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Politica Rimini

Bettamio sul teatro Galli: cronaca di una storia infinita

In foto: Oggi il parlamentare di Forza Italia Giampaolo Bettamio é tornato a battere sui tasti dolenti della realtà riminese. Nel mirino, questa volta, il teatro Galli, definita dal parlamentare azzurro "la storia infinita". Pubblichiamo il documento di Bettamio:
Oggi il parlamentare di Forza Italia Giampaolo Bettamio é tornato a battere sui tasti dolenti della realtà riminese. Nel mirino, questa volta, il teatro Galli, definita dal parlamentare azzurro
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sab 5 nov 2005 13:34 ~ ultimo agg. 00:00
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La storia infinita, quella della mancata ricostruzione del Teatro “A. Galli”, ha inizio molti anni fa e il 2005 segna una tappa importante nel lungo cammino fatto di parcelle miliardarie e obiettivi mancati.
Era il 1985 quando l’amministrazione comunale decretava il vincitore del “concorso nazionale di idee per il Teatro Galli e piazza Malatesta”. Fu buon profeta l’ex sindaco Massimo Conti quando, presentando la pubblicazione “La città & il teatro” (catalogo della mostra relativa ai progetti sul concorso nazionale che si svolse nella Sala delle Colonne nell’aprile-maggio del 1986) scrisse: “Non mi nascondo che il più difficile viene ora, a concorso concluso. Occorre a questo punto esprimere una volontà politica all’altezza dell’impegno progettuale e uno sforzo di “fantasia” per il reperimento delle risorse finanziarie per la sua seppur graduale realizzazione…”.
Per la verità anche la scelta del progetto vincitore, quello dell’architetto Adolfo Natalini (su 143 partecipanti), ha avuto conseguenze non irrilevanti. E a vent’anni di distanza conviene capire cosa è successo e guardare senza pregiudizi alle strade percorribili per riconsegnare il Teatro “Galli” alla città di Rimini.
Partiamo dalla scelta “modernista” fatta nel 1985 e riconfermata dall’amministrazione comunale ostinatamente nel corso degli anni nonostante l’opposizione di gran parte della città. La scelta di campo compiuta dalla commissione giudicatrice del concorso nazionale e dalla classe politica di sinistra negli ultimi 20 anni, è stata quella di chiudere la strada all’ipotesi del rifacimento dell’antico progetto del Poletti, rappresentata da Pier Luigi Cervellati e da Federico Zeri. Fu una scelta in buona parte “ideologica” quella che accantonò l’ipotesi della ricostruzione com’era e dov’era del “Galli”, sostenuta da deboli ragioni tecniche (vennero accampati soprattutto motivi di sicurezza) e da ben più sostanziali argomentazioni “teoriche”: non ci sarebbe stato futuro per il palcoscenico tradizionale, soppiantato dalla evoluzione dello spettacolo teatrale (con mutate esigenze di spazi scenici). “La ricostruzione integrale del teatro del Poletti non darebbe risultati economicamente accettabili”, scrisse l’architetto Giovanni Klaus Koenig, membro della commissione giudicatrice del concorso.
Significativo quanto sostenne l’arch. Cervellati nella relazione che accompagnò il suo progetto: “Riteniamo che l’unica scelta culturalmente ineccepibile sia quella del ripristino. Tutto il resto potrà essere affrontato solo dopo aver compiuto questa scelta prioritaria. Perciò riteniamo che il concorso sia inficiato da una ambiguità di fondo (espressione senz’altro della più che decennale querelle locale) che offre tutti i pretesti per giustificare il non ripristino del teatro. Il teatro del Poletti è un’architettura che esiste, che è presente nella realtà fisica della città, assai più reale degli ipotetici reperti archeologici della rocca. L’esistente, analoga sala, del teatro della Fortuna di Fano viene descritta da M. Tafuri come “una tra le più belle sale neoclassiche, certamente ricca di elementi originali…”.
Vinse invece la suggestione del “teatro doppio” – proposta da Natalini – cioè in grado di rispondere alle diverse esigenze dell’estate e dell’inverno, con la possibilità di unificare le due parti raggiungendo una capienza di 3000 posti in occasione di eventi speciali. Quella di Natalini fu la soluzione che accantonava la “nostalgica ricostruzione” (sono parole sue) e puntava sulla “grande torre scenica, disegnata dalle esigenze di un moderno teatro, capace di funzionare su due lati opposti: sul retro infatti il teatro continua a crescere con una cavea all’aperto di 2000 spettatori”, alla quale si sarebbero aggiunti i 950 posti interni.
Bruno Zevi nel 1987 definirà il progetto Natalini “pasticcio eclettico, un offensivo albertiano”, che “riprende il modello degli archi di Leon Battista Alberti e lo ripete infinite volte, al di là di qualsiasi senso della proporzione.”
A concorso ultimato la Giunta comunale delibera – 9 settembre 1987 – la prima “spesa per incarichi a professionisti per progettazione e consulenza”: ammonta a poco più di 90 milioni di lire (il concorso di idee era già costato circa 250 milioni di lire). Ma il bello deve ancora venire perché dal 1990 in poi gli incarichi si susseguiranno con una rapidità vertiginosa e con essi i ritocchi al progetto Natalini.
Nel marzo del 1990 giunge l’incarico “per la progettazione della ricostruzione del Teatro Galli al gruppo di architetti coordinati dal prof. Arch. Adolfo Natalini” (200 milioni di lire) e nel dicembre del 1994 la Giunta stanzia altri 500 milioni di lire, a integrazione della convenzione per l’incarico professionale già stipulata nel 1990.
Nel 1995 l’affidamento del progetto definitivo e il 21 gennaio 1997 la giunta delibera l’incarico “per la progettazione esecutiva del primo lotto” del Galli al gruppo di tecnici capeggiati dall’arch. Natalini: la parcella questa volta ammonta a 257 milioni di lire. In attesa di mettere mano alla ricostruzione del nuovo teatro, spiega il sindaco Giuseppe Chicchi, “è necessario procedere al restauro dell’ala residua Polettiana che si affaccia su piazza Cavour”.
1999: ecco il progetto esecutivo e con esso la batosta: quasi 4 miliardi la spesa. Non è finita: nel 2001 una ulteriore integrazione alla progettazione esecutiva del primo lotto della ricostruzione del Teatro Galli, pari a 164 milioni. Il totale? Quasi 5 miliardi e mezzo. Ma il Teatro Galli non c’è. In compenso è nata la spa “Rimini Teatro”, costituita il primo giugno 1999 fra il Comune, la Camera di Commercio e l’Associazione Industriali di Rimini, che ha come oggetto sociale principale “la ricostruzione del complesso immobiliare del Teatro comunale di Rimini, A. Galli.”
Sono una decina le rivisitazioni del progetto iniziale col quale l’architetto Natalini vince il concorso nazionale del 1985. Nel frattempo è lievitata la spesa per la ricostruzione del teatro: quella ipotizzata nel 1990 era di 30 miliardi di lire. Nel ’94 il costo è già salito di ulteriori 15 miliardi, nel 1998 diventata di 80 miliardi.
Per ripristinare il Teatro “dov’era e com’era” nel 1983 un comitato civico presieduto da Pietro Spadaro, promuove una petizione popolare che raccoglie qualcosa come 10 mila firme. Per lo stesso obiettivo scendono in piazza oltre mille riminesi: “Una manifestazione del genere, in difesa di un Bene Culturale, in Italia è cosa più unica che rara e, nella città che ha dato origine al termine riminizzazione, assume un significato ancora maggiore”, scrive l’Associazione Rimini Città d’Arte che si batte per il recupero filologico del “Galli”, e si chiede “cosa leghi gli uomini di potere a Natalini e soci che paiono ancorati a questo incarico come ostriche ad uno scoglio.” Presidente onoraria dell’Associazione è Renata Tebaldi e fra gli altri aderiscono Federico Zeri, Claudio Abbado, Carlo Bo, Andrea Emiliani, Vittorio Emiliani, Renato Barilli, Pier Luigi Cervellati, Riccardo Muti, Vittorio Sgarbi.
Il sesto progetto Natalini, che prevede modifiche sostanziali al Teatro pensato da Poletti all’interno e anche all’esterno, con conseguenze invasive su buona parte di piazza Malatesta, tutta via Poletti e piazza Cavour (circa 80 miliardi i costi stimati), trova l’opposizione del “Comitato per la bellezza Antonio Cederna”, al quale aderiscono oltre cento intellettuali fra i quali Insolera, Raimondi, Citati, Tamaro, oltre alle maggiori associazioni ambientaliste italiane (Fai, Italia Nostra, Legambiente e Wwf). Il Comitato chiede all’allora Ministro per i Beni Culturali, Walter Veltroni, di impedire la cancellazione definitiva del teatro polettiano. Altri appelli si aggiungono da parte di eminenti personalità della cultura in ambito nazionale.
La vicenda del teatro Galli si arricchisce anche di alcuni esposti alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti.
La svolta arriva con il Governo Berlusconi, quando Vittorio Sgarbi è sottosegretario ai Beni culturali, ma ancora una volta l’amministrazione comunale perde tempo. Il sottosegretario Sgarbi nel 2002 nomina il soprintendente regionale per i Beni e le attività culturali dell’Emilia Romagna, Arch. Elio Garzillo, quale referente per il ministero sulla vicenda del teatro Galli.
Garzillo si mette subito al lavoro ed elabora (fra gli altri con la consulenza e il coordinamento generale dell’arch. Cervellati) il progetto di “restauro e di restituzione integrale, filologica e tipologica della sala e del palcoscenico” del teatro polettiano di Rimini. Nel dicembre del 2004 il progetto esecutivo è pronto e con una lettera Garzillo chiede al sindaco Ravaioli di poter “presentare quanto prima gli elaborati del progetto alla città”. Ha realizzato anche il plastico del teatro tornato ai suoi antichi splendori e vorrebbe sottoporlo al giudizio dei riminesi. Ma il sindaco non aderisce alla richiesta e concede che Garzillo illustri il progetto solo alla giunta e a pochi altri invitati.
Intanto il progetto esecutivo di restauro messo a punto da Garzillo, il 25 maggio 2005 viene approvato dal Ministero e il sindaco ne è ovviamente al corrente perché riceve una copia (timbrata e firmata) del plico. Ma rimane ancora in silenzio, come se potesse permettersi di perdere altro tempo.
Due dati vanno evidenziati: 1) l’arch. Garzillo elabora il progetto esecutivo con la modica parcella di 600 milioni di lire e in circa due anni di tempo (contro i 5 miliardi e i 20 anni impiegati dall’equipe Natalini); 2) per il “restauro e restituzione” del teatro com’era e dov’era calcola un costo che non supera i 18 milioni di euro (meno della metà del costo ipotizzato da Natalini). Ma, soprattutto, il suo progetto permetterebbe al Comune di Rimini di aprire da subito il cantiere del teatro Galli. Perché non lo fa?
Il pensiero di Ravaioli al riguardo è altalenante: prima dichiara di aver “scelto la strada del progetto Natalini, perché … ogni altra soluzione progettuale avrebbe comportato e comporterebbe una attesa di 8-10 anni”, poi abbraccia la teoria del “progetto condiviso”. Più di recente (lo scorso ottobre), sostiene che “dobbiamo chiudere l’annosa vicenda del restauro del teatro Galli, risolvendo in breve tempo le questioni amministrative-legali e puntando decisamente a inaugurare la struttura recuperata secondo il progetto voluto dalla città entro l’anno 2009 definendo con certezza le risorse proprie e provenienti da altri enti pubblici o privati per realizzarlo”. Poche settimane fa confina tutto nel limbo annunciando di essersi preso “una pausa di riflessione”.
Perché il sindaco Ravaioli tiene nel cassetto il progetto Garzillo – che ad oggi pare l’unica strada percorribile – già cantierabile, e per di più in linea con il sentire comune della città, da decenni ormai orientata sulla strada del recupero del teatro com’era e dov’era? Quante stagioni teatrali si sarebbero potute gestire con gli oltre 5 miliardi sperperati fino ad oggi senza che Rimini abbia un teatro?
La storia del teatro Galli rappresenta meglio di ogni altra cosa la cifra che contraddistingue la classe politica al governo della città: malagestione della cosa pubblica, sperpero di denaro della collettività, progetti fermi al palo.
Due considerazioni finali. La prima: dopo aver sperperato oltre 5 miliardi di vecchie lire per un teatro che non c’è e che adesso è entrato in una “pausa di riflessione”, con qual coraggio la classe politica che governa questo territorio – dalla Regione al Comune – può sostenere che il tetto di spesa del 2% stabilito dal governo la obbliga a chiudere scuole e asili? La seconda: poiché l’intervento del governo (progetto Garzillo promosso dal Ministero per i Beni culturali), se attuato dal Comune sarebbe stato risolutivo, quanti altri interventi del governo aspetta ancora la classe politica locale?