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Il blog di Mario Galasso

Umanità e coperte

In foto: cof
cof
di Mario Galasso   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
ven 18 gen 2019 17:02 ~ ultimo agg. 1 mar 12:55
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Coperta, dal dizionario della lingua italiana: qualunque panno o drappo che serve per coprire o riparare dal freddo. Quello che non troveremo scritto è che per qualcuno, circa 300 persone a Rimini (circa 130 italiani e 170 stranieri), la coperta è l’unico rifugio notturno che possiedono, l’unica protezione dal freddo: è la loro casa. La coperta, distesa sopra ai cartoni, può diventare il materasso per rendere più sopportabile il freddo della notte.

La coperta è il nido notturno. Alle 5 bisogna alzarsi perché la città inizia a svegliarsi con i servizi di pulizia, i primi autobus o treni, le prime persone che raggiungono i luoghi di lavoro o studio e i nostri occhi non vogliono vedere un giaciglio fatto di coperte che nasconde un essere umano. Notti troppo brevi per riposarsi ma sin troppo lunghe per sopportare il gelo che penetra nelle ossa.

Noi, che abbiamo coperte, trapunte o piumoni elegantemente stesi sul letto, potremo mai capire e dare valore, senso, significato a quelle coperte che, dopo aver conosciuto la comodità delle nostre case, ora giacciono su marciapiedi o panchine abbracciando i nuovi proprietari? Se le coperte senzatetto potessero parlare, chissà cosa ci racconterebbero: quante preoccupazioni, quanti sogni, quante difficoltà, quante storie raccolgono e conservano. Al mattino, mentre noi chiudiamo le nostre case, c’è chi il propriopatrimonio, la coperta, non sa dove lasciarla perché portarsela dietro tutta la giornata è impossibile e, se non è nascosta bene, il rischio che venga butta via o rubata è altissimo.

E sì perché lo scrigno che contiene il prezioso tesoro, la coperta, spesso è quell’unica valigia che il proprietario errante possiede: un sacco nero dell’immondizia. E, se maledettamente la coperta viene buttata o rubata, inizia nuovamente il calvario per procurarsene un’altra, un altro rifugio, una protezione, una casa.

Pensando alla coperta, quando ci troviamo di fronte a situazioni che non abbiamo deciso, abbiamo il dovere di non restare indifferenti e subirle. Dobbiamo trovare la forza e la capacità, e lo possiamo fare solo stando uniti, di trasformare l’orrore quotidiano a cui siamo sottoposti (che si tratti di migranti lasciati a morire in mezzo al mare o di clochard a cui qualcuno si bulla di buttare le coperte nella spazzatura) in qualcosa di necessario per risvegliarci dal torpore.

L’unica strada è affidarci alla nostra umanità ricordandoci della necessità di fare bene i tanti piccoli gesti quotidiani, prima che sia troppo tardi e questo orrore si impadronisca definitivamente di noi e del nostro Paese. Ascoltiamo quello che la coperta ci sussurra, sta cercando di indicarci il confine tra l’umanità tradita e l’umanità di chi se n’è fatto guardiano.

 

La Caritas lancia un appello a tutta la cittadinanza con la richiesta di portare una coperta.

Le coperte che arriveranno qui verranno poi ridistribuite tra Caritas, Papa Giovanni XXVIII, i Frati di Santo Spirito e con tutti gli altri enti ed associazioni che spendono il loro impegno tutti i giorni “sulla strada”.

Se poi qualcuno volesse aprire le porte della propria casa o del proprio albergo che in inverno è chiuso, sarebbe un gesto ancora più prezioso.