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Chi ha paura dello straniero?

di Silvia Sanchini   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
gio 6 apr 2017 08:30 ~ ultimo agg. 20:24
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Da qualche tempo quando incontro gruppi di studenti, parrocchie o associazioni per parlare di immigrazione, comincio con qualche domanda. Quanti sono gli stranieri in Italia? Quanti a Rimini?

Le risposte, quasi sempre, sovradimensionano il fenomeno.

Una ricerca molto interessante dell’istituto britannico Ipsos Mori conferma quanto evidenziato dal mio piccolo campione statistico: nel 2015 gli italiani ritenevano che la percentuale di stranieri sul territorio italiano fosse vicina al 26 per cento. Gli stranieri residenti in Italia sono invece 5.026.153, pari all’8,3% della popolazione (dati al 1°gennaio 2016). Uno scarto di almeno 18 punti percentuali.

Ancora meno rilevante la percentuale dei rifugiati: l’Italia è agli ultimi posti in Europa per incidenza sulla popolazione totale (1,9 ogni mille abitanti). Il maggior numero di rifugiati non risiede in Europa ma in paesi extraeuropei (Turchia, Pakistan, Libano)1. A Rimini si conta appena 1 rifugiato ogni 2.500 abitanti2.

Un altro tema che si collega alla presenza della popolazione migrante nel nostro paese è quello della sicurezza.

La percezione diffusa è quella di città sempre meno sicure. Io stessa potrei raccontare di tanti episodi di furti, rapine o aggressione che hanno riguardato me, la mia famiglia o i miei vicini di casa negli ultimi mesi, per questo non voglio assolutamente sminuire il problema. Ma, anche in questo caso, il senso di vulnerabilità dei cittadini è spesso superiore al dato di realtà.

E l’immigrazione si collega a tutto questo? Le statistiche ufficiali ci mostrano che non esiste correlazione tra l’aumento degli sbarchi e la criminalità. E anche i dati sulla presenza degli stranieri nelle carceri vanno contestualizzati, perché se a una prima lettura potrebbe sembrare che l’immigrazione provochi un aumento di reati, in realtà bisogna tenere conto di molti altri elementi: chi usufruisce di misure alternative al carcere (più gli italiani, degli stranieri), la tipologia dei reati, i tempi di permanenza.

Le cifre ci dicono anche qualcosa in più: l’immigrazione è al momento l’unico antidoto all’invecchiamento massiccio della popolazione e al crollo demografico della nostra Europa. Non solo: si calcola che i contributi versati dagli immigrati paghino le pensioni ad almeno 600.000 italiani3.

È vero, i numeri non sono tutto e non ci restituiscono un’immagine completa del fenomeno. Ma non possiamo tenere conto di questo scarto, sempre più evidente, tra realtà e percezioni.

Sicuramente c’è una responsabilità dei media. Una narrazione collettiva del fenomeno migratorio non rispondente alla realtà, tossica. Un “mercato della paura”, scrive Ilvo Diamanti. Il tema della sicurezza è così utilizzato come propaganda politica, per creare consenso, senza preoccuparsi di dare voce ai problemi reali.

È sicuramente anche una questione di linguaggio. Se dovessi basare la mia fiducia nell’umanità dalla lettura di alcuni gettonatissimi gruppi Facebook cittadini, mi verrebbe voglia di esiliarmi in un igloo. Per fortuna la realtà è fatta di molte persone solidali e generose, il cui operato silenzioso è sicuramente più significativo delle urla dei “leoni da tastiera”. Forse solo meno visibile.

Ci sono poi senza dubbio responsabilità della politica e delle istituzioni, non sempre capaci di fornire risposte efficaci ai drammi della crisi economica e dell’occupazione creando disorientamento e sconforto, rendendo meno lucidi e oggettivi nei giudizi.

Tra i tanti impegni che dobbiamo assumerci vi è allora anche quello di dotarci di anticorpi informandoci adeguatamente per sfatare luoghi comuni e falsi miti, imparare a distinguere ciò che si dice da ciò che è, affrontando le questioni effettivamente là dove si pongono.

Serve una contro-narrazione, come alcuni giornalisti lungimiranti stanno da tempo tendando di fare (penso, ad esempio, a Luca Attanasio, Daniele Biella, Gabriele Del Grande solo per citarne alcuni o all’esperienza di Valigia Blu). È necessario sporcarsi le mani, entrare nei dibattiti (virtuali e reali), portando una testimonianza diversa e più rispondente al vero. Occorre ancora una volta un lavoro educativo e formativo.

Come ha scritto l’economista Leonardo Becchetti: “Lo straniero è molto più minaccioso quando è un’entità astratta che entra in casa nostra attraverso le ansie alimentate dalla televisione. Può diventare relazione quando è persona della porta accanto che entra nella nostra vita”4.

1 Fonti: Unhcr e Eurostat

2 Fonte: Caritas Rimini

3 Rapporto sull’economia Fondazione L. Moressa