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Sollievo stonato

di Andrea Turchini   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
ven 14 dic 2018 10:44 ~ ultimo agg. 10:45
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Ho appreso ieri sera tardi dell’epilogo della vicenda dell’attentato di Strasburgo che, in questi giorni, ha ferito ancora una volta il cuore dell’Europa.
Riporto la notizia che ho letto e che mi ha lasciato in grande imbarazzo.

“È stato ucciso, è un grande sollievo”, ha dichiarato il sindaco di Strasburgo, Roland Ries. Alla notizia dell’uccisione del killer turisti e abitanti si sono riversati nelle strade della città. Hanno dedicato un lungo applauso alla polizia. Nessun agente è stato ferito durante il blitz. (By Huffington Post)

La cronaca più diffusa ci dice che Cherif Chekatt, l’uomo indiziato dell’attentato, abbia ingaggiato un conflitto a fuoco con la polizia, la quale è intervenuta difendendosi. Nessun dubbio sulla legittimità dell’azione. Qualche dubbio sull’opportunità del commento del sindaco di Strasburgo.
Davvero il primo sentimento che proviamo di fronte alla notizia della morte di un uomo è quello del sollievo? Davvero in cuor nostro non abbiamo sperato che la vicenda potesse concludersi diversamente? Davvero siamo contenti e festeggiamo per la morte di un uomo ancorché colpevole?

In questi giorni la cronaca ci ha raccontato chi fosse questo giovane uomo, ed è una storia che, purtroppo, abbiamo già sentito altre volte. Un giovane marginale, con una vita puntellata di piccoli reati, che finisce in carcere e lì, in carcere, in una struttura che avrebbe dovuto ricuperarlo, “si radicalizza” in un’ideologia disumana e ingiusta che lo porta a scegliere perversamente di dare un senso alla sua vita sopprimendo la vita di uomini e donne innocenti e, alla fine, facendosi uccidere.
Nella rappresentazione mediatica della vicenda, dove tutto diventa un po’ fiction, abbiamo provato sollievo per la conclusione “un po’ da film” di una vicenda che ci ha messo in tensione e ci ha spaventato; nelle poche righe dell’articolo sopra citato si descrive l’happy end che siamo abituati a vedere nei film: il cattivo muore (peggio per lui – se l’è cercata!), i buoni sono illesi (grazie a Dio! e questa volta senza alcuna ironia), la gente festeggia.

Io non riesco a festeggiare!
Non riesco a festeggiare perché penso al dolore dei famigliari delle vittime e credo che non provino alcun sollievo da questa notizia.
Non riesco a festeggiare perché penso che tutti avremmo potuto fare di più per impedire a quel giovane uomo arrabbiato di arrivare a scegliere di uccidere e farsi uccidere.
Non riesco a festeggiare perché penso che, ancora una volta, siamo tutti un po’ sconfitti e che non abbia vinto nessuno.
Non riesco a festeggiare perché penso che non se ne abbia diritto quando viene uccisa una persona, ancorché colpevole.

L’impressione è che il sollievo che viene testimoniato sia per lo più motivato dal desiderio di chiudere in fretta questa storia, di voltare pagina e ritornare alla spensieratezza delle feste di Natale, con i suoi riti più o meno pacificanti.

Io ho tre pensieri che mi rimangono nella testa e che mi conservano il cuore pesante:
– penso che Cherif Chekatt abbia scelto questa via terribile e ingiustificabile per lanciare un grido di rabbia e di dolore di fonte alla nostra indifferenza per ciò che accade a tante vittime della violenza e della guerra; al taxista che ha dirottato durante il suo tentativo di fuga, ha detto che voleva vendicare i “fratelli” morti in Siria, in quella guerra che sembra senza soluzione o a cui nessuno vuole trovare una soluzione; questo grido di dolore e di rabbia, anche se è stato lanciato in modo violento e ingiustificabile (lo ripeto a scanso di equivoci), chiede di essere ascoltato.
– penso che Cherif Chekatt sia diventato il “killer di Strasburgo” perché la nostra società consumistica (che si auto-celebra massimamente in questi ultimi giorni dell’anno) tende a scartare le persone e non riesce a creare per loro alternative capaci di far assaporare la possibilità di vivere una vita umana; penso che quando diciamo “si è radicalizzato in carcere”, dobbiamo riconoscere la nostra responsabilità di aver contribuito a far sì che quel giovane, che viveva di espedienti, abbia trovato come unici maestri di vita uomini che gli hanno insegnato quella violenza cieca e disumana che lui ha agito contro persone innocenti ed inermi, e tutto questo in una struttura dello Stato che avrebbe dovuto ricuperarlo.
– penso che l’attentato di Strasburgo abbia, da oggi, una vittima in più; forse non è giusto mettere tutti sullo stesso piano, qualcuno – giustamente – si potrebbe sentire offeso, ma credo che anche Cherif Chekatt abbia diritto ad una nostra preghiera, perché Dio abbia misericordia di lui per quello che ha fatto, perché ascolti Lui il grido di dolore e di rabbia che noi non siamo stai capaci di ascoltare e perché, finalmente, gli doni un po’ di pace.

fonte: tecnodon.blog