Sportività: il derby Rimini-Cesena visto da Mery Mulazzani
Quando si parla di calcio, soprattutto per i non appassionati, si fa fatica ad andare quel poco oltre da vedere unicamente il sano agonismo, che anzi spesso viene confuso per mancanza di sportività.
In partite sentite, dalla squadra e dal tifo, rispetto ad altre, come nel caso di Rimini-Cesena, proprio tutti i cittadini notano qualcosa di diverso: le strade bloccate per il passaggio degli ultras, le file fuori dallo stadio e pochi in circolazione in quelle ore.
Una sorta di magia, di tensione, di unione ma allo stesso tempo di competizione, senza dimenticare, sotto sotto, che siamo solo parte, e lo siamo tutti, di un qualcosa che è molto più grande.
Dietro ad una partita ci sono persone che gestiscono, che lavorano, e poi ci sono gli appassionati, e sarebbe bello insegnare agli scettici che non sanno cosa sia il rispetto che anche se ci animiamo, anche se sulle tribune urliamo, per noi è bello vedere i giocatori con maglie diverse aiutare l’altro a rialzarsi da terra, e alla fine stringersi la mano, perché fa anche questo parte delle regole non scritte del grande gioco nel rettangolo.
In campo i professionisti sudano sette camicie, spingono sulle gambe fino allo stremo delle forze e tra loro magari si scontrano, ma con i tre fischi finali, che si festeggi o che si pianga, tutti tornano a casa, tifosi e calciatori, e dopo un po’ magari non ci si ricorda di un’azione precisa, perché non è quella a scuoterci, ci si ricorda invece di un evento di solidarietà sportiva, soprattutto se fra avversari di squadre rivali, perché alcuni gesti toccano come persone e non solo per i 90 minuti.
Chiaramente, come in tutte le situazioni, non si può generalizzare, e nemmeno fare eccessivo moralismo; siamo umani: amiamo, gridiamo, cantiamo e spesso ci arrabbiamo, ma allo stadio ci entriamo tutti passando dalla stessa porta. Lo sport educa, non separa.
Maria Antonietta Mulazzani