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I ragazzi in disparte

Hikikomori, in Regione ci si interroga

In foto: repertorio
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di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
gio 28 feb 2019 14:59 ~ ultimo agg. 15:15
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Hikikomori, letteralmente dal giapponese stare in disparte: sono persone che spariscono dalla sfera sociale, si chiudono nella loro camera, interrompono legami con amici, sport e scuola, spesso anche con i familiari. Di solito sono ragazzi in età adolescenziale, ma anche bambini che frequentano le elementari. In Emilia Romagna, in un’analisi dell’ufficio scolastico regionale (e quindi che riguarda solamente i ragazzi che frequentano le scuole, escluse quelle d’infanzia), è emerso che gli hikikomori sono 346. Sono più le femmine (182) dei maschi (164). Di questi 346, 20 frequentano la scuola primaria (elementari, ndr), 86 la secondaria di primo grado (medie) e 240 la secondaria secondo grado (superiori). A Rimini i casi segnalati sono 32 e riguardano 16 maschi e 16 femmine che frequentano in grande maggioranza prime classe delle scuole superiori,

Il fenomeno è stato affrontato in una seduta congiunta della commissione Sanità (presieduta da Paolo Zoffoli) con la commissione Scuola, Giovani e Cultura (presieduta da Giuseppe Paruolo), con un’audizione del direttore dell’Ufficio scolastico regionale e dell’Associazione HIG (Hikikomori Italia Genitori). “Uno spaccato di mondo che inizia a palesarsi, con fenomeni che dobbiamo conoscere e con cui ci dobbiamo approcciare”, ha detto Paruolo.

Silvia Travaglini, coordinatrice regionale dell’associazione, ha subito voluto precisare: “Non sono persone dipendenti da internet, piuttosto questa è una conseguenza. Questi ragazzi – ha spiegato – ritirano il loro corpo dalla società, non la loro presenza, quindi si relazionano con la rete, tanto che sono ragazzi molto informati. Il loro incubo più grande è il fuori, sono molto critici con il benessere che c’è nelle famiglie, nelle scuole e nel contesto sociale. E sono critici con i coetanei, che ritengono troppo amalgamati. Sembrano ragazzi fuori dal tempo”.

Non è ancora una patologia riconosciuta a livello sanitario, per questo lo psicologo dell’associazione Salvatore Morabito crede che “sia giusto che anche questo mondo inizi ad interrogarsi in merito”. Perché “è una problematica che non riguarda solo la famiglia che ne rimane coinvoltaha precisato Antonella Rogai, coordinatrice Romagna dell’associazione-, ma riguarda la società. Per questo il primo scopo dell’associazione è quello di sollevare il problema, perché abbiamo la percezione che molte più famiglie rischino di cadere in questo tunnel”.

Le difficoltà, molto spesso, ricadono sulla scuola. “I ragazzi– ha spiegato Stefano Versari, direttore dell’Ufficio scolastico regionale – inventano scuse credibili per non andare a scuola: dal mal di pancia al mal di testa. E non sempre i genitori capiscono subito quale sia il reale problema“. E che sia una questione da affrontare anche a livello sanitario, perché i 346 hikikomori riconosciuti in Emilia-Romagna sono più numerosi delle persone che soffrono di disturbi del comportamento alimentare (che sono 341) e più di chi soffre di disturbi della personalità (225). “Dunque – ha aggiunto Versari – stiamo parlando di un fenomeno che è pari o superiore a disabilità che ben conosciamo e per cui siamo attrezzati”. Sono ragazzi che spesso vengono considerati “perfetti- ha detto Mila Ferri, responsabile dell’Area salute mentale e dipendenze patologiche della Regione-, anche dai loro genitori. E che non hanno mai creato problemi in classe o a scuola”.

Un problema quindi che andrebbe affrontato. Per questo Silvia Prodi del gruppo Misto ha chiesto “di lavorare tutti insieme a un protocollo, come ha fatto la Regione Piemonte con l’Ufficio scolastico”. Francesca Marchetti (Partito democratico) solleva il tema delle assenze a scuola, “per cui si potrebbero prevedere deroghe e meno rigidità. Questa non è una conseguenza dell’ossessione del digitale, siamo in un altro ambito e servirebbe un piano didattico personalizzato”. Secondo il dem Giuseppe Boschini “dobbiamo resistere alla tentazione di creare l’ennesimo segmento, ho l’impressione che sempre di più si vada verso la creazione di un mondo poliedrico del disagio, specie adolescenziale. Oggi la scuola è giustamente richiamata all’attenzione di queste problematiche però più carichiamo la scuola di bisogni educativi, più la scuola tende a dare risposte burocratiche per tutelarsi”. D’accordo anche Zoffoli, secondo cui bisogna creare “uno strumento operativo e non burocratico” e secondo Gian Luca Sassi (Misto)nessuno deve rimanere indietro non è solo uno slogan”. E da Raffaella Sensoli del Movimento Cinque Stelle “c’è tutta la volontà di collaborare”. Ma solleva una questione: “Dobbiamo stare attenti che il problema venga seguito anche una volta compiuta la maggiore età. Non dobbiamo perdere pezzi per strada”.

(sintesi a cura dell’Assemblea Legislativa)