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Se santità è donna

In foto: Sandra Sabattini
Sandra Sabattini
di Giovanni Tonelli   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
mer 4 mar 2020 16:35 ~ ultimo agg. 16:36
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Coronavirus o no, l’8 marzo è donna. Sarà un po’ meno consumistico, ma l’attuale contingenza permetterà di viverlo in maniera più intima, familiare e forse profonda, dando la possibilità di recuperarne il significato più vero. Per noi riminesi, poi, quest’anno assume un particolare risvolto. Festeggiamo infatti due giovani donne (33 e 22 anni), di cui la morte per malattia e incidente, ci ha privati anzitempo, ma che oggi risplendono nella loro bellezza di santità. Celebriamo infatti il 50° della morte della Venerabile Carla Ronci, e domenica 14 giugno Sandra Sabattini sarà proclamata Beata. Due “sante della porta accanto”, come poi le ha qualificate Papa Francesco, nel suo elogio del “genio femminile” della Gaudete et Exsultate. Lo cito: «genio femminile che si manifesta in stili femminili di santità, indispensabili per riflettere la santità di Dio in questo mondo».

Poi ricorda grandi donne come Ildegarda di Bingen, Brigida, Caterina da Siena, Teresa d’Avila e Teresa di Lisieux, Edith Stein, per sottolineare che «anche in epoche nelle quali le donne furono maggiormente escluse, lo Spirito Santo ha suscitato sante il cui fascino ha provocato nuovi dinamismi spirituali e importanti riforme nella Chiesa». Ma la storia della Chiesa, sottolinea ancora il Papa, la fanno anche «tante donne sconosciute o dimenticate le quali, ciascuna a modo suo, hanno sostenuto e trasformato famiglie e comunità con la forza della loro testimonianza».

Come Carla e Sandra, due donne conquistate dall’amore di Dio e dei fratelli. Carla, nell’oratorio della parrocchia di Torre Pedrera, come catechista ed animatrice delle ragazze; Sandra come membro della comunità Papa Giovanni XXIII, nel servizio dei poveri e dei fratelli tossicodipendenti. Donne vere, come anche Marilena Pesaresi, che – e non era un vezzo ma l’espressione della sua femminilità – ogni giorno, prima di andare a servire i malati di Mutoko, curava con attenzione il proprio aspetto.

Queste splendide figure ci invitano a pensare anche la Chiesa con le categorie di una donna. Come non ricordare allora alcuni “grazie” di Giovanni Paolo II nella sua Lettera alle donne: “Grazie a te, donna-figlia e donna-sorella, che porti nel complesso della vita sociale le ricchezze della tua sensibilità, della tua intuizione, della tua generosità e della tua costanza. Grazie a te, donna-lavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti della vita sociale, economica, culturale, artistica, politica, per l’indispensabile contributo che dai all’elaborazione di una cultura capace di coniugare ragione e sentimento, ad una concezione della vita sempre aperta al senso del «mistero», alla edificazione di strutture economiche e politiche più ricche di umanità…

Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna! Con la percezione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani”. Ma, scrisse lo stesso papa Wojtyla, “il grazie non basta”. Il cammino è appena iniziato.