scuola, o del gruppo sociale. Così come sono ritenuti maggiormente efficaci (e necessari) gli interventi volti alla formazione e all’educazione dei giovani, più che al controllo psicologico delle loro condotte (come, per esempio, lo «spionaggio elettronico» da parte dei genitori) o alla repressione dei comportamenti aggressivi. In tal senso per formazione e educazione all’uso della rete si intende la trasmissione di una consapevolezza che ne metta in luce sia i caratteri positivi, capaci di arricchire le relazioni sociali e i contatti con persone e comunità lontane, sia gli eventuali fattori di rischio dovuti alla dipendenza da iperconnessione e dall’uso di smartphone tendenti a impoverire affettivamente ed emotivamente i rapporti tra individui”.

Quali sono le principali novità introdotte dalla legge n. 71/2017 per l’azione di contrasto al cyberbullismo?
“Se da un lato fino a poco tempo fa non esisteva una definizione giuridica del fenomeno del cyberbullismo, dall’altro si sentiva l’urgenza di una legge specifica che regolamentasse interventi possibili di prevenzione e di sanzione degli atti di molestie digitali. Le novità introdotte dalla legge del 2017 riguardano soprattutto il contrasto preventivo (oltre che repressivo), con particolare riferimento alla tutela della dignità della vittima, anche attraverso il coinvolgimento diretto dei gestori dei siti Internet cui viene imposto il dovere di provvedere alla rimozione di immagini o contenuti lesivi della dignità del minore, su istanza dello stesso o dei suoi genitori.  La vera sostanza della nuova normativa consiste nell’istituzione di un tavolo tecnico per lo studio, la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo coordinato dal Miur e formato da rappresentanti di vari ministeri, da associazioni con comprovata esperienza nella promozione dei diritti dei minori e degli adolescenti, dagli operatori di social networking e della rete Internet, da rappresentanze delle associazioni studentesche e dei genitori e delle associazioni attive nella lotta al bullismo e al cyberbullismo. Molto importante è il ruolo affidato alle singole scuole nell’individuare tra i docenti un referente incaricato di coordinare i diversi progetti di prevenzione e di contrasto, anche collaborando con le forze di polizia e le associazioni giovanili presenti sul territorio”.

Come presidente dell’Associazione Itaca di Rimini, qual è la situazione riminese?
“Come avviene per altri fatti di preoccupante attualità, anche i fenomeni del bullismo e del cyberbullismo risultano diffusi tra i giovani e giovanissimi del territorio riminese, dalle scuole medie alle superiori. Attualmente l’istituzione scolastica – grazie anche a progetti come quello promosso dall’Associazione Itaca in collaborazione con Lions Rimini-Riccione Host è volontari Rimini – tenta di gestire le situazioni incontrando i ragazzi coinvolti e i loro genitori per negoziare un patto educativo volto a proporre soluzioni concrete. Infatti, in diverse strutture scolastiche del territorio che hanno aderito al progetto di Itaca – osservatorio sull’adolescenza di orientamento psicoanalitico condotto da psicologi e psicoterapeuti di consolidata esperienza come Carla Amadori, Maurizio Cottone e Cristiana Mondaini – esistono sportelli di ascolto e aiuto rivolti ai giovani per informarli in merito alle possibili conseguenze nefaste innescate dal bullismo in rete, ma anche per renderli consapevoli degli stati emotivi che sono alla base delle modalità relazionali sottili e striscianti proprie di questo fenomeno. Percorsi che intendono altresì favorire il rispetto delle diversità, incoraggiando l’educazione alla convivenza e insegnando ai ragazzi a trasformare le relazioni conflittuali in dialogo e confronto”.