La cultura della resa
Stretti tra buonismo e falsa tolleranza. Un buonismo sbagliato che, guardandosi allo specchio, genera la rinuncia alle proprie identità, la prevalenza dei soldi per forza sulle regole di convivenza e la rinuncia all’educazione dei giovani.
A Rimini una ragazzina prende l’autobus, il biglietto ce l’ha ma è scaduto. Non da dieci secondi ma da dieci minuti (c’è differenza). Arriva un controllore, le fa la multa e non solo – secondo i racconti dei genitori sbattuti sul giornale (ma non c’è di meglio da raccontare?) – le pianta una ramanzina da lasciarla umiliata davanti ai compagni di scuola.
E così si va avanti all’italiana: il genitore non ci sta”, gli arriva il conto, s’inalbera, s’indigna, ne fa una question di Stato, non-è-per-i-soldi-è-un-fatto-
Dallo scenario famigliare dato in pasto al pubblico, passiamo a un fatto sempre privato, privatissimo, di un pugno di turisti trasformato in un’altra question di Stato: ipotesi di reato una violazione della “promozione turistica”, frase logora che ormai significa ben poco.
Succede infatti che quattro tedeschi in viaggio verso il Sigep sull’11, naturalmente senza il biglietto, si beccano una multa: “vergogna, multare dei turisti”, gridano gli albergatori che s’inalberano e s’indignano. E via ancora all’italiana, anzi alla riminese: non si può, i tedeschi non verranno più, tragedia, una specie di mucillagine postuma. Le istituzioni vanno in tilt: l’Agenzia Mobilità si scusa con una lettera, ma se usassero il tempo per guardare i bilanci non sarebbe meglio? La Start, gestore dei tram, fa il contrario e mette la quarta, ha solo applicato le regole.
Finalmente una parola chiara, purtroppo ormai d’altri tempi: le regole.
Senza regole uguali per tutti e accettate, che società saremmo? Possibile che ci mettiamo a frignare per ogni multa o verbale? Pagare il biglietto costa poco più di un euro, mica ci vuole il mutuo.
Ecco perché parlo di buonismo sbagliato. Infatti si tramuta immediatamente in idiozia, in questo caso verso i controllori dei biglietti, come fossero le SS: Pasolini, che non è certo uno dei miei riferimenti, direbbe che sta con i controllori in divisa, che fanno il loro mestiere, anziché coi borghesi che ribaltano la frittata, incolpando la società, dopo essere stati loro a violare le regole minime.
Questa cultura della resa non ci porterà lontano, chi ha mai visitato le bellissime moschee ottomane in Turchia sa bene che le donne, per entrare, devono indossare il velo, chi è mai stato negli USA o in Germania sa bene che chi supera il limite di velocità si becca multe salatissime. Invece chi da noi è un ospite si sente in diritto di infrangere le regole basilari di convivenza e, peggio, siamo noi a fare un passo indietro fino a rinunciare anche alla nostra identità oltre all’educazione sana dei figli. Abbiamo ancora tempo per rinsavire.
A Coriano vogliono applicare una sentenza amministrativa per vietare le benedizioni pasquali a scuola, col pretesto che non bisogna far prevalere la tradizione cristiana fra i banchi, che in realtà è da secoli la tradizione di tutto un popolo, se no gli islamici si offendono. Un presunto buonismo, che però con il bene non ha niente da spartire. Davvero crediamo che senza farci il segno della croce diventiamo una società migliore? E’ così che pensiamo di migliorare la scuola, di renderla più democratica nascondendo le nostre tradizioni ed emarginando il cristianesimo? Da anni le scuole pubbliche fanno di tutto per mettere Gesù Cristo dietro la lavagna, in ginocchio sui ceci.
La scuola pubblica è migliorata? A me non sembra proprio.