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Provincia Rimini Social

Dossier Casetti: un carcere diviso tra estate e inverno

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Tempo di lettura lettura: 3 minuti
mer 6 mar 2013 15:08 ~ ultimo agg. 00:00
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E in effetti, di fronte al collasso del sistema penitenziario, più che l’onore del paese, viene in mente la dignità calpestata di decine di migliaia di persone.
Qual è la situazione nel carcere di Rimini?

In questo momento vi sono 22 mila detenuti in più rispetto ai posti letto regolamentari. In Italia si registra il tasso di affollamento carcerario più alto dell’Unione Europea. Il sistema è oltre il limite del collasso, con decine di detenuti stipati in celle di pochi metri quadri, costretti, a volte, a stare in piedi a turno per mancanza di spazi. Nessuna attività di laboratorio. Ad oggi la pena è tutto tranne che rieducativa.

All’interno di questo panorama desolante, come si pone il carcere di Rimini? In questa prima puntata del dossier dedicato alla situazione penitenziaria riminese, abbiamo fatto il punto con Elia de Caro dell’Associazione Antigone “per i diritti e le garanzie nel sistema penale” che mantiene un Osservatorio sulle condizioni di detenzione nelle carceri italiane con controlli periodici alle singole case circondariali.

La casa circondariale di Rimini “Casetti”, è stata costruita negli anni ‘70 nelle prime colline di Rimini, in via Santa Cristina. Dispone di 177 posti e di due reparti a custodia attenuata. Il primo Andromeda, si trova in una struttura distaccata dal corpo principale. Ed è composto da 3 stanze per 4 persone con cucina e spazio comune. Il reparto Cassiopea, invece, fa parte della struttura principale ed è composto da 3 celle per 3 detenuti ciascuna.
Nella struttura principale ci sono alcune celle larghe – rispetto agli standard nazionali – di 12-15 metri quadrati, alcune anche 18.

In generale qual è il giudizio sul carcere riminese?
“La casa circondariale di Rimini – ci risponde Elia de Caro – è un istituto particolare che vive profonde differenze tra il periodo invernale e quello estivo. Le condizioni in inverno sono buone e migliori degli altri istituti della Regione. L’estate, invece, la struttura soffre di gravi problemi di sovraffollamento, alta percentuale di tossicodipendenti e altissimo tasso di turnover. Il numero dei detenuti aumenta vertiginosamente a partire dall’inizio della stagione estiva, soprattutto per reati di spaccio e prostituzione. Alcuni hanno anche problemi di abiti e vestiario, perché vengono arrestati d’estate e non hanno una completa vestizione.
Nelle stesse celle di 12-18 metri quadrati, ad esempio, in inverno possono esserci fino a 7 persone, numero alto ma ancora sostenibile, ma in estate possono superare le 10 con grandi problemi di convivenza e gestione”.

Il problema dell’aumento cronico di carcerati per metà dell’anno ha anche altre ricadute.
“In questi ultimi anni – continua Elia de Caro – a causa della diminuzione dei fondi si è riscontrata una continua diminuzione delle attività laboratoriali. Inoltre le attività sono rivolte ai condannati in via definitiva, quindi molti detenuti, soprattutto in estate, non fanno attività. Un altro elemento tipico del carcere riminese, infatti, è la bassa presenza di definitivi rispetto ai giudicati. A fine del 2010 – ultimo dato censito – su quasi 250 detenuti, solo 60 erano definitivi e 180 no, ed è probabile che ad oggi le proporzioni non siano cambiate”.

La maggior parte dei detenuti è in carcere per reati connessi alla tossicodipendenza e alla prostituzione. Il 50% dei detenuti è di origine straniera. Nel carcere è presente un reparto per omo e transessuali, ma non c’è lavoro extramurario.

“La mancanza di lavoro extramurario è un gap, una mancanza, ed è collegata alla scarsità dei fondi – continua de Caro – ma funziona molto bene la custodia attenuata nelle due strutture Andromeda e Cassiopea. Questa è il vero fiore all’occhiello della struttura. L’iter prevede il passaggio dal sistema ordinario a Cassiopea – il reparto interno, legato al corpo principale del carcere – e da qui ad Andromeda, che invece si trova in un edificio separato.
L’unica critica che noi come associazione abbiamo sollevato è che per realizzarli sono stati utilizzati i fondi sulla legge sugli stupefacenti – da utilizzare in teoria in attività preventive – e non del dipartimento amministrativo penitenziale, ma nonostante questo è stato fatto un ottimo lavoro. Da sottolineare la tenacia della direttrice nel mantenere questo reparto”.

Il problema dei fondi è sicuramente il primo e principale, ed è l’elemento che costringe e guida la maggior parte delle scelte del carcere, dato che, volenti o nolenti, in condizioni del genere viene privilegiata la spesa legata alla sicurezza e al mantenimento amministrativo.
Sulla scia di questa penuria sono diminuti anche i corsi scolastici, ma è ancora attiva la collaborazione con l’Enaip per i corsi professionali di ceramica, giornalismo e altri, e col Liceo, il laboratorio di falegnameria e, nonostante una forte contrazione di tutti i corsi, è ancora attiva la collaborazione con l’università di San Marino.

“Quest’anno – conclude Elia de Caro – torneremo a visitare il carcere di Rimini. Nel frattempo riteniamo che non sia più rimandabile la riforma del sistema e gli interventi chiesti a gran voce dalla Corte di Giustizia Internazionale secondo cui uno spazio inferiore ai 3 metri quadri per persona è inumano ed è contrario al principio di riabilitazione. E’ una ferita che il nostro paese può e deve risanare al più presto”.

Stefano Rossini
foto di Riccardo Gallini