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tre mesi fa negato il carcere

L'accoltellatore aveva minacciato di ucciderla, ma per il gip era "dotato di autocontrollo"

In foto: un poliziotto all'interno del tribunale di Rimini
un poliziotto all'interno del tribunale di Rimini
di Lamberto Abbati   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
mar 22 feb 2022 20:29 ~ ultimo agg. 23 feb 18:27
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La loro era stata da sempre una relazione burrascosa, ma per amore dei figli lei aveva sempre taciuto e resistito, fino a quando questi ultimi, diventati maggiorenni, avevano lasciato l’abitazione di famiglia per farsi una vita tutta loro. Ed è da quel momento, dal momento della separazione, avvenuta in Albania nell’agosto del 2020, che la situazione è precipitata. Le ripetute minacce di morte, i continui pedinamenti e le reiterate aggressioni fisiche e verbali subite dalla 51enne accoltellata al petto nella tarda mattinata di oggi (martedì) dall’ex marito (vedi notizia), Pellumb Jaupi, sono raccolte in una serie di dettagliate denunce che avevano indotto il sostituto procuratore Davide Ercolani a richiedere nel novembre 2021 la misura cautelare del carcere nei confronti dell’ex coniuge, il 54enne albanese autore oggi del triplice accoltellamento. Solo che il gip del tribunale di Rimini, Benedetta Vitolo, non aveva acconsentito ritenendo più idoneo per l’uomo il divieto di avvicinamento alla persona offesa.

Il pm Davide Ercolani

Eppure, secondo il pubblico ministero, c’erano tutti i presupposti affinché il gip adottasse un provvedimento più restrittivo. La donna, infatti, per sfuggire alle persecuzioni dell’ex marito era stata persino costretta a tornare in Albania per un periodo, nella speranza che il 54enne si calmasse. Una volta rientrata in Italia, aveva deciso di trasferirsi a Morciano (lontano quindi da Rimini, dove vive tutt’ora Jaupi) per evitare di essere nuovamente rintracciata. Tutto inutile però. Infatti, dall’ottobre 2020 al novembre 2021, la donna è stata oggetto di svariate minacce di morte e aggressioni. Come il 23 ottobre del 2020 quando l’ex marito si intrufolò nella sua abitazione aggredendola alle spalle. Lei riuscì a divincolarsi e chiudersi in bagno mentre lui le urlava: “Non ti ammazzo solo perché sei la mamma dei miei figli, ma se tu mi denunci vado in Albania ad ammazzare tuo fratello e tua sorella”. O come quando a fine giugno del 2020 Jaupi la minacciò impugnando un coltello e le disse che se si fosse permessa di raccontare al figlio le violenze subite, lui avrebbe ucciso tutti e due. L’1 novembre dello scorso anno addirittura riuscì a raggiungerla sotto casa e, dopo aver notato che l’ex moglie aveva ricevuto una telefonata al cellullare, folle di gelosia le intimò di richiamare quel numero e mettere la telefonata in viva voce, “altrimenti ti brucio viva. E se mi denunci e mi mettono in carcere quando esco ti ammazzo”.

“L’indagato – scrive il pm Ercolani – dimostra la sua tenacia nel perseguire la persona offesa e di non rassegnarsi alla fine della loro relazione sentimentale…”, ecco perché “appare idonea oltre che proporzionata la misura cautelare della custodia cautelare in carcere”. Ma per il gip, si legge nel provvedimento di applicazione della misura coercitiva, “alla luce di quanto esposto e tenuto conto dell’incensuratezza dell’indagato, il pericolo di recidiva appare fronteggiabile con la misura del divieto di avvicinamento alla persona offesa, nonché ai luoghi frequentati dalla medesima, aggravato dal divieto di comunicare con la donna; si ritiene infatti che l’indagato sia dotato di sufficiente autocontrollo per rispettare un provvedimento di carattere giurisdizionale“. Lunedì 28 febbraio Jaupi sarebbe dovuto comparire in tribunale per l’apertura del processo che lo vede imputato per stalking nei confronti dell’ex moglie, che ora versa in gravi condizioni all’ospedale Bufalini di Cesena.