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Incontro Crisalide

La ferita che cura. Tra dolore e bellezza con Antonia Chiara Scardicchio

di Silvia Sanchini   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
ven 25 ott 2019 11:38 ~ ultimo agg. 29 ott 09:20
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La ferita che cura. Un ossimoro solo apparente. Una felice intuizione che Antonia Chiara Scardicchio, docente universitaria e ricercatrice pugliese, ha scelto come titolo per una delle sue ultime pubblicazioni. Un piccolo libro dalla copertina celeste, edito nel 2018 da AnimaMundi di Otranto, che accompagna il lettore in un viaggio interiore tra dolore e bellezza. Un percorso che lo scorso 4 ottobre ha fatto tappa anche a Rimini, grazie all’iniziativa promossa dall’associazione Adocm Crisalide. Un’organizzazione che si occupa di sostenere le donne operate di tumore al seno e che da qualche anno ha intrapreso una collaborazione con la professoressa Scardicchio. Spiega, infatti la presidente dell’associazione Pia Vignali: “Crisalide vuole essere accanto alle donne per evitare che si sentano sole nella fase della malattia, ma vuole anche promuovere una corretta informazione e creare occasioni di incontro, formazione e divulgazione”.

Non si è trattata di una classica e ingessata presentazione di un libro. È stata molto di più.

Questo per un’espressa scelta dell’autrice, che così esordisce: “Occorre delicatezza per avvicinarsi al territorio pericoloso delle parole attorno al dolore. Nessuno può dire o insegnare ad un altro come si sta nella sofferenza. Ho dovuto abbandonare ogni retaggio della mia professione e la presunzione di insegnare, come se le questioni d’anima fossero contenuti disciplinari. Ho capito che il modo giusto per proporre questo libro era affidarmi all’Arte. È nato così un piccolo esperimento, senza nessuno che spiega o discorre intorno al dolore ma… un piccolo gioco dadaista di composizione e ricomposizione”.

Un esperimento che ha assunto la forma di “piccolo teatro di narrazione”: un percorso “imperfetto” perché mai uguale a sé stesso, ma che vuole lasciare spazio ad ogni forma possibile di riscrittura e interpretazione.

Si parte dal silenzio e dalla notte e dalla grande e ricorrente domanda intorno al dolore che ciascuno di noi prima o poi si pone: perché?

Un dolore che non si può negare o banalizzare, né ci si può arrendere all’idea che siamo semplicemente nati per soffrire. Ma l’esperienza ci mostra che è possibile una visione diversa anche nell’accostarsi all’esperienza del dolore che nasce dalla capacità di trovare la luce persino in una crepa, in una ferita.

Se il dolore è, infatti, esperienza che ci accomuna tutti, quello che cambia è il nostro modo di accostarci e di stare di fronte alle difficoltà.

La storia di Bebe Vio, giovane atleta paraolimpica, diventa emblema di questa visione: l’idea di un dolore che in modo folle e incomprensibile comprende e contiene anche la bellezza.

Toccano il cuore nel profondo le parole di Chiara Scardicchio: “Anche le rotture, le ricadute, le piccole gigantesche morti che ogni giorno viviamo sono ricapitolazioni. Sono spinte, movimenti che scuotono, occasioni che ci spogliano ma al tempo stesso generano vita. Nasce allora proprio da questo il paradosso possibile ad ogni uomo e ad ogni donna: che la stessa ferita possa essere cura”.

Poco più di un’ora che scorre veloce e intensissima tra musica, immagini, poesia, parole. Un’ora in cui l’autrice ci porta a camminare tra i sentieri del dolore e della guarigione ma ci invita anche a prendere consapevolezza della nostra personale ferita per poterla curare e scoprire che anche la sofferenza può insegnarci qualcosa in più persino su noi stessi. Non perché, come qualcuno ha affermato “la sofferenza è un dono”: serve delicatezza per maneggiare i nostri mostri e non esiste magia che salva. Ma – come in questa occasione – si possono raccontare storie di morte e di risurrezione, di buio e di luce, nessi tra dolore e apprendimento che diventano per chiunque ha la fortuna di ascoltare e partecipare uno strumento in più per affrontare la complessità dell’esistenza.

E intraprendere, per concludere con le parole dell’autrice, “un percorso orientato al possibile”.