Rapporto Coldiretti. Gli italiani vorrebbero mangiar sano, ma non riescono


quota che sale al 40,5% tra i 30-44enni, ad oltre il 40% tra le donne e sopra il 43% tra le casalinghe. E’ quanto emerge dal primo rapporto Coldiretti/Censis sulle abitudini alimentari degli italiani dal quale si evidenzia che i ‘frustrati’ sono in numero superiore al quasi 33% degli italiani che dichiara di seguire una dieta sana “perché l’alimentazione è tra i fattori importanti per la salute”, e sono soprattutto gli anziani (40,3%) e i laureati (37,6%) a praticare questa tendenza salutista. Che l’equilibrio a tavola sia ancora lontano dall’essere raggiunto nelle famiglie del Bel Paese lo dimostra il fatto che il 43% degli italiani risulta sovrappeso, quando non obeso (11%). Informarsi sul cibo – continua il rapporto Coldiretti/Censis – per gli italiani è sempre più importante; infatti, quasi il 62% degli intervistati si dichiara “molto informato sui valori nutrizionali, le calorie e i grassi riguardanti i vari alimenti”. Il 34% degli intervistati ritiene che la propria alimentazione dipenda in via prioritaria da caratteristiche e scelte soggettive, il 30,4% dalla tradizione familiare, e poco meno del 19% “da quello che si può permettere”. Quanto alle principali fonti di informazione sugli alimenti, oltre alla televisione, è il web (51,1%) la fonte primaria. Seguono quotidiani, settimanali e periodici (34%), poi i familiari e gli amici (25,5%) e il 25,6% ricorre invece ai negozianti e al personale del punto vendita. “Dal rapporto – commenta il presidente di Coldiretti Sergio Marini – emerge una importante segmentazione dei comportamenti, con oltre 1/3 degli italiani che riconosce il valore dell’alimentazione e si comporta di conseguenza, 1/3 che per stile di vita, tentazioni e stress, pur consapevole, non riesce a comportarsi correttamente e 1/3 che non è attento alla tavola per mancanza di conoscenza”. “Su quest’ultimo segmento – conclude Marini – occorre responsabilmente lavorare in un Paese come l’Italia che non può più permettersi di dare per scontata la qualità del cibo portato in tavola come avveniva nel passato, quando gli effetti della globalizzazione non erano così rilevanti”.
(Ansa)