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Politica Rimini

Liberi e Uguali sui vaccini: non siamo contro ma decreto è forzatura

In foto: la Lorenzin a Rimini (Newsrimini.it)
la Lorenzin a  Rimini (Newsrimini.it)
di Maurizio Ceccarini   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
mer 28 feb 2018 17:58
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Da Liberie  Uguali di Rimini una serie di riflessioni sul tema dei vaccini anche alla luce di recenti vicende riminesi. Un tema che, per LeU, ha pagato politiche sbagliate e un rapporto con i cittadini penalizzato da strumentalizzazioni.


Degno di miglior causa è l’eccessivo zelo con cui il Comune di Rimini tratta la questione dei vaccini. Francamente la denuncia nei confronti dei no-vax per la diffusione del loro punto di vista, sembra dettata più dalla necessità di salvaguardare l’immagine della ministra Lorenzin, autrice del “decreto vaccini” e dei suoi seguaci riminesi, piuttosto che dalla necessità di un corretto rapporto con l’opinione pubblica su una materia delicata come la salute della gente.

Il Comune di Rimini, quindi, a breve annuncerà l’ “ennesima “ (e strumentale) costituzione di parte civile in un futuro processo penale? E contro chi? Riteniamo che vi siano altri “dibattimenti” aperti dove sarebbe stata utile la costituzione d parte civile a tutela del pubblico interesse.

Noi non siamo contro i vaccini, né vogliamo rischiare di essere confusi con coloro che sono contro le vaccinazioni. Pensiamo che queste siano uno degli interventi più efficaci e sicuri a disposizione della sanità pubblica per la prevenzione delle malattie infettive. Proprio per questo, il dibattito su un tema così importante per la salute, in particolare dei bambini, non deve ridursi ad un argomento di lotta politica o peggio diventare strumento per una battaglia ideologica basata su facili slogan, ma va ricondotto nell’ambito di una discussione seria e serena entro i confini delle migliori evidenze scientifiche e del buon funzionamento della sanità pubblica. Non possiamo però tacere su alcune considerazioni:

  1. Sarebbe stato utile un periodo transitorio di 6-12 mesi nel corso del quale gli italiani potevano essere informati sul reale stato di necessità di un obbligo così drastico e ravvicinato, tipico delle situazione di epidemia diffusa o delle economie di guerra. L’ obiettivo del 95% della popolazione vaccinata ( “immunità di gregge”), che in ogni caso rappresenta un traguardo di civiltà da raggiungere, per avere maggiore efficacia e presa nella popolazione (anche e soprattutto in quella dei dubbiosi) necessitava (e necessita) di una maggior informazione complementare ad un maggior coinvolgimento.
  2. Per chiarire le motivazioni, legittime, di una decisione così perentoria, sarebbe stato utile un confronto scientifico dedicato ai non pochi casi di intolleranza che vengono qua e là denunciati, alle priorità circa i vaccini da somministrare, alla consistenza degli allarmi sanitari segnalati. Il canale privilegiato di tale diffusione informativa devono essere (e avrebbero dovuto essere) i pediatri e questi ultimi devono tornare a parlare con i pazienti togliendo i tanti dubbi presenti. Anziché andare su Google ad informarsi (e disinformarsi), bisogna ripartire nel conferire autorevolezza alla figura del medico, che deve spiegare con onestà e correttezza l’ utilità dei vaccini. Un lusso che non tutti i Paesi possono permettersi.
  3. Nel periodo transitorio sarebbe stato meglio gestibile il confronto con i genitori portatori di dubbi e incertezze. Confronto che, quando richiesto, si è trovato di fronte a centralini intasati, appuntamenti rinviati, difficoltà di dialogo, ecc.
  4. Infine, il confronto con i cittadini, avrebbe forse superato la norma che consente di monetizzare il rifiuto del vaccino pagando la sanzione pecuniaria, realizzando ancora una volta una discriminante fra chi può permettersi di pagare e chi no.
  5. Lo Stato quindi – o più correttamente il legislatore – può imporre trattamenti sanitari obbligatori negli ambiti e nei limiti precisati più volte dalla Consulta.  Ma l’imposizione, abbiamo visto, abbisogna di una legge. Tutte le storiche leggi sulle vaccinazioni erano leggi ordinarie. L’operazione ha utilizzato, per la prima volta, lo strumento del decreto legge che deve avere, come caratteristica, di essere adottato in casi “straordinari di necessità e urgenza”.
    Questo processo partecipativo, o quanto meno di ascolto, è stato aggirato (o quanto meno fortemente ridotto) con la decretazione d’urgenza. Si è messo in piedi frettolosamente il più grande piano collettivo di trattamento sanitario obbligatorio con l’improprio strumento del decreto legge in materia dell’unico diritto dichiarato come “fondamentale” dalla Costituzione: il diritto alla salute. Il decreto vaccini non riguarda però il solo diritto costituzionale alla salute ma interferisce con l’altro fondamentale diritto all’istruzione sempre costituzionalmente tutelato. Come abbiamo precisato non è in discussione la necessità di una efficace strategia vaccinale. Quella che è in seria discussione è la politica messa in atto con questo decreto legge e la sua attitudine a risolvere problemi.
  6. Per queste considerazioni valutiamo il Decreto Lorenzin, nel metodo prima ancora che nel merito, come una forzatura ingiustificata, manifesto di una concezione preoccupante del rapporto fra cittadini e Stato, fra cittadini e comunità scientifica.