Ddl Prostituzione, gli interventi dell’associazionismo cattolico


Nei lanci dell’agenzia Sir, le prime reazioni del mondo cattolico al disegno di legge licenziato dal consiglio dei ministri (leggi la notizia su newsrimini. Il disegno di legge, presentato dal ministro alle Pari opportunità Mara Carfagna, in collaborazione con i ministri dell’Interno, Roberto Maroni, e al Guardasigilli, Angelino Alfano, pur mantenendo il concetto che prostituirsi non è reato, colpisce l’esercizio in strada o comunque in luoghi pubblici, prevedendo l’arresto per le prostitute e i clienti, e l’ammenda per entrambi. In questa breve rassegna le reazioni alle proposte del governo, attraverso i lanci dell’agenzia Sir, in ordine di uscita (si prevede l’aggiornamento della pagina, nelle prossime ore).
Mons. Sigalini, “sì la ddl se seguiranno interventi sociali”
“Questo provvedimento non risolve nessun problema ma mette in atto alcuni principi interessanti, che potrebbero innescare un piano virtuoso se il cittadino si responsabilizza. A patto di far seguire ad esso degli interventi sociali”. E’ questo il commento al Sir di mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina e segretario della commissione Cei per le migrazioni, a proposito del ddl approvato oggi dal consiglio dei ministri che prevede, tra l’altro, l’arresto per chi si prostituisce in luogo pubblico e per i clienti. Secondo mons. Sigalini la norma “è un tentativo di risolvere un problema grave sul quale non si fa niente ma si continua solo a discutere. Tutti gli elementi di limite sono imperfetti se non sono dentro un piano. La legge sta tentando di entrare in un vespaio di difficoltà, però introduce alcuni elementi interessanti: togliere dalle strade uno scandalo continuo e punire i clienti, che sono conniventi allo sfruttamento. Questo non toglierà la prostituzione, anzi può essere che crei altri problemi. Vorrà dire che il nostro volontariato e il nostro intervento educativo dovranno andare su altri fronti”.
Il vescovo di Palestrina auspica che la norma “faccia nascere ancora di più l’obbligo di occuparsi di questi problemi, per andare più in profondità nell’estirparne le ragioni e le cause. Altrimenti continuiamo ad essere reattivi e contrari a tutti gli interventi. La deterrenza non è una cosa sbagliata, anche se spesso non risolve”. Secondo mons. Sigalini estirpare il fenomeno della prostituzione e della tratta di esseri umani “non è compito solo di una legge ma di una azione di educazione ed informazione”: “Dobbiamo però chiederci: vogliamo davvero fermare la tratta alla radice ed intervenire contro gli sfruttatori oppure vogliamo soltanto coprire uno scandalo? Se la legge vuole soltanto coprire uno scandalo non va. Ma se questo è un primo passo per ulteriori interventi allora sì”. A suo avviso “punire il cliente è una cosa seria”. “Perché deve essere colpevole solo la donna e invece chi le sfrutta deve vivere tranquillo e felice?”, si chiede: “I signori uomini devono imparare e capire che stanno commettendo un delitto e sono conniventi con chi le sfrutta”. E a livello educativo, conclude, “la Chiesa continuerà a dire che l’amore non è un mercimonio ma è un dono, che questo modo di esprimere la propria sessualità non è degno di un uomo, continuerà ad educare i ragazzi a credere nella forza dell’amore e non nella schiavitù di un corpo”.
Gruppo Abele: “ddl assolutamente controproducente”
“Rendere la prostituzione in strada un reato per le prostitute e per i clienti è assolutamente controproducente”. E’ questa la posizione del Gruppo Abele, a proposito del disegno di legge, approvato oggi dal Consiglio dei ministri, contro la prostituzione su strada e lo sfruttamento dei minori. Il ddl prevede l’arresto da cinque a quindici giorni sia per chi si prostituisce “in luogo pubblico o aperto al pubblico” sia per i clienti. Inoltre punisce fino a sei anni chi compie atti sessuali con i minorenni tra i 16 e i 18 anni che si prostituiscono e una pena ancora più grave se il minore ha meno di 16 anni. “Non risponde alle evidenze scientifiche e ai dati fino ad oggi raccolti affermare che ‘è soprattutto in luogo pubblico che si perpetrano le più gravi fattispecie criminose finalizzate allo sfruttamento sessuale’ – precisa il Gruppo Abele di Torino -. È invece il luogo chiuso, l’appartamento, la casa isolata, il circolo privato dove si può violare meglio chi è fragile e sfruttato. E’ al chiuso che ci sono più minorenni e dove le donne sono di fatto più indifese per l’impossibilità di ricorrere a qualsiasi aiuto”.
“La strada è pericolosa, è vero”, ammette l’associazione fondata da don Luigi Ciotti, ricordando però che la strada “è raggiungibile dalle forze dell’ordine e soprattutto da chi può dare aiuto, fare prevenzione sanitaria, informare che uscire dalla prostituzione forzata si può”. Il Gruppo Abele teme che con questa legge si rischia di “mandare nel sommerso le donne più deboli, di cui anche minorenni; favorire la diffusione delle infezioni sessualmente trasmissibili (sifilide, gonorrea, hiv), perché di fatto si impediscono gli interventi di conoscenza e prevenzione che sono possibili solo attraverso i contatti di strada; togliere alle forze dell’ordine e alla magistratura uno dei principali strumenti per contrastare le organizzazioni criminali” e “generare pesanti ricadute anche per ciò che concerne i clienti, sui quali va fatta una seria riflessione ampia ed approfondita in termini di educazione al rapporto tra i generi”. “Non vanno dimenticati – afferma l’associazione – i suicidi conseguenti ad alcuni interventi repressivi verificatisi nel recente passato”. Invita perciò a non affrontare il disagio che la prostituzione e la tratta creano in alcune zone della città “senza scorciatoie illusorie o semplicemente spostando il problema da un luogo all’altro”.
Caritas ed enti di settore, “questione sociale, non di ordine pubblico”
“No al disegno di legge sulla prostituzione”: è la posizione unanime, in relazione al disegno di legge approvato oggi in Consiglio dei Ministri contro la prostituzione in strada, espressa da un raggruppamento di organizzazioni sociali che operano nel settore, costituito da Asgi, Associazione Gruppo Abele, Associazione On the Road, Caritas Italiana, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca), Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, Comune di Venezia, Consorzio Nova, Coop. Sociale Dedalus, Save the Children. Nel documento, inviato nelle scorse settimane al Ministro delle Pari Opportunità, il Coordinamento esprime la sua “seria preoccupazione e il fermo dissenso” in merito all’art. 1.a del disegno di legge, che prevede il divieto di prostituzione in luoghi pubblici o aperti al pubblico. “Vietare la prostituzione in strada – affermano le associazioni – significa spingere chi si prostituisce nel sommerso degli appartamenti, dove chi è sfruttato lo sarà ancora di più, invisibile per forze dell’ordine e operatori sociali”. A loro avviso questa norma “non è solo inefficace ma è innanzitutto controproducente”, visto che “la prostituzione non è una questione di ordine pubblico ma una questione sociale”. Inoltre il ddl “non considera che chi si prostituisce non commette nessun reato contro terzi, anzi spesso li subisce”.
“Il giro di vite che il governo ha varato – sottolineano le organizzazioni – avvantaggia, di fatto, gli sfruttatori e danneggia le vittime e i minori, perché l’articolo che prevede il rimpatrio dei minori dediti alla prostituzione sembra ignorare le norme internazionali”. In questo caso si corre un “pericolo nel prevedere procedure accelerate o semplificate o altresì specifiche per il rimpatrio di minori stranieri coinvolti e/o sfruttati nella prostituzione”. Nel documento infine sono contenute una serie di proposte che, secondo gli Enti proponenti, consentirebbero di affrontare le problematiche inerenti la prostituzione e quelle riguardanti la tratta di esseri umani nelle sue diverse forme di sfruttamento. Tra le proposte, “l’applicazione reale, e non a macchia di leopardo, della legge Merlin”, la formazione di chi opera sul campo, la mediazione dei conflitti nei territori dove l’esercizio della prostituzione solleva problemi, la promozione del numero verde in aiuto alle vittime di tratta. Al documento hanno aderito oltre 50 enti e molte altre adesioni stanno arrivando.
Associazione Papa Giovanni XXIII: svolta culturale e legislativa.
“Una vera svolta culturale e legislativa che vede finalmente il cliente come la causa di un mercato vergognoso e drammatico della prostituzione schiavizzata, da punire”. Così il responsabile dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Paolo Ramonda, definisce in una nota il testo del ddl Carfagna sulla prostituzione. Per Ramonda, “tutte le donne che vorranno uscire dallo sfruttamento della prostituzione potranno denunciare le organizzazioni criminali e i propri aguzzini, avendo lo Stato dalla propria parte”. “Il nostro impegno – assicura il responsabile dell’associazione fondata da don Benzi – continuerà ancora più efficacemente per accogliere tutte le vittime della tratta e della prostituzione, sollecitare le Istituzioni affinché continuino a perseguire lo sfruttamento e il favoreggiamento della prostituzione anche all’interno di abitazioni private, come già avviene in tutta Italia attraverso le importanti e continue operazioni delle Forze dell’Ordine”.
Leggi anche su newsrimini.it l’intervento del responsabile antitratta dell’Associazione Papa Giovanni XXIII Giampiero Cofano
(Sir)