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riqualificato il reato

Non fu sequestro di persona, tornano liberi i “rapitori” di un 18enne in vacanza a Riccione

In foto: la caserma dei carabinieri di Riccione
la caserma dei carabinieri di Riccione
di Lamberto Abbati   
Tempo di lettura 3 min
Mer 17 Gen 2024 17:19 ~ ultimo agg. 18 Gen 13:13
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Per la Corte d’Assise d’Appello di Bologna non si trattò di un sequestro di persona a scopo di estorsione, bensì di un semplice tentativo di estorsione. Una riqualificazione del reato che ha permesso ai tre presunti “rapitori”, tre giovani senegalesi residenti tra Milano e Pavia, di tornare in libertà dopo un anno e mezzo di reclusione. Gli imputati, oggi assistiti dall’avvocato Massimiliano Orrù del Foro di Rimini, che ha assunto la loro difesa dopo le pesanti condanne di primo grado emesse dalla Corte d’Assise di Rimini lo scorso 20 marzo, hanno ottenuto un cospicua riduzione delle pene: da 12 anni e 4 mesi si è passati a 2 anni e 6 mesi. E’ stata inoltre revocata l’espulsione dall’Italia, che sarebbe dovuta avvenire una volta scontata la condanna, ma soprattutto è stata disposta la loro immediata liberazione. Due di loro si trovavano in carcere, mentre il terzo era ai domiciliari. Cadute anche le misure interdittive nei loro confronti.

I fatti risalgono alla notte del 22 agosto 2022, quando i tre senegalesi – stando alla tesi dell’accusa – tennero in ostaggio un turista 18enne di Busto Arsizio per pochi grammi di stupefacente non pagati da un amico in vacanza con lui a Riccione. Secondo quanto emerso dalle indagini, l’incontro dei turisti con i tre senegalesi avvenne in piena notte davanti a un locale del Marano, lungo la passeggiata del lungomare Goethe. Il terzetto – è la ricostruzione dei militari dell’Arma, intervenuti su segnalazione delle guardie giurate della Vigilar – offrì della marijuana al più grande dei turisti lombardi, che alla fine decise di acquistare qualche grammo. Solo che invece di pagare quanto pattuito, una volta avuta la droga nella mani, scappò via nella speranza che anche l’amico 18enne lo seguisse. Invece venne bloccato dai pusher e tenuto in ostaggio. Sotto la minaccia di un coltello a scatto sarebbe stato poi costretto a seguirli nei vari spostamenti per più di un’ora: “Fino a quando il tuo amico non torna coi soldi, tu resti con noi”.

Al 18enne venne anche sottratto l’Iphone 11, che fu costretto a sbloccare in modo che i senegalesi potessero contattare l’amico fuggito. L’intento era quello di farlo tornare con il denaro. A notare per primi qualcosa di strano furono le guardie giurate della Vigilar, attirate verso le 2.40 da tre ragazzi di colore che circondavano all’altezza dei Bagni 124 e 125 un giovane presumibilmente italiano. Immediato l’allarme ai carabinieri del Radiomobile di Riccione che rintracciarono i senegalesi e liberarono l’ostaggio. Dopo aver raccolto varie testimonianze e visionato i filmati delle telecamere di videosorveglianza, ricostruirono nei dettagli l’accaduto e arrestarono in flagranza i tre senegalesi. Nelle tasche di uno di loro, già destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dalla Corte d’Appello di Milano, trovarono tre grammi di cocaina, due di marijuana e cinque di hashish.

Nel corso del processo di primo grado, le difese avevano contestato a più riprese la ricostruzione dell’accusa. Gli imputati, secondo i loro legali dell’epoca, non avrebbero mai costretto con la forza la vittima a restare con loro. Il coltello sequestrato dai militari, che era nelle mani del più giovane dei senegalesi, sarebbe stato estratto un’unica volta alle spalle del turista, senza che questo quindi se ne accorgesse. Gli stessi filmati delle telecamere, inoltre, mostrerebbero che non vi fu costrizione fisica nei confronti del turista lombardo. Questa mattina, con la sentenza d’Appello, gli imputati hanno ottenuto la riduzione della pena sperata.

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