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Cronaca Rimini

Omicidio a Rivabella: la vittima "colpevole" di avere aiutato nipote

In foto: Adriapress
Adriapress
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 4 minuti
mer 25 mag 2016 23:52 ~ ultimo agg. 30 mag 10:10
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Rimini registra purtroppo un grave fatto di sangue: un uomo è stato ucciso intorno alle 23 dopo un cruento diverbio in via Toscanelli sul lungomare di Rivabella, davanti al ristorante “Cavalieri spiaggia” all’altezza del bagno 4. In poche ore la squadra mobile di Rimini in collaborazione con i colleghi milanesi è risalita agli autori del regolamento di conti che ha portato alla morte dell’albanese: padre di 48 anni e due figli di 25 e 28 anni, albanesi di Durazzo. A sparare il colpo mortale per Petrit Nikolli sarebbe stato il padre, mentre i due figli sono accusati di averlo aiutato e spalleggiato.

la vittima

 

Per le indagini della mobile di Rimini tutto nasce in ambito familiare, in un contesto molto simile al ‘kanun’ per cui l’onore si ‘lava’ con il sangue (lo stesso dell’omicidio al parcheggio di un supermercato a Misano del marzo 2014). Pare che la vittima sia stata raggiunta da una vettura, mentre si trovava in strada, dalla quale è sceso un connazionale, con il quale ha iniziato a discutere animatamente fino a quando il killer ha estratto la pistola, una semiautomatica, sparando alla nuca. Nikolli aveva aiutato nelle scorse settimane una nipote ad allontanarsi dal marito che lo vessava, uno dei due fratelli, ma questo atto lo aveva messo contro il marito di lei, partito insieme al padre e al fratello dalla Lombardia per regolare la “questione d’onore”.

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La vittima, Petrit Nikolli, è un 45enne artigiano di nazionalità albanese residente a Viserbella. Sul posto sono subito arrivati i mezzi del 118 ma i soccorsi, nonostante il lungo tentativo di rianimazione,  sono stati vani. Sul posto è arrivata anche la moglie dell’uomo, residente nella zona, in preda alla disperazione: la donna, in attesa del quarto figlio, è rimasta chinata a lungo sul cadavere.

La vittima – riferisce l’Ansa – aveva aiutato la nipote ad uscire da un incubo di matrimonio. Quella ragazza, 20 anni appena, andata in moglie un anno fa ad un connazionale di Durazzo, l’aveva vista nascere. Anche se figlia di un fratello, ne sentiva la responsabilità come se fosse sua, tanto che quando la 20enne ha chiamato il fratello maggiore e lo zio per chiedere aiuto e lasciare la Lombardia, il marito e il suocero che la trattavano come schiava, Petrit si è subito reso disponibile. Ieri pomeriggio insieme con l’altro nipote è arrivato a Gorgonzola, dove la nipote viveva col marito, l’ha caricata in auto e portata a Rimini, al sicuro e libera da maltrattamenti e vessazioni. Una volta rientrando a casa, il marito abbandonato, Edmond Preci, metalmeccanico albanese di 25 anni, ha capito l’affronto subito e ha fatto scattare il piano per la vendetta. Col padre, Lek 48 anni e il fratello maggiore Altin, Edmond si è fatto prestare un’auto, una Croma grigia e alle 23 i tre albanesi erano già davanti al ristorante del lungomare Toscanelli per farsi giustizia. Quando sul posto è arrivato anche Petrit la discussione inevitabile è finita con l’uccisione del 40enne, colpito alle spalle da un proiettile esploso dalla pistola impugnata da Lek. Nella tradizione del ‘kanun’ è l’uomo più anziano, questa volta il suocero, a risolvere le questioni. Poi i tre sono ripartiti per Milano, mentre sul lungomare Toscanelli arrivavano a sirene spiegate ambulanza e volanti della polizia. Nulla hanno potuto fare i paramedici per Petrit che è stato portato all’obitorio. L’elettricista lascia moglie, tre figli piccoli e un quarto in arrivo. Le indagini della Squadra Mobile della Questura di Rimini sono state velocissime sia nell’identificare i testimoni, che hanno fornito anche un parziale numero di targa, che nel risalire in poche ore all’identità del killer. Dopo aver allertato il porto di Ancona per eventuali imbarchi per l’Albania e l’A14 per le uscite verso nord, intorno alle 4.30 gli uomini della Squadra Mobile di Milano su richiesta dei colleghi riminesi hanno fatto irruzione nella palazzina di Gorgonzola e hanno arrestato i tre uomini. Al magistrato che li ha interrogati hanno subito confessato e Lek si è detto autore materiale dell’omicidio.

Una testimone che si trovava nel ristorante al momento dell’omicidio racconta di avere sentito due botti, presumibilmente lo sparo e il contraccolpo, ma inizialmente nel locale si era pensato al rumore di un investimento. Poi dalla strada si è sentito una persona urlare di una persona con una pistola. Un cameriere è uscito di corsa ed è rientrato per chiamare un’ambulanza. Sono stati minuti concitati: chi era nella veranda vicina alla strada ha indietreggiato, molti si sono nascosti sotto i tavoli. E il personale del locale, dove l’uomo era conosciuto, ha vissuto con sgomento i drammatici momenti dell’allarme e dei lunghi ma vani tentativi di soccorso.

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Il plauso dell’Amministrazione Comunale alle forze dell’ordine:

“L’eccezionale rapidità con cui il Questore Maurizio Improta e la Squadra Mobile di Rimini hanno proceduto ad arresti per il caso dell’omicidio di ieri sera testimonia ancora una volta la preparazione e l’efficienza con cui le donne e gli uomini della Polizia di Stato, e per estensione di tutte le forze dell’ordine di stanza sul territorio riminese, svolgono quotidianamente il loro difficile lavoro. C’era da dare una risposta immediata a un tragico fatto di sangue avvenuto con modalità cruente e in un centro abitato. Gli agenti della Mobile non solo hanno dato un nome e un volto ai possibili colpevoli, arrestati a Milano in collaborazione con la Questura lombarda, ma in poche ore hanno messo in luce i contorni di una vicenda familiare alla base del delitto, dalle prime ricostruzioni terribile. Sembra infatti che la vittima fosse un cittadino albanese perfettamente integrato nella comunità riminese; un artigiano molto stimato con una famiglia bella e numerosa, ‘colpevole’ di avere aiutato nelle scorse settimane una giovane parente in difficoltà e dunque punito dal marito di lei e da due complici, partiti dalla Lombardia per questo raid mortale. Una vicenda agghiacciante di faida famigliare, di un distorto ‘codice d’onore’, che pare uscita dalla barbarie e che invece si è svolta drammaticamente tutta in poche ore sull’asse Milano-Rimini. Si esprime il più sincero ringraziamento al Questore, alla Squadra Mobile, ala Polizia di Stato, agli investigatori, alle forze dell’ordine riminesi”.