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giovedì 18 aprile 2024
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Il ricordo di Lucky

Capicchioni, Carasso e quella grande rivalità nata da un'incomprensione

In foto: Luciano Capicchioni e, dietro, Paolo Carasso
Luciano Capicchioni e, dietro, Paolo Carasso
di Roberto Bonfantini   
Tempo di lettura lettura: 4 minuti
mar 2 mar 2021 17:38 ~ ultimo agg. 3 mar 19:26
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Ce n’è voluto di tempo per vederli seduti uno di fianco all’altro come il 28 maggio 2020, emblematicamente al Flaminio, quando hanno raccontato i dettagli del passaggio della storica matricola 00122 del Basket Rimini a Rinascita Basket Rimini.

Luciano Capicchioni e Paolo Carasso sono stati per anni i rappresentanti dei due mondi della pallacanestro riminese, fieri rivali che ogni tanto si avvicinavano per poi distanziarsi nuovamente, al punto che un punto d’incontro sembrava non potersi trovare mai. E invece alla fine l’insanabile frattura è stata ricomposta. Ma il rispetto e la stima tra i due non sono mai venuti meno, neanche nei momenti di scontro più aspri.

E nell’ultimo periodo era nato un sentimento molto simile all’amicizia. “In quest’ultimo periodo ci sentivamo due-tre volte alla settimana, a volte anche più volte al giorno – racconta Paolo Carasso -. Condividevamo le nostre visioni sul mondo della pallacanestro. Lui è sempre stato molto vicino ai suoi ragazzi, e “Bobby” Mladenov è uno di questi. Il nostro rapporto, anche se nato in maniera burrascosa, è sempre rimasto vivo: noi ci siamo sempre sentiti e visti anche quando sembrava esserci burrasca. C’è sempre stata una grande stima dal punto di vista professionale: io ho sempre ritenuto che Luciano fosse un grandissimo professionista e che aveva quell’arguzia di programmare che lo ha fatto diventare uno dei procuratori più importanti a livello europeo e mondiale. E lui con me è stato sempre molto carino: mi ha sempre dimostrato stima, mi ha apprezzato come tecnico, dandomi l’opportunità di allenare anche in serie A, e mi ha dimostrato grande stima anche per le mie qualità manageriali: più di una volta mi ha chiesto di lavorare con lui nel Basket Rimini. Questa stima l’ha dimostrata non solo a parole, anche con i fatti, e questo ci ha portato ad avere un rapporto continuo. Lo scorso anno, con l’acquisizione della matricola del Basket Rimini, i rapporti sono migliorati anche all’esterno, ma tra di noi nel privato erano già ottimi”.

Per anni però siete stati fieri antagonisti. “È stato un confronto-scontro continuo su idee di gestione diverse delle società, ma non che una delle due fosse esatta e una fosse sbagliata. Però la grande stima ci portava ad un duello leale e corretto, dove non ci sono stati né vincitori né vinti. Se oggi noi ci “gloriamo” di avere la matricola 00122 è solo grazie a Luciano, che negli anni più terribili, caratterizzati da gestioni dissennate, e non per colpa sua, ha voluto a tutti i costi salvare il titolo e la società, impegnandosi in prima persona. Oggi la matricola 00122 è una delle cinque più importanti d’Italia. Questo titolo lo abbiamo potuto comprare perché lui l’ha tenuto in vita. A lui va quindi un grande merito”.

Col senno di poi un’unione d’intenti si sarebbe potuta trovare prima o i tempi non erano maturi? “Luciano ha fatto parte della mia vita professionale: io ho combattuto per rientrare a Rimini – continua Carasso -. Dovevamo aspettare che i tempi fossero maturi. La figura di Paolo Maggioli ha portato serenità e credibilità, ed è stata decisiva. Ma Luciano ha sempre voluto la mia presenza, la trattativa vera alla fine l’abbiamo portata avanti io e lui, con Paolo Maggioli a fungere da garante e la parte tecnica affidata a Giove Boldrini. Credo sia andata come doveva andare”.

Come RBR farete qualcosa per ricordare la figura di Luciano Capicchioni? “Ci sarà il modo di ricordare la sua figura. A me piace ricordarlo come un uomo di sport. La sua vita l’ha passata tutta nel mondo dello sport, in maniera anche trasversale: aveva lavorato anche in altre discipline, dal baseball al calcio al motociclismo. È stato uno dei fondatori della Federazione Sammarinese Pallacanestro e della Federazione Sammarinese Baseball e Softball, e anche della Pallacanestro Titano. La sua attività lavorativa è stata poi in ambito sportivo e l’ha portato ad essere un manager di alto livello. Mi piace ricordare anche le sue intuizioni: io ero piccolo quando lui ebbe la genialità di portare gli americani a giocare in giro per l’Italia con le squadre “All Star”: dava così modo alle società italiane di vedere gli americani dal vivo e di poterli scegliere. Anche Rimini ha usufruito di questi tornei per scegliere alcuni suoi giocatori. Ricordiamo che i filmati dei giocatori e la possibilità per i club italiani di andare a visionare gli americani dal vivo sono arrivati in un momento successivo. L’altro colpo di genio è stato capire che nell’Europa dell’Est c’era un filone d’oro in termini di giocatori. È stato lui a portare fuori dai loro Paesi giocatori che hanno fatto poi la storia della pallacanestro europea e mondiale. Tornando al nostro territorio poi ha avuto il grande merito di mantenere in vita il Basket Rimini. È una persona che ha dato e investito tanto”.

Nonostante i tanti soldi spesi per il basket riminese però Capicchioni non è stato mai capito fino in fondo dagli appassionati di pallacanestro romagnoli. “La cosa che mi ha colpito nei colloqui privati è che lui soffriva enormemente il fatto di non essere considerato un riminese o una persona che avesse fatto qualcosa per il basket riminese. Io su questo punto ho spinto molto e durante le trattative per l’acquisizione del Basket Rimini gli ho promesso più volte di ridargli una credibilità in questo senso, invitandolo anche a venire a vedere le partite al Flaminio. Era un riconoscimento che meritava. Lui mi diceva sempre: “togliete il nome Rinascita perché il Basket Rimini non è mai morto””.

Cosa le ha insegnato Luciano Capicchioni, anche nei vostri confronti? “Io ho appreso da lui anche come si svolgono le trattative. Alcune cose me le ha insegnate lui: scriversi tutto, trovare sempre il modo di rilanciare… Mi diceva sempre: “Paolo, ricordati che con la farina si fa il pane” per dire di non buttare via niente. Guardandolo ho imparato tantissimo”.

E dire che la “madre” delle incomprensioni è nata da quello che in realtà era un grande attestato di stima. “Il nostro scontro iniziò quando lui, un anno ad aprile, tramite Virginio Bernardi, mi propone di allenare in serie A a Roseto. Io interpretai quella proposta come un volermi allontanare dal Basket Rimini. Negli anni Luciano mi ha detto invece che la proposta era arrivata perché credeva talmente tanto nelle mie potenzialità da allenatore che mi avrebbe voluto far sviluppare una carriera da coach in serie A. Da quella incomprensione nacque la grande scissione”.

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